La Chicchetta ritorna il 7 Gennaio 2009.
Angelo Stelitano
E’ triste, per un ministro e uno studioso che vuole essere sempre il primo della classe copiare costantemente i compiti: sulle pensioni Brunetta copia e incolla dalla Corte europea, sul Welfare copia e incolla dal Partito radicale.
Brunetto scherzetto? E allora vi farò vedere io: sulle pensioni andrò fino in fondo. Il ministro Brunetta ci è rimasto male per la battuta del suo amico Calderoli, che avendo saputo dell’idea di innalzare l’età pensionabile delle donne a 65 anni aveva pensato a uno scherzo infantile modello Halloween. E allora, non potendosela prendere più di tanto con l’alleato e “geniale” Calderoli, Brunetta ha spostato l’obiettivo dei suoi strali sulla sinistra e sul sindacato. Pardòn, sulla Cgil, il sindacato-parafulmine unico (come il maestro). Per Brunetta la sinistra e la Cgil sono doppi e strumentali e perfino ignoranti. Anche il segretario generale della Cgil, Epifani sarebbe solo “un ignorante, uno che non si informa, che non legge neppure i dossier”. In più, la Cgil e la sinistra sarebbero nemiche delle donne, “angeli del focolare”Tanta rabbia è motivata dal fatto che l’idea di alzare l’età pensionabile non sarebbe una trovata originale dello stesso Brunetta, ma un conseguenza della sentenza della Corte europea. Il trucco da prestigiatore del ministro della pubblica efficienza sta nella costruzione di un programma politico fantastico (nel senso di fantasioso) che porterebbe alla creazione di oltre 2 milioni di posti di lavoro se solo si spostasse l’asse del Welfare italiano dalle pensioni al lavoro, come propongono i radicali da anni. Gran polverone, si mischiano mele e pere.
E’ triste, per un ministro e uno studioso che vuole essere sempre il primo della classe copiare costantemente i compiti: sulle pensioni Brunetta copia e incolla dalla Corte europea, sul Welfare copia e incolla dal Partito radicale. Come primo della classe, e come fustigatore non c’è male.
Fonte: CGIL
Come nei documentari del National Geographic sugli squali: sentono l'odore del sangue e si aggirano a caccia della preda digrignando i denti. Il balletto che si è attivato intorno al Pd e a Walter Veltroni dopo Napoli, la Toscana e l'Abruzzo ha qualcosa di osceno. Perché non si assiste a una doverosa indignazione verso la politica contaminata dal malaffare, se non addirittura protagonista dell'illecito, ma al cinico sussiego dei professionisti della politica indagata che dicono: visto? Altro che superiorità etica. Berlusconi addirittura in Abruzzo, a fianco al suo candidato alle regionali Gianni Chiodi (indagato per una discarica chiamate la Torre, nessuna ironia) ha esclamato: nel Pd c'è una questione morale. Insomma altro che Berlinguer, altro che le monetine a Craxi, altro che Mani Pulite. E il Pd, travolto dalle inchieste che in 4 regioni stanno facendo emergere il suo lato peggiore, anziché reagire espellendo o quantomeno sospendendo gli amministratori indagati, ributta la palla nel campo avversario con la peggiore delle risposte possibili: senti chi parla. Nell'Illinois il governatore finisce in manette per aver tentato di vendere il seggio di Obama. Il democratico Rod Blagojevich è stato arrestato con l'accusa di corruzione e frode dopo che gli inquirenti hanno registrato le sue telefonate. In manette anche il suo capo di gabinetto. Arrestati per corruzione e frode, non pedofilia. Eppure nessuno lì sta gridando allo scandalo, all'abuso illegittimo di conversazioni di un politico, al ricorso disinvolto delle manette (ovviamente citando il caso Tortora). Che la questione morale sia tornata al centro della politica non è affatto un male. Nel Pd assistiamo invece al consueto balletto tra dalemiani contro, veltroniani pro, margheriti forse. Dove tutto viene ridotto in briciole per rendere innocuo un problema, secondo la vecchia tecnica andreottiana. Il Pd, che i sondaggi indicano al 28%, ha di che essere preoccupato. E non per le elezioni, che sono lontane. Un intellettuale come Paul Ginsborg dice che la riduzione del partito a staff del leader (con meno iscritti, meno struttura, meno consenso) lo espone al nepotismo e al clientelismo. Se il centrosinistra non cambia direzione, ha ammonito lo storico, può fare la fine dei socialisti craxiani anni '90. Ma Ginsborg è solo un girotondino, non un arguto politico che viene da lontano.
