A U G U R I

venerdì 19 dicembre 2008



Buon Natale e Felice Anno Nuovo


La Chicchetta ritorna il 7 Gennaio 2009.

Angelo Stelitano

La Chicchetta - 59



Non servono 65 ore per superare la crisi

L’europarlamento ha respinto la proposta di portare la settimana lavorativa nell’Ue fino a 65 ore. Tale proposta, sostenuta fra gli altri dal ministro Sacconi, è stata contrastata non solo dai parlamentari della sinistra, ma anche da diversi parlamentari della destra. Nei giorni scorsi, davanti al palazzo di Strasburgo, si erano svolte alcune iniziative sindacali contro l’allungamento dell’orario di lavoro. Occorre far presente un dato di fatto essenziale, che va descritto per quello che è senza abbellirlo o facendo spallucce: la condizione di chi presta lavoro dipendente negli ultimi anni. Tale condizione è precipitata. Come redditi, qualità del lavoro, collocazione sociale. Oggi tecnici, impiegati, operai, e di conseguenza le loro famiglie, vivono molto, molto peggio rispetto agli anni scorsi, e sovente si trovano in situazioni drammatiche. Con loro, una parte di quelli che chiamavamo “ceti medi”. Questo riguarda tutto il mondo del lavoro, in particolare i precari, con picchi di vera disperazione sociale per gli over 50 espulsi dal mercato del lavoro in questo drammatico periodo. L’Italia concluderà il 2008 con una diminuzione del Pil dello 0.5%. Le prospettive del 2009 sono, se va bene, di una diminuzione della crescita dell’1.3%. Il modo di vivere peggiorerà. Dopo lo sciopero generale promosso dalla sola Cgil, e in conseguenza di un incontro con Bersani, il ministro Tremonti sembra propenso ad utilizzare una parte dei fondi Ue, ancora molto limitata, per gli ammortizzatori sociali. Impressiona leggere sui giornali che 90mila auto nuove e invendute bloccano il porto di Bremerhaven. Le vendite di auto nell’Ue sono diminuite a novembre del 25.8%. La Fiat prolunga la cassa integrazione. Questo terribile scenario prova il fallimento del micidiale mix di finanza senza produzione e produzione per la produzione, cioè fine a se stessa e misurabile solo dal punto quantitativo. L’europarlamento ha perciò fatto benissimo a stroncare il tentativo delle lobby imprenditoriali di aumentare l’orario di lavoro.
Si dice che per uscire dalla crisi occorre un grande sforzo collettivo. È vero. Occorre specificare la direzione, e cioè il progetto produttivo innovativo (attualmente invisibile), e la rappresentanza politica, e cioè chi porta ai tavoli gli interessi concreti di quei lavoratori. Ci vuole meno carità pelosa e più diritti.

Angelo Stelitano

La Chicchetta - 58

giovedì 18 dicembre 2008

La rivolta Greca

L'altra sera, dopo aver cercato inutilmente in internet per un'ora abbondante qualche informazione che potesse aiutarmi a capire meglio cosa stesse succedendo in Grecia, ho chiuso sconsolato il mio pc e me ne sono andato a dormire. I siti dell'informazione ufficiale non facevano che ripetere la stessa identica notizia: i ribelli (non si capiva bene chi erano, forse solo studenti, forse anche professori) continuano a protestare dopo che un ragazzo 15enne è stato ucciso da una pallottola sparata da un poliziotto greco. Le strade di Atene, Salonicco e Tessalonica sono in fiamme, le vetrine dei negozi rotte, i commissariati di polizia presi d'assedio, le città in pratica sono messe sotto scacco dai rivoltosi.Ma chi sono veramente questi rivoltosi? Sono veramente tutti di estrema sinistra come dicono i TG italiani? E soprattutto, perchè sta succedendo quel che sta succedendo? I grandi mezzi di comunicazione di massa non rispondono a queste domane. Sembra che tutto ciò non sia una notizia importante, solamente delle domande che si pongono dei paranoici che non vogliono capire che i rivoltosi sono soltanto dei pericolosi estremisti e che le parole del premier greco che inneggia alla tolleranza-zero verso la loro violenza sono sacrosante. Se volevo trovare delle informazioni che potessero rispondere alle mie domande non mi rimaneva che addentrarmi nella selva dei blog. Ed è proprio così che alla fine ho trovato un misero articoletto che, nonostante sia molto breve, è ricco di contenuti inediti nelle testate ufficiali. Lo riporto integralmente, sperando di fare cosa gradita.

Credete alle balle televisive su quello che stà accadendo in Grecia?

E' la prima rivolta "ufficiale" della crisi, quella scoppiata negli ultimi giorni in Grecia. I giornali riportano praticamente un'unica notizia: la polizia ha ucciso a sangue freddo un ragazzino, Alexandros Grigoropoulos, e gli studenti, furibondi, stanno mettendo a ferro e fuoco il Paese. Ma se si va a ravanare in fondo agli articoli si trova anche altro, come questi due brevi paragrafi di Repubblica: Le banche greche che hanno investito senza grandi ritorni ingenti capitali nelle "paludi" balcaniche, hanno da un giorno all'altro stretto i cordoni della borsa. E un Paese che si credeva ricco e viveva al di sopra dei propri mezzi ha improvvisamente dovuto fare i conti con la realtà. Gli scandali hanno fatto il resto. Corruzione, mazzette. Ogni giorno se ne scopre uno. Senza contare che proprio in queste ore è in discussione in Parlamento una legge finanziaria che promette solo lacrime e sangue. E infine la ventilata riforma universitaria. Meno fondi all'istruzione pubblica per favorire la nascita di atenei privati. Nulla di nuovo sotto il sole. E nessuno racconta, ad esempio, che le rivolte sono cominciate durante uno sciopero indetto dalle infermiere per protestare contro i tagli del governo, e che gli studenti di medicina hanno preso in ostaggio il Ministro della Sanità per un'ora per costringerlo ad ascoltarli. Non si dice che era già indetto uno sciopero generale, che gli studenti in piazza sono accompagnati dai professori, che tutte le università sono occupate da giorni, e che persino i pensionati sono scesi a protestare.

Angelo Stelitano

La Chicchetta - 57

mercoledì 17 dicembre 2008



Pensioni, Brunetta copia-incolla dagli altri


E’ triste, per un ministro e uno studioso che vuole essere sempre il primo della classe copiare costantemente i compiti: sulle pensioni Brunetta copia e incolla dalla Corte europea, sul Welfare copia e incolla dal Partito radicale.


Brunetto scherzetto? E allora vi farò vedere io: sulle pensioni andrò fino in fondo. Il ministro Brunetta ci è rimasto male per la battuta del suo amico Calderoli, che avendo saputo dell’idea di innalzare l’età pensionabile delle donne a 65 anni aveva pensato a uno scherzo infantile modello Halloween. E allora, non potendosela prendere più di tanto con l’alleato e “geniale” Calderoli, Brunetta ha spostato l’obiettivo dei suoi strali sulla sinistra e sul sindacato. Pardòn, sulla Cgil, il sindacato-parafulmine unico (come il maestro). Per Brunetta la sinistra e la Cgil sono doppi e strumentali e perfino ignoranti. Anche il segretario generale della Cgil, Epifani sarebbe solo “un ignorante, uno che non si informa, che non legge neppure i dossier”. In più, la Cgil e la sinistra sarebbero nemiche delle donne, “angeli del focolare”Tanta rabbia è motivata dal fatto che l’idea di alzare l’età pensionabile non sarebbe una trovata originale dello stesso Brunetta, ma un conseguenza della sentenza della Corte europea. Il trucco da prestigiatore del ministro della pubblica efficienza sta nella costruzione di un programma politico fantastico (nel senso di fantasioso) che porterebbe alla creazione di oltre 2 milioni di posti di lavoro se solo si spostasse l’asse del Welfare italiano dalle pensioni al lavoro, come propongono i radicali da anni. Gran polverone, si mischiano mele e pere.

E’ triste, per un ministro e uno studioso che vuole essere sempre il primo della classe copiare costantemente i compiti: sulle pensioni Brunetta copia e incolla dalla Corte europea, sul Welfare copia e incolla dal Partito radicale. Come primo della classe, e come fustigatore non c’è male.



Fonte: CGIL

La Chicchetta - 56

martedì 16 dicembre 2008


Aveva cominciato il prof. Pietro Ichino, ora senatore del Partito Democratico.
Poi, una volta insediatosi al Governo, il ministro della funzione pubblica Renato Brunetta ha continuato l’opera, guidato da una cattiveria gratuita e da un livore vendicativo come solo i socialisti craxiani sanno avere.
Brunetta da una parte e Sacconi al Lavoro dall’altra si sono dedicati a smontare il meccano.

Alle spalle degli interventi iconoclasti dei due c’è la regia generale di Tremonti che con la manovra economica d’estate (decreto legge 112 ora legge 133) ha tagliato miliardi di euro alla sanità, agli enti locali, allo stato sociale.
Questa pesantissima manovra di tagli, che è la vera essenza della manovra d’estate, è stata accompagnata e per certi versi mascherata dalla stretta contro i dipendenti pubblici fannulloni. Non a caso per almeno due lunghi mesi estivi la reazione ai provvedimenti di giugno è stata lasciata ai lavoratori ed ai sindacati pubblici, come se fosse una rivolta corporativa a difesa di privilegi. Solo dopo ed in ritardo tanti hanno cominciato a capire la vera posta in gioco: la riduzione drastica dello stato sociale a partire da sanità, università e scuola, tagli del precariato attraverso l’abolizione dei precari, riduzione generalizzata della spesa nei servizi pubblici in nome della moralizzazione. Così sono stati attaccati i diritti dei lavoratori, è stata penalizzata la malattia dei pubblici dipendenti, si sono colpiti i genitori dei bambini portatori di handicap e, per la prima volta nella storia, si sono ridotti i salari reali dei dipendenti dello stato e degli enti pubblici non economici, prevedendo un risparmio forzoso per l’anno 2009 che varia dai 100 ai 500 euro mensili pro capite a partire da gennaio 2009. Quest’ultimo è un tasto così scabroso che in effetti ha costretto il ministro (e CISL e UIL che hanno firmato il protocollo ed il contratto dei ministeri) a prometter in quei testi che i soldi verranno restituiti, se e quando non si sa. Si sono impegnati a farlo, ma per farlo servirà una nuova legge che nessuno è in grado nemmeno di proporre. Per questo diciamo che con l’accordo separato si è determinata una vera e propria truffa. In questi giorni la Funzione Pubblica CGIL sta raccogliendo migliaia di firme per chiedere che si faccia il referendum sugli accordi separati e torni a valere la democrazia, dando la parola ai lavoratori. E’ infatti necessario ripristinare la democrazia anche per garantire la chiusura positiva dei contratti di sanità, enti locali e parastato. Chiudere positivamente i contratti ancora scandalosamente aperti, a partire da quello della sanità privata e dell’anffas, è anch’esso un modo per rispondere alla crisi che taglia lavoro e salari. La presenza allo sciopero generale indetto dalla CGIL il 12 dicembre, dopo gli scioperi dei dipendenti pubblici, della scuola, del commercio, dell’università e dopo lo sciopero generale di Brescia del 20 novembre scorso, sarà per la Funzione Pubblica ancora una volta l’occasione per riaffermare la necessità di difendere i servizi pubblici e con essi il lavoro pubblico contro gli sprechi e le inefficienze della pubblica amministrazione. Chi puntava sulla divisione dei lavoratori (operai e privati contro i fannulloni pubblici) resterà deluso: il direttivo della Funzione Pubblica ha infatti accettato la richiesta del comitato centrale della FIOM di indire una grande manifestazione insieme a Roma per il mese di Febbraio. Non molti sanno che il Governo non ha ancora concluso la sua opera di distruzione e che si appresta a varare altre norme (alcune contenute nella legge che accompagna la finanziaria per il 2009) contenute nel disegno di legge delega in discussione in Parlamento.

Con questa delega si riscriveranno le regole faticosamente costruite negli ultimi 20 anni, tornando alla possibilità di regolare il rapporto di lavoro pubblico per legge, riducendo la contrattazione e facendo quindi della pubblica amministrazione un luogo di esclusiva competenza della politica, delle sue voglie e delle sue miserie:
come ai tempi del Duce.


Luciano Pedrazzani
Segretario Generale Funzione Pubblica CGIL di Brescia

La Chicchetta - 55

lunedì 15 dicembre 2008

La Chiesa cattolica, già schierata contro i tagli del governo che colpiscono anche l’istruzione privata, non si ritiene soddisfatta dai tentativi del governo di contenere i tagli in quel settore e annuncia la mobilitazione.

Monsignor Bruno Stenco, direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per l’educazione parla di “crisi” e afferma che “le federazioni delle scuole cattoliche si mobiliteranno in tutto il paese”. Stenco contesta che il governo vogliano privilegiare la scuola statale e quella “commerciale”, colpendo “il privato sociale” rappresentato da quella cattolica. Il presule lamenta non solo il taglio di 130 milioni di euro pianificato dal governo, “cha fa scoppiare la scuola cattolica”: “sono dieci anni che il finanziamento si è inceppato”. Stenco critica in particolare il ministro Tremonti: “nel 2008 ripete la stessa manovra del 2004: taglia per tre anni consecutivi 130 milioni di euro alla scuola cattolica. È un film già visto: si continua a colpire il sistema paritario”.
A seguito di questi ammonimenti, il governo ha prontamente rassicurato la Cei. Il sottosegretario dell’Economia Giuseppe Vegas ha fatto sapere che la commissione Bilancio del Senato ripristinerà i fondi alle scuole cattoliche: “C’è un emendamento del relatore che ripristina il livello originario, vale a dire 120 milioni di euro. Possono stare tranquilli, dormire su quattro cuscini”.
Tra le pochissime reazioni contro il ripristino dei fondi alle scuole cattoliche, sostenuto sia dal centrodestra che dal centrosinistra, da segnalare le dichiarazioni di Paolo Ferrero, segretario del Prc: “Mentre il governo ha ignorato, quando non ha represso, le manifestazioni di centinaia di migliaia di giovani studenti, ricercatori e docenti della scuola pubblica, rifiutandosi di cambiare i suoi provvedimenti che massacravano scuola e università e che tagliavano soldi e risorse, è
bastata una semplice minaccia di mobilitazione da parte delle scuole cattoliche private per far cambiare idea al governo e nel giro di pochissime ore. Insomma, il Vaticano fischia e Tremonti e il governo ubbidiscono.

CONSIDERAZIONI: Siamo alla farsa, se non fossimo alla tragedia, sulla scuola: fondi per le scuole private - già cospicui e consistenti da sempre - “ripristinati” e messi al riparo dai tagli e la scuola pubblica decimata a colpi di decreti Gelmini”.