200 euro per redditi sotto i 15 mila euro;
300 euro per le famiglie con due componenti e reddito sotto i 17 mila euro;
450 euro per famiglie con tre componenti e reddito che non supera i 17 mila euro;
500 euro per famiglie di quattro componenti e reddito fino a 20 mila euro;
600 euro per nuclei di cinque componenti con reddito sotto i 20 mila;
1000 euro per famiglie con oltre cinque componenti e reddito sotto i 20 mila euro.
Stessa cifra per nuclei con componenti portatori di handicap e reddito fino a 35 mila euro.
Il denaro arriverà entro il mese di marzo.
Per l’erogazione è stato istituito un Fondo con una dotazione pari a 2 miliardi e 450 milioni di euro, ovvero un altro centro di potere. L’effetto sull’economia nazionale sarà pari a zero. Si è infatti calcolato che i benefici per le famiglie più povere equivarranno a un litro di latte al giorno o a un pacco di pasta. Peggio di quello che faceva la vecchia Democrazia Cristiana. ”Di fronte a una crisi così grave, drammatica, gli interventi sono a tempo, casuali”, ha dichiarato subito il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, commentando il pacchetto anticrisi e confermando lo sciopero generale di venerdì 12 dicembre. E non è finita qui. C’è in ballo infatti, oltre al decreto anticrisi, anche la finanziaria vera e propria, la seconda, visto che Tremonti ne aveva varata una prima dell’estate.
Fonte: CGIL
Alle prese con la peggiore crisi economica dell'ultimo secolo, Silvio Berlusconi ha deciso di tornare alle origini e di rivestire i panni del "piazzista di Arcore", come lo chiamava Indro Montanelli. Comprate, spendete, consumate! Questa, infatti, è la semplicistica ricetta che il Cavaliere insiste a predicare da tempo nell'ottusa convinzione che i suoi consigli per gli acquisti possano essere la pozione miracolosa per evitare lo scivolamento del Paese da una congiuntura recessiva a una fase di dolorosa depressione. Se egli oggi si occupasse soltanto di guidare l'impero televisivo di Mediaset, simili sortite sarebbero tutto sommato innocue e potrebbero essere giustificate in nome della deformazione professionale, oltre che del lampante interesse aziendale a sostenere il fatturato pubblicitario della propria impresa. Ma il fatto è che chi lancia simili messaggi al Paese riveste ora la carica di presidente del Consiglio dei ministri. Esercita, cioè, quel potere politico dal quale dipendono le decisioni principali di contrasto a una tempesta economica, di cui si avvertono al momento le prime avvisaglie mentre il peggio - per unanime opinione internazionale - arriverà nel corso del 2009. Affermare, come fa Berlusconi, che "solo i cittadini (...) con lo stile dei loro consumi possono determinare la profondità della crisi" significa intanto ignorare il senso e la portata di quanto sta accadendo, ma soprattutto denunciare insensibilità e indifferenza per lo stato di difficoltà in cui versano milioni di bilanci familiari dal Nord al Sud del Paese.
Spendere di più? Ma con quali soldi, per favore? Quelli della cosiddetta "social card" forse?
Per carità, va benissimo che a chi si trova con l'acqua alla gola arrivi qualche decina di euro in più al mese, ma non ci si venga a raccontare che con l'obolo per costoro si possono rilanciare sul serio i consumi e l'economia.
Se davvero il presidente del Consiglio è convinto di quel che dice, allora spetta a lui trovare i soldi che possano rimettere in moto la salvifica ripresa dei consumi. E qui scatta una legge ineludibile, di fisica prima ancora che di economia: il denaro va preso dove sta e spostato dove manca. Poiché il bilancio pubblico ha i guai che si sanno, il problema si può risolvere soltanto attraverso una redistribuzione dei pesi all'interno della società. Insomma, occorre che il piissimo e neosturziano Giulio Tremonti - una volta riscoperti Dio, Patria e Famiglia - la smetta di fare il Robin Hood per finta e indossi sul serio i panni di chi toglie ai ricchi per dare ai poveri. Altro che estendere anche ai più abbienti l'esenzione dall'Ici o detassare straordinari inesistenti o distribuire elemosine natalizie. Occorre, piuttosto, abbandonare le promesse di Bengodi tributario diffuse a mani piene e cervello vuoto: smettendola di strizzare l'occhio agli evasori e rivedendo la curva del prelievo sui redditi, alzandola per i maggiori e abbassandola per i minori.