La Chicchetta - 54

giovedì 11 dicembre 2008

La questione morale e gli ipocriti moralisti

Come nei documentari del National Geographic sugli squali: sentono l'odore del sangue e si aggirano a caccia della preda digrignando i denti. Il balletto che si è attivato intorno al Pd e a Walter Veltroni dopo Napoli, la Toscana e l'Abruzzo ha qualcosa di osceno. Perché non si assiste a una doverosa indignazione verso la politica contaminata dal malaffare, se non addirittura protagonista dell'illecito, ma al cinico sussiego dei professionisti della politica indagata che dicono: visto? Altro che superiorità etica. Berlusconi addirittura in Abruzzo, a fianco al suo candidato alle regionali Gianni Chiodi (indagato per una discarica chiamate la Torre, nessuna ironia) ha esclamato: nel Pd c'è una questione morale. Insomma altro che Berlinguer, altro che le monetine a Craxi, altro che Mani Pulite. E il Pd, travolto dalle inchieste che in 4 regioni stanno facendo emergere il suo lato peggiore, anziché reagire espellendo o quantomeno sospendendo gli amministratori indagati, ributta la palla nel campo avversario con la peggiore delle risposte possibili: senti chi parla. Nell'Illinois il governatore finisce in manette per aver tentato di vendere il seggio di Obama. Il democratico Rod Blagojevich è stato arrestato con l'accusa di corruzione e frode dopo che gli inquirenti hanno registrato le sue telefonate. In manette anche il suo capo di gabinetto. Arrestati per corruzione e frode, non pedofilia. Eppure nessuno lì sta gridando allo scandalo, all'abuso illegittimo di conversazioni di un politico, al ricorso disinvolto delle manette (ovviamente citando il caso Tortora). Che la questione morale sia tornata al centro della politica non è affatto un male. Nel Pd assistiamo invece al consueto balletto tra dalemiani contro, veltroniani pro, margheriti forse. Dove tutto viene ridotto in briciole per rendere innocuo un problema, secondo la vecchia tecnica andreottiana. Il Pd, che i sondaggi indicano al 28%, ha di che essere preoccupato. E non per le elezioni, che sono lontane. Un intellettuale come Paul Ginsborg dice che la riduzione del partito a staff del leader (con meno iscritti, meno struttura, meno consenso) lo espone al nepotismo e al clientelismo. Se il centrosinistra non cambia direzione, ha ammonito lo storico, può fare la fine dei socialisti craxiani anni '90. Ma Ginsborg è solo un girotondino, non un arguto politico che viene da lontano.


CONSIDERAZIONI: La questione morale esiste, e qualunque amministratore e uomo politico italiano lo sa bene. L'Italia è definita dagli osservatori internazionali e dall'opinione pubblica nazionale ad alto tasso di corruzione tra i paesi europei, ma nonostante ciò i nostri politici si guardano bene dall'approntare radicalmente un antidoto. Eppure dalla soluzione della questione morale dipende la sopravvivenza del sistema democratico rappresentativo che è stabilito nella nostra Costituzione e quindi la vita stessa della politica partecipativa. Non si tratta di fare leggi ma di veicolare in ogni partito i fondamenti di moralità, austerità e solidarietà che consentono di avere una buona amministrazione e rendono orgogliosi gli elettori di identificarsi nella loro classe dirigente. Insomma il primo passo spetta proprio ai singoli partiti che devono scegliere i propri rappresentanti.

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Pensieri in Libertà
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Questione morale

Grazie di avere messo il dito in questa piaga purulenta che affligge la sinistra da qualche tempo, troppo. Vorrei aggiungere delle semplici considerazioni e che cioè, ad oggi, ne Dominici e ne la Iervolino sono indagati..certo è che magari potevano mettersi a disposizione. Ma la filosofia del "senti chi parla", riferita ad una maggioranza di governo con alta percentuale di inquisiti e condannati, avrà fatto pensare che farsi da parte per fatti che riguardano la tua giunta è magari uno spreco o che può essere vista, in questa italietta da isole di famosi, come un'ammissione di colpa. Già, mantenere un comportamento eticamente corretto non paga e magari ti fa apparire pure fesso. E vero pure che, in questi ultimi anni, la classe politica è composta da gente fai da te, nel senso che ciascuno può avere la sfrontatezza di pensare di saper fare il politico pur non avendone le capacità; quando sento certi politici mi viene da rimpiangere la vecchia democrazia cristiana..e ho nostalgia perfino di Fanfani...in certe occasioni sentire qualche parola di buon senso da parte di Fini, addirittura mi fa fare sonni tranquilli..e di fronte a certi interventi di Casini , dal suo ruolo di opposizione, ho addirittura sconvolgimenti ormonali.
Stiamo messi proprio bene. D'altra parte se un direttore di giornale come Sansonetti si commuove di fronte all'orgoglio trasgender del naufrago vincitore e se il buon Bertinotti, tra un acquisto griffato e l'altro, dichiara che la nuova sinistra è questa, ...se anche gli operai , in procinto di cassa integrazione , vedono l'isola dei famosi come un dovere ( come una volta nelle sezioni di partito si leggevano libri e quotidiani) perchè c'è la compagna Luxuria che cerca di inculcare la tolleranza, inserendosi come un agente speciale, nei gangli della televisione più volgare ..e se D'alema con la sua RED insinua il dubbio che YOUDEM e il suo Veltroni forse non hanno diritto alla rappresentanza di quel movimento democratico nato, hainoi ed in buona pace di tutti, in così pochi mesi..che ci resta più ????
Intanto tutto va a rotoli e noi invece di stare allineati e coperti per fronteggiare le quotidiane rappresaglie e portare avanti il pensiero di tutta quella grande massa di italiani che ha votato centrosinistra, ci sparpagliamo in mille rivoli tra i giochetti di Rutelli e le omofobie della Binetti .
Voglio una vera sinistra....anche se sono consapevole che adesso non si può e che bisogna andare avanti.
Cominciamo da domani a dimostrare che ci siamo e che siamo tanti.

Mariangela Romanelli

La Chicchetta - 53

mercoledì 10 dicembre 2008


Please, pure io voglio andare a casa mia.

Da un pò di tempo per esprimere concetti tutt’altro che gentili, si invitano le persone che non si apprezzano ad andare a casa. Lo si dice intendendo “lasciare il proprio posto o il proprio incarico”. L’opposizione dice qualcosa che non piace a chi sta al governo? Si proclama che deve andare a casa. Qualcun altro che svolge un lavoro, ad esempio un direttore di giornale, dice o fa qualcosa che non piace al Presidente del Consiglio? Si dichiara anche in questo caso che deve (dovrebbe?) andare a casa. Non so quando il significato di questa azione, che in fondo è piacevole, ha preso questo sgradevole significato, qualcosa che sta fra lo “sparisci” ed il “levati di torno”. Più da accusa che da casa. Come se il proprio domicilio fosse una condanna, e una gogna. Una volta non era così. Quando qualcuno, al lavoro o a scuola ti diceva di andare a casa di solito voleva dire che avevi la febbre alta, e si vedeva. O che ti concedeva la giornata di festa. Oppure che sapeva che a casa, c’era bisogno di te per qualche motivo importante. Da Senofonte a Lassie, dall’ultimo dei soldati fino agli alpinisti e agli esploratori tornare a casa era la vittoria più grande. Adesso no. Dire a qualcuno che deve andare a casa è praticamente dargli dell’incapace, se non di peggio. Il che detto dall’attuale Presidente del Consiglio è curioso. Contando che è a casa, di solito, che si guarda la televisione.

La Chicchetta - 52

martedì 9 dicembre 2008

L'eterno conflitto tra Mediaset e Sky


Il Governo ha deciso il raddoppio dell'Iva, dal 10 al 20%, sugli abbonamenti alle pay-tv, il che vuol dire quasi esclusivamente Sky, che conterebbe circa 4.6 milioni di abbonati. Dicono: viene colpita anche Mediaset. Ma Sky ha in mano il 91.2% del mercato satellitare, Mediaset il 5.4%. Inoltre il vero business di Mediaset è la pubblicità, per cui il raddoppio dell'Iva sugli abbonamenti è un costo del tutto marginale. Infine i profitti di Mediaset sono superiori a quelli di Sky. Sky ha già anticipato, che “a partire dal 1° gennaio ogni cliente avrà un aumento delle imposte del suo abbonamento del 10%”. Cioè 4.6 milioni di famiglie pagheranno più tasse, in particolare gli appassionati di calcio. Eppure Berlusconi aveva detto che mai e poi mai il Governo avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani. Qualsiasi aumento dell'Iva deprime i consumi. Il che è l'esatto contrario di ciò che occorre fare in questa fase di crisi drammatica. Berlusconi invita a consumare; il suo Governo colpisce uno dei consumi, peraltro così diffuso, alla vigilia delle festività. Questo provvedimento, inoltre, modifica le regole della concorrenza fra due grandi imprese private della comunicazione a vantaggio di una delle due, di proprietà del Presidente del Consiglio. Ma la vera questione si chiama conflitto d'interessi. Esso esiste da anni nella persona del Presidente del Consiglio, e non succede nulla. Qualcuno dirà (anzi, ha già detto): "ma basta con questa paccottiglia del conflitto d'interessi!". Certo, si può negare l'evidenza. Ma l'evidenza ha la testa dura: il Presidente del Consiglio è anche proprietario di Mediaset. Sia chiaro: non è che Berlusconi è cattivo e Murdoch, proprietario di Sky, è buono. È che in una democrazia occidentale, che dovrebbe vivere sulla divisione dei poteri e la separazione degli interessi, da 14 anni è in corso un conflitto che non si intende affatto sanare. Esso è indipendente dalla quantità di consensi su cui può contare Berlusconi. In altre parole, l'avere la maggioranza dei voti non attenua, né risolve la questione. Anzi, la aggrava. Male hanno fatto tutti i precedenti governi, compresi quelli di centrosinistra, a non affrontare di petto il problema.
La vicenda del raddoppio dell'Iva a Sky è solo la conferma di un'anomalia democratica di cui l'Italia in tutto l'Occidente ha la poco invidiata esclusiva.

Ultima ora: L'Unione europea: "L'Iva andava armonizzata e l'Italia era libera di decidere se al 10% o al 20%"
Bruxelles chiude il caso delle pay tv

Per Bruxelles il caso delle pay tv è chiuso: nel settore l'Iva andava armonizzata. «Nella direttiva dell'Ue - ha spiegato la portavoce di Laszlo Kovas, commissario europeo al Fisco - c'è un allegato che dice che si può applicare un'aliquota ridotta per le tv satellitari, ma devono essere applicate le stesse aliquote per gli stessi tipi di servizi. L'aliquota andava perciò resa uguale per tutti». Alla luce di ciò, l'attuale esecutivo italiano «doveva stabilire se mettere tutti al 10% o tutti al 20%», perché «è il Paese che decide».

Considerazione: se fosse stata Mediaset ad avere la maggioranza del mercato satellitare, il Governo Berlusconi si sarebbe comportato allo stesso modo? Dubito fortemente!!

Fonte: Il Brescia

La Chicchetta - 51

venerdì 5 dicembre 2008


Dl anticrisi, manovre inutili

Provvedimenti a pioggia ed effetto sull’economia pari a zero.
La priorità alle imprese, con lo scatto da subito delle riduzioni su Irap e Ires.
I benefici per le famiglie più povere equivarranno a un litro di latte al giorno o a un pacco di pasta


Robin Hood vuole diventare re. Il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, con mosse che sfuggono alla maggioranza dell’opinione pubblica, sta infatti cercando di scardinare le basi della democrazia economica, conquistando pezzi di potere. Con le misure varate venerdì 28 novembre non solo si dà il via libera a una manovra anticrisi inefficace e senza alcun respiro (le misure, infatti, sono ancora una volta “una tantum”), ma si introducono novità tecniche che sconvolgeranno l’equilibrio istituzionale. Una di queste novità riguarda il ruolo della Cassa depositi e prestiti, delle Poste e dello stesso ministero dell’Economia. E se questo è l’approccio “assolutistico” (statalista direbbe Bossi) alle questioni della cosa pubblica, gli effetti delle manovre saranno al contrario dispersivi, inefficaci, costosi per la collettività, ma inutili per le famiglie e soprattutto per i lavoratori e i pensionati normali, ovvero per la stragrande maggioranza degli italiani che per fortuna non stanno certo già sotto la soglia di povertà relativa, anche se potrebbero caderci in ogni momento. E certo la strombazzata social card non è una soluzione sufficiente. Nel decreto composto da 36 articoli spicca lo scatto da subito, a favore delle imprese, della riduzione di 3 punti su Irap e Ires di novembre, il bonus straordinario per le famiglie (fino a 1.000 euro) e gli interventi per calmierare i mutui a tasso variabile (e non quelli a tasso fisso). Tremonti promette inoltre che dal primo gennaio 2009 le tariffe, le bollette e i pedaggi non dovranno salire. Niente sulla detassazione delle tredicesime, nessuna misura di sostegno all’economia, nessuna idea per una possibile ripresa industriale e produttiva. Qualche soldo, ottenuto con qualche partita di giro e non certo con risorse fresche per gli ammortizzatori sociali: previsti 289 milioni per il 2009, 304 milioni per il 2010 e altrettanti nel 2011, in tutto circa 1,2 miliardi di euro da qui al 2011, ma senza una vera riforma del sistema degli ammortizzatori sociali. Perfino Tremonti si è accorto invece che la detassazione degli straordinari – che era stata osannata dal ministro Sacconi – è una emerita cretinata. Quindi è stata abolita. Il popolo, i poveri, non avranno gli aiuti in modo automatico. Il bonus straordinario dovrà infatti essere chiesto fino al 31 gennaio 2009 e si concretizzerà in cifre che vanno da 200 fino a 1.000 euro:

200 euro per redditi sotto i 15 mila euro;
300 euro per le famiglie con due componenti e reddito sotto i 17 mila euro;
450 euro per famiglie con tre componenti e reddito che non supera i 17 mila euro;
500 euro per famiglie di quattro componenti e reddito fino a 20 mila euro;
600 euro per nuclei di cinque componenti con reddito sotto i 20 mila;
1000 euro per famiglie con oltre cinque componenti e reddito sotto i 20 mila euro.
Stessa cifra per nuclei con componenti portatori di handicap e reddito fino a 35 mila euro.

Il denaro arriverà entro il mese di marzo.

Per l’erogazione è stato istituito un Fondo con una dotazione pari a 2 miliardi e 450 milioni di euro, ovvero un altro centro di potere. L’effetto sull’economia nazionale sarà pari a zero. Si è infatti calcolato che i benefici per le famiglie più povere equivarranno a un litro di latte al giorno o a un pacco di pasta. Peggio di quello che faceva la vecchia Democrazia Cristiana. ”Di fronte a una crisi così grave, drammatica, gli interventi sono a tempo, casuali”, ha dichiarato subito il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, commentando il pacchetto anticrisi e confermando lo sciopero generale di venerdì 12 dicembre. E non è finita qui. C’è in ballo infatti, oltre al decreto anticrisi, anche la finanziaria vera e propria, la seconda, visto che Tremonti ne aveva varata una prima dell’estate.


Fonte: CGIL

La Chicchetta - 50

giovedì 4 dicembre 2008

E l'azionista Cai mi dice: pilota, lei è finito.


Caro direttore, sono un comandante Alitalia. Lunedì ero seduto a Santa Monica in un negozio di abiti, nei dintorni dell'albergo dove alloggiavo, mentre i piloti del mio equipaggio finivano di provare una felpa. C'erano i saldi e Abercrombie and Fitch era pienissimo. Su una poltrona, un signore con l'accento fortemente toscano mi chiede: "Italiano?". "Si", rispondo. "Parte anche lei stasera con Air France?", mi fa lui. "No, vado domani con la Delta. Siamo piloti Alitalia e abbiamo fatto l'ultimo volo per Los Angeles da Roma. Ora siamo costretti a tornare con altre compagnie. Alitalia, anche se in questi sei mesi la rotta Roma - Los Angeles ha avuto un coefficiente di riempimento dell'85 per cento, ha soppresso il volo". "Ah siete dell'Alitalia? Lo sa che io, insieme a mio fratello, sono nella cordata Cai?", mi risponde. "Bene, piacere. Io mi chiamo Elvio D'Alù e sono un comandante di Boing 777: metta una buona parola con Colaninno per far sì che senta le nostre ragioni senza disintegrare la nostra dignità professionale....Mi scusi, come ha detto che si chiama?". "Mi chiamo Fratini. Siamo toscani del Mugello, immobiliari. E lo so, purtroppo i tempi sono cambiati. Anch'io sono un pilota, posseggo un elicottero personale Agusta A109 e mi tengo stretto il mio comandante che mi aiuta nel volo strumentale". E io gli chiedo: "Mi dica una cosa: ma chi glielo ha fatto fare di infilarsi in questo ginepraio della cordata Alitalia?". Lui: "Eh, mica sono stupido: l'avrebbe anche lei! Stiamo comprando l'Alitalia senza soldi e fra tre anni guadagneremo 300 milioni. La maggior parte di noi ha messo solo la firma, rischiamo solo in caso di bancarotta, di nostro non rischiamo nulla: dietro ci sono banche e finanziarie. So che preparate uno sciopero, mi sa che è inutile tanto ormai è tutto pronto per lo svecchiamento in Alitalia: è cosa fatta....".
Sono rimasto senza parole.