Forse credendo di stare ancora a Mediaset, Silvio Berlusconi stavolta ha sbagliato indirizzo: da Palazzo Chigi l'invito a far ripartire i consumi non lo deve rivolgere ai cittadini ma a se stesso.
Fonte: L'espresso
Il ministro Brunetta passerà pure per «mitico» grazie alla lotta ai cosiddetti fannulloni, ma per compiacere il proprio staff e quello del presidente del consiglio Berlusconi non guarda in faccia a nessun criterio di merito: è appena stato firmato un accordo sindacale che aumenta stabilmente di ben 600 euro medi al mese lo stipendio dei 3 mila dipendenti della presidenza del consiglio (tra i quali sono inclusi anche quelli del ministero della Funzione pubblica, quello guidato dallo stesso Brunetta, che in realtà è un semplice dipartimento dell'ufficio del premier). E a fronte della generosissima erogazione - tantopiù in tempi di crisi, e di licenziamenti di centinaia di migliaia di precari - cosa chiede l'uomo simbolo della produttività? Un enorme aumento di efficienza, ben due ore di lavoro in più a settimana: arrivare a 38 ore rispetto alle precedenti 36. I 600 euro esistevano già, ma non erano per tutti: rappresentavano la «indennità di specificità organizzativa», un'erogazione accessoria per particolari funzioni, e sono la media tra un minimo di 350 e un massimo di 900 euro. Il ministro Brunetta adesso quel salario accessorio lo ha «stabilizzato», facendolo passare dall'integrativo al contratto nazionale (speciale per la presidenza del consiglio). E lo ha generalizzato a tutti i 3 mila dipendenti, con l'unica condizione che accettino di fare 2 ore in più a settimana. Nella direttiva che con solerzia ha inviato all'Aran per perfezionare la contrattazione, spiega che c'è anche la possibilità di rimanere a 36 ore: ma francamente sarà difficile trovare qualcuno che non si «sforzi» di farne 38. Insomma, c'è chi a fronte di otto ore in più al mese, arriverà a prendere anche 900 euro aggiuntivi (pari allo stipendio di un precario); ma anche se ricevesse soltanto il minimo di 350 euro non gli andrebbe proprio male. Il principale firmatario del contratto è la Snaprecom (sindacato autonomo della presidenza del consiglio), mentre la Cgil non è rappresentata al tavolo contrattuale, e dunque non ha partecipato a definire il profilo della nuova «casta» di filiazione brunettiana.
…L’altra novità (si fa per dire) è il bonus per le famiglie con figli e per i pensionati. C’è anche il blocco delle tariffe, misura non solo necessaria, ma perfino scontata, visti gli andamenti del prezzo del petrolio. Poi vaghe promesse sui mutui, tema più delicato perché tutti sanno che non si risolve con la beneficenza, ma con una trattativa con le banche che, nonostante i tonfi dei più grandi colossi d’affari del mondo, sono sempre un osso duro. In ogni caso si tratta di promesse, impegni di “pagheremo”. Nessuna cifra precisa. Nessuna linea di politica economica, né tantomeno idee di politica industriale innovativa. E soprattutto nessuna retromarcia su una finanziaria depressiva che pensa solo a tagliare. E’ questo il topolino che il governo Berlusconi ha cacciato fuori dal suo cilindro mediatico la sera di lunedì 24 novembre a Palazzo Chigi. Per rilanciare i consumi e contrastare una crisi che è stata paragonata a quella del 1929, alla vigilia del “licenziamento” di almeno mezzo milione di precari, il governo Berlusconi non ha saputo fare altro che dare spazio alle idee di un ministro dell’economia che continua ad apparire debole con i forti e compassionevole con i deboli. Eppure anche Tremonti dovrebbe sapere che con l’elemosina non si rilancia un sistema economico. Soprattutto in tempi di crisi. Ma è ovvio che non si tratta di incoscienza politica. Lo sanno bene i rappresentanti del governo di centrodestra e lo hanno perfino dichiarato. "Abbiamo assicurato continuità delle linee di credito alle imprese. Ora ci occuperemo dei consumi", ha detto aprendo il vertice di lunedì il premier Berlusconi. E’ la solita storia: gli aiuti veri si danno solo ai forti (alle banche e alle imprese) sperando che il mercato faccia poi la sua parte. Al contrario occuparsi seriamente dell’andamento dei consumi avrebbe voluto dire occuparsi dei lavoratori, delle loro condizioni. Quindi avrebbe voluto dire occuparsi delle tredicesime e del fiscal drag, come hanno chiesto i sindacati e in particolare la Cgil, che bontà loro, questa volta è stata invitata al tavolo del governo. Si è ancora una volta preferita la strada degli sconti fiscali e degli interventi una tantum. Per