Comandante Elvio D'Alù (era presente il primo ufficiale Ivan Pasquini)


Questo articolo è pubblicato su L'Espresso del 20 Novembre 2008

La Chicchetta - 49

mercoledì 3 dicembre 2008


Il consumatore inesistente


Alle prese con la peggiore crisi economica dell'ultimo secolo, Silvio Berlusconi ha deciso di tornare alle origini e di rivestire i panni del "piazzista di Arcore", come lo chiamava Indro Montanelli. Comprate, spendete, consumate! Questa, infatti, è la semplicistica ricetta che il Cavaliere insiste a predicare da tempo nell'ottusa convinzione che i suoi consigli per gli acquisti possano essere la pozione miracolosa per evitare lo scivolamento del Paese da una congiuntura recessiva a una fase di dolorosa depressione. Se egli oggi si occupasse soltanto di guidare l'impero televisivo di Mediaset, simili sortite sarebbero tutto sommato innocue e potrebbero essere giustificate in nome della deformazione professionale, oltre che del lampante interesse aziendale a sostenere il fatturato pubblicitario della propria impresa. Ma il fatto è che chi lancia simili messaggi al Paese riveste ora la carica di presidente del Consiglio dei ministri. Esercita, cioè, quel potere politico dal quale dipendono le decisioni principali di contrasto a una tempesta economica, di cui si avvertono al momento le prime avvisaglie mentre il peggio - per unanime opinione internazionale - arriverà nel corso del 2009. Affermare, come fa Berlusconi, che "solo i cittadini (...) con lo stile dei loro consumi possono determinare la profondità della crisi" significa intanto ignorare il senso e la portata di quanto sta accadendo, ma soprattutto denunciare insensibilità e indifferenza per lo stato di difficoltà in cui versano milioni di bilanci familiari dal Nord al Sud del Paese.

Spendere di più? Ma con quali soldi, per favore? Quelli della cosiddetta "social card" forse?

Per carità, va benissimo che a chi si trova con l'acqua alla gola arrivi qualche decina di euro in più al mese, ma non ci si venga a raccontare che con l'obolo per costoro si possono rilanciare sul serio i consumi e l'economia.

Se davvero il presidente del Consiglio è convinto di quel che dice, allora spetta a lui trovare i soldi che possano rimettere in moto la salvifica ripresa dei consumi. E qui scatta una legge ineludibile, di fisica prima ancora che di economia: il denaro va preso dove sta e spostato dove manca. Poiché il bilancio pubblico ha i guai che si sanno, il problema si può risolvere soltanto attraverso una redistribuzione dei pesi all'interno della società. Insomma, occorre che il piissimo e neosturziano Giulio Tremonti - una volta riscoperti Dio, Patria e Famiglia - la smetta di fare il Robin Hood per finta e indossi sul serio i panni di chi toglie ai ricchi per dare ai poveri. Altro che estendere anche ai più abbienti l'esenzione dall'Ici o detassare straordinari inesistenti o distribuire elemosine natalizie. Occorre, piuttosto, abbandonare le promesse di Bengodi tributario diffuse a mani piene e cervello vuoto: smettendola di strizzare l'occhio agli evasori e rivedendo la curva del prelievo sui redditi, alzandola per i maggiori e abbassandola per i minori.

Forse credendo di stare ancora a Mediaset, Silvio Berlusconi stavolta ha sbagliato indirizzo: da Palazzo Chigi l'invito a far ripartire i consumi non lo deve rivolgere ai cittadini ma a se stesso.


Fonte: L'espresso

La Chicchetta - 48

martedì 2 dicembre 2008

L'Italia tra ambrogini, Luxurie e conversioni
Per Biagi niente Ambrogino, la Chiesa svela l'ultimo ripensamento di Gramsci, il Prc celebra la sua "isolana".


News dall’Italia. A Milano niente Ambrogino d’Oro per Biagi. Gli intitoliamo una via, tanto per rimediare? Il sindaco avrebbe così risposto: «Lasciamo che queste divergenze si sedimentino. La memoria va onorata anche con la pacificazione». Né Ambrogino, né via. Prima ci si pacifichi, perbacco! Pierluigi Battista trova sul Corriere le parole per definire questa scelta: accanimento, risentimento, militarizzazione, puntiglio, acrimonia. Dimentica la categoria della stupidità, che non è mai pacificata e fieramente guerreggia contro un defunto.
Sempre a Milano, niente cittadinanza onoraria per Saviano. La fregatura non è per Saviano, ma per Milano, che perde l’occasione di dare un segnale di contrasto alle mafie, quando si avvia il mega affare del cemento dell’Expo.
Rivelazioni del pro-penitenziere emerito della Santa Sede: Gramsci convertito in punto di morte. Nessun elemento di prova. L’interessato d’altra parte ha qualche difficoltà a smentire. 71 anni dopo, diconsi 71, si rivela urbi et orbi un evento forse mai avvenuto, comunque indimostrabile e per di più legato alla più profonda intimità, e cioè il pensiero di un moribondo.
Coincidenza: pochi giorni fa il tribunale amministrativo di Valladolid, in Spagna, ha ordinato la rimozione del crocifisso dalle aule di una scuola pubblica. Qui si dimentica la laicità? In compenso apprendiamo dell’esistenza di un pro-penitenziere emerito.
Il quotidiano Liberazione inneggia alla vincitrice dell’ “Isola dei famosi”, e scrive: “Vladimir come Obama? È un po’ esagerato, ma fatecelo dire”. E ditecelo. Ma siamo sicuri che precari e operai di terzo livello discutano del culto per Luxuria o dell’apologia di Vespa? Si badi: il problema non è Luxuria, liberissima di insularsi vittoriosamente. Il problema è una cultura che sta smarrendo il senso della realtà, confondendola col ciarpame mediatico. Si transita: da Luxemburg (Rosa) a Luxuria (Vladimir).
Anticipazioni sulle prossime news: Riina si candida alle europee, Saviano arrestato perché disegnava graffiti sui muri di Palazzo Marino, santificata Nilde Iotti, Obama da Luxuria per un corso di pr, Cassano chiamato da Lippi in Nazionale. A quest’ultima non ci credete, eh?

Meglio tornare a ragionare sulla crisi, su come arrivare a fine mese, sui provvedimenti del governo e sullo sciopero del 12 Dicembre. Ma finalmente sobri.

Fonte: Il Brescia

La Chicchetta - 47

lunedì 1 dicembre 2008



Maxi aumenti ai Brunetta boys
Il campione anti-fannulloni regala 600 euro al mese ai dipendenti del proprio ministero e della presidenza del consiglio: a fronte di 2 ore in più a settimana. Consulenze milionarie nella nuova «Authority del merito». E intanto dà solo 70 euro agli altri statali e licenza migliaia di precari


Il ministro Brunetta passerà pure per «mitico» grazie alla lotta ai cosiddetti fannulloni, ma per compiacere il proprio staff e quello del presidente del consiglio Berlusconi non guarda in faccia a nessun criterio di merito: è appena stato firmato un accordo sindacale che aumenta stabilmente di ben 600 euro medi al mese lo stipendio dei 3 mila dipendenti della presidenza del consiglio (tra i quali sono inclusi anche quelli del ministero della Funzione pubblica, quello guidato dallo stesso Brunetta, che in realtà è un semplice dipartimento dell'ufficio del premier). E a fronte della generosissima erogazione - tantopiù in tempi di crisi, e di licenziamenti di centinaia di migliaia di precari - cosa chiede l'uomo simbolo della produttività? Un enorme aumento di efficienza, ben due ore di lavoro in più a settimana: arrivare a 38 ore rispetto alle precedenti 36. I 600 euro esistevano già, ma non erano per tutti: rappresentavano la «indennità di specificità organizzativa», un'erogazione accessoria per particolari funzioni, e sono la media tra un minimo di 350 e un massimo di 900 euro. Il ministro Brunetta adesso quel salario accessorio lo ha «stabilizzato», facendolo passare dall'integrativo al contratto nazionale (speciale per la presidenza del consiglio). E lo ha generalizzato a tutti i 3 mila dipendenti, con l'unica condizione che accettino di fare 2 ore in più a settimana. Nella direttiva che con solerzia ha inviato all'Aran per perfezionare la contrattazione, spiega che c'è anche la possibilità di rimanere a 36 ore: ma francamente sarà difficile trovare qualcuno che non si «sforzi» di farne 38. Insomma, c'è chi a fronte di otto ore in più al mese, arriverà a prendere anche 900 euro aggiuntivi (pari allo stipendio di un precario); ma anche se ricevesse soltanto il minimo di 350 euro non gli andrebbe proprio male. Il principale firmatario del contratto è la Snaprecom (sindacato autonomo della presidenza del consiglio), mentre la Cgil non è rappresentata al tavolo contrattuale, e dunque non ha partecipato a definire il profilo della nuova «casta» di filiazione brunettiana.


Indennità tornello
C'è già chi la chiama «indennità tornello». Proprio Brunetta aveva scelto di propagandare l'istallazione dei tornelli a Palazzo Chigi, facendosi fotografare mentre passava il badge con una mano e con l'altra faceva sorridente la «v» di vittoria. Mentre Berlusconi, dal canto suo, annunciava che tutti i bar vicini sarebbero falliti, dato che sarebbe stato più difficile concedersi la classica pausa caffè da «fannullone» impenitente: «Avranno pensato di introdurre l''indennità tornello' - commenta sarcastico il segretario Fp Cgil Carlo Podda - A parte gli scherzi, aumenti così possono pure andare bene, ma se andassero ugualmente a tutti i lavoratori del Paese, e non solo a 3 mila. Tutti gli altri devono accontentarsi dei 70 euro lordi - pari a poco più di 40 netti mensili - erogati dal recente Protocollo Brunetta. Mi verrebbe da dire a Cisl e Uil: rivendichiamo insieme quei 600 euro per tutti».

Due milioni al merito
Passando a un altro scandalo, nel disegno di legge Brunetta in discussione al Senato, si stanziano ben 1,2 milioni di euro per la retribuzione annua dei quattro membri dell'«Authority del merito», quella che dovrebbe stilare le «pagelline» di produttività dei vari uffici pubblici. Ben 300 mila euro di stipendio all'anno cadauno; o 25 mila euro al mese, che poi sono il lordo annuale di un normale dipendente pubblico. E non basta: Brunetta si è fatto riservare ulteriori 500 mila euro per il generico capitolo «consulenze». Altri privilegiati, per ora ignoti, con contratti a più zeri. «Il ministro, se tiene alla trasparenza come dice, pubblichi l'elenco di queste consulenze - conclude Podda - Secondo noi è assurdo centralizzare la valutazione del merito: piuttosto, si dovrebbe affidare agli utenti dei servizi».


Fonte: Il Manifesto
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Pensieri in Libertà
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Caro Angelo, leggerti ogni mattina è diventato un doveroso gesto di resistenza ed io ti ringrazio per tutto quello che dici e, soprattutto, che fai. I tuoi appelli alla collaborazione mi sollecitano, ma non credo di avere la capacità di sapermi esprimere con proprietà rispetto ai temi della politica italiana. Tu mi aiuti a riflettere e queste riflessioni le aggiungo a tutte le altre che faccio nella quotidianità della mia giornata di lavoratrice, casalinga, moglie e madre che si trova davanti ad un paese che viene piano, piano privato del suo stato sociale, costruito con la fatica di molti durante i trascorsi 60 anni. Si rimane in silenzio, con le braccia abbandonate lungo il corpo, basiti di fronte a tutte le oscenità che questo governo propone...ma anche di fronte ad una opposizione che si esprime solo attraverso un ex magistrato: ma io ho creduto in altro, o meglio mi sono imposta di credere ad un nuovo che avanzava, ad uno stile pacato e ragionevole di affrontare le questioni; apprezzavo quella mano chiusa appoggiata sulla parte del cuore, alla ricerca di una politica fatta coi sentimenti, come quella vecchio stile di cui parlava ieri Abei. Quella politica sana, anni 70, che a Roma ci mobilitava in pochi attimi a San Giovanni quando venimmo a sapere dell'efferrato omicidio di Moro da parte delle brigate rosse, per esempio.
La nostalgia non mi piace, però mi manca la sicurezza che da il senso di appartenenza ad un gruppo politico e magari anche ad un sindacato coeso e dalla parte dei lavoratori. Ho restituito la tessera della Cgil , con molto dispiacere, un paio di anni fa perchè intendevo manifestare il mio disagio in un sindacato, locale, nel quale non mi riconoscevo più; ma Epifani non mi dispiace così arroccato di fronte all'imperversare sbracato della politica italiana.
Vorrei salutare con un bellissimo "fraterni saluti"

Mariangela Romanelli

La Chicchetta - 46

venerdì 28 novembre 2008


Le banche sono a posto, i lavoratori no, specialmente i precari. Per i poveri-poveri una social card, un bancomat della miseria con una “dote di 120 euro", che un entusiasta Tremonti mostra come un giocattolo. Ma attenzione, non c’è solo questo