quanto gli interventi concreti, infatti, non c’è davvero quasi nulla nel pacchetto governativo. Ci prepariamo alla bufera con l’ombrellino.I problemi sono altri. Ed è sufficiente un breve elenco. Proprio in questi giorni sono in “scadenza” circa 500 mila contratti a tempo. Tra il 2004 e il 2007 la quota dei dipendenti con contratti a termine sul totale dei dipendenti è aumentata del 20%. Si calcola che in questo momento nel mercato del lavoro italiano sono presenti quasi 2 milioni e mezzo di lavoratori “a termine” ai quali si devono aggiungere circa 700 mila apprendisti. Ci sono almeno 3000 contratti in bilico nel solo gruppo Fiat. Duecento contratti stanno saltando alla Brembo, una delle aziende di punta della nostra metalmeccanica. Tutti i distretti industriali lanciano segnali di crisi, la spia è rossa. Aumentano le ore di cassa integrazione. A tutto questo il governo italiano risponde con una promessa di aumentare la dotazione per gli ammortizzatori sociali (fino a un miliardo di euro, dai 600 mila iniziali) attingendo al Fondo sociale europeo. C’è chi racconta di famiglie che non si possono più permettere di pagare la badante per il parente non autosufficiente. L’unica misura seria ce la pagherà l’Europa. Sempre che arrivi. Per ora siamo solo agli annunci mediatici.
Fonte: CGIL
Anche dietro la norma «anti-fannulloni» del ministro Brunetta spuntano immancabili le solite consulenze pagate a carico della collettività. La delega al governo finalizzata all'ottimizzazione delle produttività del lavoro pubblico è stata approvata dalla commissione del Senato. Curiosità: si tratta del primo provvedimento bipartisan di una legislatura in cui litiga su tutto. Ma dalla commissione il provvedimento, che in origine prevedeva espressamente che i commissari dell'authority anti-fannulloni prestassero la loro opera «a titolo gratuito», è uscito con costi che, secondo una nota tecnica preparata a via XX Settembre, assommerebbero a ben quattro milioni di euro.
Il trucchetto?
Basta leggere il disegno di legge (numero 847), che il ministro Brunetta ha riassunto in quattro parole d'ordine: più trasparenza, standard, premi e punizioni per chi non fa il proprio lavoro. A leggere il testo arrivato in commissione (articolo 3 punto d), il ddl prevedeva «l'istituzione presso il Dipartimento di funzione pubblica, eventualmente in raccordo con altri enti o soggetti pubblici, di un organismo centrale (...) con il compito di validare i sistemi di valutazione adottati dalla singole amministrazioni centrali, indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio delle funzioni di valutazione, nonché di informare annualmente il ministro per l'Attuazione del programma sull'attività svolta". La centrale di controllo anti-fannulloni era praticamente a costo zero. Tanto che si leggeva poche righe più sotto «i componenti del predetto organismo, scelti tra persone di elevata professionalità, anche estranee all'amministrazione, prestano la loro collaborazione a titolo gratuito». Fin qui una pagina di bella politica: una norma anti-fannulloni che si fonda su un organismo di controllo che non costa nulla. Il problema è che, nell'accordo trovato in commissione Affari costituzionali del Senato, il punto d dell'articolo 3 è stato inghiottito dal nulla. E la famosa «collaborazione a titolo gratuito» dei componenti dell'organismo anti-fannulloni è svanita. Il nuovo testo approvato dalla commissione è che la centrale anti-fannulloni non è più gratis. I componenti, «di numero non superiore a cinque», sono pagati. Eccome. La relazione tecnica «sugli oneri finanziari derivanti dall'emendamento per come riformulato» - preparata a via XX settembre prevede che il costo complessivo dell'operazione può arrivare a 4 milioni euro. 8 miliardi del vecchio conio.
Ce n'è per tutti.
1milione e 500mila euro (onere massimo previsto) «per compensi, comprensivi degli oneri riflessi, spettanti ai componenti dell'Agenzia, da fissare con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione di concerto col Ministero dell' economia»;
500mila euro «per l'affidamento di consulenze e incarichi di collaborazione»;
700mila euro «per la stipula di convenzioni con enti e università»;
500mila euro «per il funzionamento e spese connesse alla segreteria tecnica»;
400mila euro «per l'acquisto e la manutenzione di beni strumentali e per gli oneri di funzionamento della struttura»;
400mila euro «per le spese concernenti all'affitto della sede ed eventuali oneri connessi»;
Totale: 4 milioni di euro.