…L’altra novità (si fa per dire) è il bonus per le famiglie con figli e per i pensionati. C’è anche il blocco delle tariffe, misura non solo necessaria, ma perfino scontata, visti gli andamenti del prezzo del petrolio. Poi vaghe promesse sui mutui, tema più delicato perché tutti sanno che non si risolve con la beneficenza, ma con una trattativa con le banche che, nonostante i tonfi dei più grandi colossi d’affari del mondo, sono sempre un osso duro. In ogni caso si tratta di promesse, impegni di “pagheremo”. Nessuna cifra precisa. Nessuna linea di politica economica, né tantomeno idee di politica industriale innovativa. E soprattutto nessuna retromarcia su una finanziaria depressiva che pensa solo a tagliare. E’ questo il topolino che il governo Berlusconi ha cacciato fuori dal suo cilindro mediatico la sera di lunedì 24 novembre a Palazzo Chigi. Per rilanciare i consumi e contrastare una crisi che è stata paragonata a quella del 1929, alla vigilia del “licenziamento” di almeno mezzo milione di precari, il governo Berlusconi non ha saputo fare altro che dare spazio alle idee di un ministro dell’economia che continua ad apparire debole con i forti e compassionevole con i deboli. Eppure anche Tremonti dovrebbe sapere che con l’elemosina non si rilancia un sistema economico. Soprattutto in tempi di crisi. Ma è ovvio che non si tratta di incoscienza politica. Lo sanno bene i rappresentanti del governo di centrodestra e lo hanno perfino dichiarato. "Abbiamo assicurato continuità delle linee di credito alle imprese. Ora ci occuperemo dei consumi", ha detto aprendo il vertice di lunedì il premier Berlusconi. E’ la solita storia: gli aiuti veri si danno solo ai forti (alle banche e alle imprese) sperando che il mercato faccia poi la sua parte. Al contrario occuparsi seriamente dell’andamento dei consumi avrebbe voluto dire occuparsi dei lavoratori, delle loro condizioni. Quindi avrebbe voluto dire occuparsi delle tredicesime e del fiscal drag, come hanno chiesto i sindacati e in particolare la Cgil, che bontà loro, questa volta è stata invitata al tavolo del governo. Si è ancora una volta preferita la strada degli sconti fiscali e degli interventi una tantum. Per quanto gli interventi concreti, infatti, non c’è davvero quasi nulla nel pacchetto governativo. Ci prepariamo alla bufera con l’ombrellino.I problemi sono altri. Ed è sufficiente un breve elenco. Proprio in questi giorni sono in “scadenza” circa 500 mila contratti a tempo. Tra il 2004 e il 2007 la quota dei dipendenti con contratti a termine sul totale dei dipendenti è aumentata del 20%. Si calcola che in questo momento nel mercato del lavoro italiano sono presenti quasi 2 milioni e mezzo di lavoratori “a termine” ai quali si devono aggiungere circa 700 mila apprendisti. Ci sono almeno 3000 contratti in bilico nel solo gruppo Fiat. Duecento contratti stanno saltando alla Brembo, una delle aziende di punta della nostra metalmeccanica. Tutti i distretti industriali lanciano segnali di crisi, la spia è rossa. Aumentano le ore di cassa integrazione. A tutto questo il governo italiano risponde con una promessa di aumentare la dotazione per gli ammortizzatori sociali (fino a un miliardo di euro, dai 600 mila iniziali) attingendo al Fondo sociale europeo. C’è chi racconta di famiglie che non si possono più permettere di pagare la badante per il parente non autosufficiente. L’unica misura seria ce la pagherà l’Europa. Sempre che arrivi. Per ora siamo solo agli annunci mediatici.

Fonte: CGIL

La Chicchetta - 45

giovedì 27 novembre 2008


Caro Cavaliere le propongo uno scambio


Ho una proposta per il Premier, che si è dichiarato favorevole a costituire le classi separate per i bambini non abbastanza italiani. Quelle classi in cui si dovrebbe insegnare l’italiano e la legalità. Tenendo ben separati i bambini, non sia mai che l’italiano lo imparino anche dai compagni, e il rispetto della legalità lo imparino tutti i bambini, indipendentemente dalla percentuale di italianità, magari a partire da cose fondamentali. Tipo che tutti hanno uguali diritti. Quelle classi, se saranno realizzate, ci faranno vergognare per decenni. Saranno ricordate come una ferita dai bambini che si dice di voler aiutare e come una vergogna dai bambini che andranno nelle classi normali. Le discriminazioni feriscono, signor Presidente, da tutte e due le parti della barricata. Tirano fuori il peggio da tutti. Scavano fossati che anche quando saranno colmati resteranno dolenti come cicatrici. Per questo ho una proposta signor Presidente. Facciamo uno scambio. Si opponga con tutte le sue forze all’istituzione di queste classi discriminatorie. E noi le diamo ufficialmente il permesso di giocare a nascondino con gli altri presidenti durante gli incontri ufficiali. Perfino a moscacieca. La autorizziamo pure a tirare palline di carta con la penna Bic durante il G8.


Possiamo reggere alla vergogna di certe cose. Ma la vergogna di certe altre, ci pensi, sarebbe incancellabile.


Fonte: il Brescia

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Pensieri in Libertà
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SIAMO MESSI CON LE BOLLETTE CARO ANGELO...NOI LAVORIAMO E CERCHIAMO DI TENERE ALTA L'IDEA DI SINISTRA E QUELL'IMBECILLE DI BERTINOTTI DICHIARA ALLE TV CHE VLADIMIRO GUADAGNO DETTO LUXURIA E' LA NUOVA SINISTRA....CHE FINE!!!!!


Dopo il congresso dei DS sono andato coi Compagni della SD di Roma, ero coordinatore del 6 municipio di Roma.
Abbiamo aperto una sezione titolata a Berlinguer con la Compagna D'Antona, ed io ho messo sulla parete il Poster di Enrico...
Mi mancano quegli uomini...a diverse iniziative a cui ho partecipato anche come responsabile SD ho notato la differenza abissale che passa tra Pietro Ingrao, ricordo di una sera bellissima, ed i vari rimasugli tornati a galla con la risacca...gli altri li ho conosciuti negli anni dell'impegno forte...Pajetta che scuoteva la testa alla prima festa del PDS dicendo a noi giovani iscritti...è finito tutto...per questo a Settembre scorso ho scritto una lettera alla Sinistra Romana contestando Occhetto che aveva organizzato seminari sulla crisi della Sinistra!!!
Proprio lui che ha violentato e ammazzato l'unica certezza che poteva fermare le infamità che stiamo vivendo sulla pelle.
Ora ci è rimasto, anzi gli è rimasto, solo di gioire per la macchietta Vladimiro Guadagno...in attesa della distruzione alle europee...

Stefano Abei

La Chicchetta - 44

mercoledì 26 novembre 2008

Corte dei Conti. Un'indagine boccia la raffica di sanatorie: sono state inutili
Condoni fiscali, pochi incassi
"Buco di 5,2 miliardi di euro"
Per imagistrati i provvedimenti della Finanziaria 2003
"hanno avuto effetti diseducativi"

Che i condoni fossero diseducativi l'avevano denunciato in molti. Ma a rivelare che fossero anche poco utili per fare cassa stavolta è la Corte dei Conti. Dopo un'accurata indagine sulla raffica di richieste di sanatorie fiscali promosse dal secondo governo Berlusconi con la Finanziaria 2003, il risultato è piuttosto sconfortante: mancano all'appello 5,2 miliardi, mai versati, rispetto ai 26 che sarebbero dovuti affluire nelle casse dell'erario in base alle dichiarazioni di condono presentate. Soldi che sarebbero serviti per finanziare servizi e a coprire in parte l'immane deficit pubblico italiano, di cui però si sono perse le tracce. «Le somme dovute dai condonati - è scritto nell'indagine - non sono state versate neppure dopo l'iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle esattoriali». Insomma, una guerra persa. E non è tutto. Secondo la magistratura contabile i condoni hanno ottenuto solo un risultato di breve termine, senza contare che «le reiterate proroghe ed estensioni di concessioni hanno avuto un effetto fortemente diseducativo» e che il condono dell'Iva, così come prevede il diritto comunitario, è illegittimo. Una bocciatura, dunque, su tutta la linea. L'indagine punta il dito contro le categorie che hanno beneficiato del passaggio tra lira e euro: società di capitali o a gestione manageriale ubicate nel Centro-Nord, anche per il timore di possibili controlli. La Corte propone di destinare una quota delle risorse incassate dalla lotta all'evasione come bonus risarcimento ai contribuenti che, sottoposti ai controlli, sono risultati in regola.

La Chicchetta - 43

martedì 25 novembre 2008


I curiosi rimedi antipanico del Cavaliere

Il nostro Presidente del Consiglio ci chiede di applicarci per contrastare la crisi economica. Il sistema proposto è quello di dedicarci a consumare. Semplice ed efficace. Ci sarebbe il problemino che per consumare bisogna spendere, e per spendere ci vuole la materia prima. Cioè i soldi. Infatti in genere si spende, e con gran gusto, quando se ne hanno. Specialmente quando, dopo aver soddisfatto tutte le necessità primarie, di soldi ne rimangono ancora un pochino. Inoltre i soldi si spendono meglio quando si ha la ragionevole certezza che se ne avranno altri in futuro. Quindi se il Presidente del Consiglio invita gli italiani a spendere probabilmente ritiene che i cittadini siano presi da una crisi di irragionevole avarizia: che accantonino scioccamente migliaia e migliaia di euro che avanzano loro. Che la nazione sia piena di liquidità che viene scioccamente tenuta ferma. E che nessuno abbia il posto lavoro precario, evanescente, facile all'evaporazione. A meno che non ci inviti a spendere non solo quel che non abbiamo oggi, ma addirittura quello che non avremo domani. Una specie di incoraggiamento a far debiti, sapendo di non poterli ripagare. Che poi è proprio il genere di cose che ha fatto scoppiare la crisi in America. Ma forse è proprio per questo che ce lo propone.