«La collaborazione a titolo gratuito» dei componenti dell'organismo anti-fannulloni (a proposito: chi saranno i predestinati?) avrebbe portato un discreto risparmio alle casse pubbliche e sarebbe stata in linea con il taglio delle consulenze pubbliche, una delle battaglie su cui Brunetta più si è speso dall'inizio della legislatura.
il Riformista di mercoledì 19 novembre 2008, pagina 7
Un ringraziamento particolare per questo articolo a NOEMI POLITI.
"Basta con questa tv che mi dileggia solo. Anche lì c'è la mano dell'opposizione. La verità è che la sinistra vuole quattro anni e mezzo di campagna elettorale. Polemizzano solo, soffiano sulla protesta. Lo stanno facendo pure con l'Alitalia. Mi insultano infischiandosene degli interessi del Paese". Silvio Berlusconi si sfoga. Punta l'indice contro il centrosinistra. Reo di provocare un clima di ostilità nei suoi confronti . Ma se la prende soprattutto con i giornali e le televisioni. Che, a suo giudizio, si esercitano in un "continuo e insopportabile dileggio". Su tutti i canali, in prima serata, ogni giorno.
Cribbio....Cribbio e ancora Cribbio.
Iniziò Mussolini a introdurre 1,90 lire al litro sulla benzina per finanziare la guerra di conquista dell’Abissinia nel 1935. Nel 1956 per compensare la crisi economica derivante dalla chiusura del canale di Suez. E poi il disastro del Vajont (1963), l’alluvione di Firenze (1966), il terremoto del Belice nel ’68, quello del Friuli nel ’76 e quello dell’Irpinia nell’80; ma anche le missioni militari in Libano (1983) e in Bosnia (1996); per finire - si fa per dire, perché il tema è sempre aperto - con il rinnovo del contratto degli autisti di tram e autobus del 2004. Prese singolarmente si tratta di cifre minime, nell’ordine del millesimo di euro o di 10 centesimi, eppure messe in fila una dopo l’altra, queste dieci una tantum sono diventate col passare degli anni una massa che determina un gravame complessivo di quasi 25 centesimi, un quarto di euro, che ancora oggi pesano sul prezzo finale di ogni litro di benzina.
Non basta però: c’è anche la «tassa sulla tassa». Vale a dire che su questi 25 centesimi di euro, sommati alla vera e propria imposta di fabbricazione (definita per decreti ministeriali), viene aggiunta pure l’Iva del 20%. In soldoni: ogni centesimo di aumento sul carburante comporta un maggiore introito di circa 20 milioni di euro al mese per le casse dello Stato.
E’ facile prevederlo quando l’anfitrione non è, come nel film famoso, Spencer Tracy, bensì l’attuale presidente del Consiglio. E così a restare fuori dall’incontro tra governo e sindacati è stato Guglielmo Epifani, il leader del sindacato maggiormente rappresentativo. E con lui Renata Polverini che pur essendo di destra ama mostrarsi poco docile. E’ un già visto. L’altra volta finì in un patto scritto sulla sabbia. L’ambizione è sempre quella: spaccare i sindacati. Eppure l’incontro era stato chiesto da tutti e tre: Cgil Cisl e Uil. Non per qualche mancia. Per interventi urgenti su salari, pensioni, precari, tariffe, prezzi. Stupisce – salvo smentite – la discreta compiacenza di Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Hanno accelerato la rottura sindacale. Devono aver detto: C’è la recessione? L’Italia sta per affrontare una crisi dura? Vediamoci tra noi. Lasciamo fuori la Cgil. Spingiamola a proclamare lo sciopero generale. Facciamo il sindacato di centrodestra e il sindacato di centrosinistra. Un sondaggio di Renato Mannheimer spiegava nei giorni scorsi di come il sindacato stia perdendo autorità e prestigio. Queste cene per pochi eletti rischiano di far lievitare le percentuali negative. C’è attorno un disagio profondo. L’Alitalia è uno specchio ma si moltiplicano i casi di crisi aziendali. Con un governo capace solo di rigurgiti autoritari poco produttivi, una dissennata frammentazione sindacale che solo una legge sulla rappresentanza potrebbe dissipare. Sarebbe necessario aiutare non la divisione sindacale ma il suo contrario. Non è una cosa da nostalgici. L’alternativa al sindacato unito, non è la sana competizione, come dice qualche amico.
E’ la giungla, il caos. Occorre reagire. Lo sciopero generale della Cgil può essere un segnale, una scossa. Per tutti.