Indebitarsi per evitare i problemi causati dei debiti, chissà, potrebbe essere un rimedio omeopatico.
Fonte: Il Brescia

La Chicchetta - 42

lunedì 24 novembre 2008


QUATTRO MILIONI. COMPENSI ALL'AUTORITY CON VOTO BIPARTISAN


Il costo di Brunetta


Anche dietro la norma «anti-fannulloni» del ministro Brunetta spuntano immancabili le solite consulenze pagate a carico della collettività. La delega al governo finalizzata all'ottimizzazione delle produttività del lavoro pubblico è stata approvata dalla commissione del Senato. Curiosità: si tratta del primo provvedimento bipartisan di una legislatura in cui litiga su tutto. Ma dalla commissione il provvedimento, che in origine prevedeva espressamente che i commissari dell'authority anti-fannulloni prestassero la loro opera «a titolo gratuito», è uscito con costi che, secondo una nota tecnica preparata a via XX Settembre, assommerebbero a ben quattro milioni di euro.

Il trucchetto?

Basta leggere il disegno di legge (numero 847), che il ministro Brunetta ha riassunto in quattro parole d'ordine: più trasparenza, standard, premi e punizioni per chi non fa il proprio lavoro. A leggere il testo arrivato in commissione (articolo 3 punto d), il ddl prevedeva «l'istituzione presso il Dipartimento di funzione pubblica, eventualmente in raccordo con altri enti o soggetti pubblici, di un organismo centrale (...) con il compito di validare i sistemi di valutazione adottati dalla singole amministrazioni centrali, indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio delle funzioni di valutazione, nonché di informare annualmente il ministro per l'Attuazione del programma sull'attività svolta". La centrale di controllo anti-fannulloni era praticamente a costo zero. Tanto che si leggeva poche righe più sotto «i componenti del predetto organismo, scelti tra persone di elevata professionalità, anche estranee all'amministrazione, prestano la loro collaborazione a titolo gratuito». Fin qui una pagina di bella politica: una norma anti-fannulloni che si fonda su un organismo di controllo che non costa nulla. Il problema è che, nell'accordo trovato in commissione Affari costituzionali del Senato, il punto d dell'articolo 3 è stato inghiottito dal nulla. E la famosa «collaborazione a titolo gratuito» dei componenti dell'organismo anti-fannulloni è svanita. Il nuovo testo approvato dalla commissione è che la centrale anti-fannulloni non è più gratis. I componenti, «di numero non superiore a cinque», sono pagati. Eccome. La relazione tecnica «sugli oneri finanziari derivanti dall'emendamento per come riformulato» - preparata a via XX settembre prevede che il costo complessivo dell'operazione può arrivare a 4 milioni euro. 8 miliardi del vecchio conio.

Ce n'è per tutti.

1milione e 500mila euro (onere massimo previsto) «per compensi, comprensivi degli oneri riflessi, spettanti ai componenti dell'Agenzia, da fissare con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione di concerto col Ministero dell' economia»;
500mila euro «per l'affidamento di consulenze e incarichi di collaborazione»;
700mila euro «per la stipula di convenzioni con enti e università»;
500mila euro «per il funzionamento e spese connesse alla segreteria tecnica»;
400mila euro «per l'acquisto e la manutenzione di beni strumentali e per gli oneri di funzionamento della struttura»;
400mila euro «per le spese concernenti all'affitto della sede ed eventuali oneri connessi»;
Totale: 4 milioni di euro.


«La collaborazione a titolo gratuito» dei componenti dell'organismo anti-fannulloni (a proposito: chi saranno i predestinati?) avrebbe portato un discreto risparmio alle casse pubbliche e sarebbe stata in linea con il taglio delle consulenze pubbliche, una delle battaglie su cui Brunetta più si è speso dall'inizio della legislatura.


il Riformista di mercoledì 19 novembre 2008, pagina 7

Un ringraziamento particolare per questo articolo a NOEMI POLITI.

La Chicchetta - 41

venerdì 21 novembre 2008

IL CORAGGIO DELLA MENZOGNA

alla fine di una serata che sembrava concludersi come le altre, ecco finalmente emergere dalla tanto vituperata TV una verità finora negata. Infatti Silvio Berlusconi telefona a Ballarò, la trasmissione di Giovani Floris su Raitre, che ospita il leader della Cgil Guglielmo Epifani, per rilasciare una sua dichiarazione sull’attacco di Di Pietro che gli aveva dato nel pomeriggio del “corruttore politico”, finendo poi per dare la sua versione della vicenda che da giorni agita il mondo del sindacato: la cena dei leader di Cisl e Uil Palazzo Grazioli con il premier, che Bonanni e Angeletti negano sia mai avvenuta. ''Nessuna cena, nessun incontro conviviale. L'incontro c'è stato ma non è stato a casa mia - è la spiegazione fornita dal premier - e' stato un incontro rapido nella sede di Forza Italia al quale io sono stato invitato e del quale non sapevo nulla fino a mezzora prima''. Di fronte a questa affermazione, simile a quella altrettanto inverosimile resa anni prima sulla propria iscrizione alla Loggia P2, fatta, a suo dire, a sua insaputa, il pubblico rumoreggia e ride. Qualcuno dagli spalti fa persino cucù, come aveva fatto nella mattinata Berlusconi alla Merkel, nascondendosi dietro ad un monumento, nel vertice Italo-tedesco. E, probabilmente questo a far infuriare il premier. Quando mente spudoratamente guai a dire che te ne sei accorto! Un po’ come se ad un prestidigitatore mentre si sta esibendo gli dici che hai capito il trucco. Guglielmo Epifani protesta, parlando con il premier in diretta telefonica e sostiene ''non si fa così, serve trasparenza e lei avrebbe dovuto sentire la mancanza di un grande sindacato come la Cgil''.
''Trovo del tutto fuori luogo questa osservazione - ribatte Berlusconi - alzando sempre più la voce - la vita politica è fatta di molteplici incontri con i singoli e con le parti. L'incontro di cui parliamo era di questo tipo, ne ho avuti diversi altri''. ( Con Villari forse? Con qualche esponente del Pd di estrazione dalemiana?) E continua. ''Gli incontri ufficiali con i sindacati avvengono invece nella sede del governo, nella sala Verde - prosegue il premier - e a questi la Cgil è sempre stata invitata''. Berlusconi aggiunge per esempio che sul caso Alitalia ''per sette volte Epifani invitato non si è presentato'' per far fallire la trattativa su mandato della sinistra. E mentre Epifani smentisce protestando un “ .. ma che sta dicendo! Ma quando mai?!” Berlusconi ormai fuori controllo aggiunge inviperito ''Non le permetto di fare dichiarazioni che non rappresentano la realtà e non ho bisogno della sua autorizzazione per fare i miei incontri''. Alzando sempre più la voce, di fronte alle rimostranze di Epifani, prima di mettere giù la cornetta, ad evitare qualche altra imbarazzante domanda da parte di Floris, il premier afferma ''e allora ora chiederò a lei il consenso su tutto''. Poi conclude: ''Il prossimo mercoledì il Consiglio dei ministri varerà un pacchetto di misure sulla crisi finanziaria che saranno illustrate per tempo ai sindacati e lei sarà invitato a Palazzo Chigi nella sala Verde''
Dopo la sfuriata, mentre si stanno ancora depositando nelle menti dei presenti le riflessioni sulle dichiarazioni del premier, Epifani commenta. ''Intanto il presidente del consiglio ha confermato l'incontro. Ne prendo atto e quindi qualcuno ha detto qualche bugia...''.
E vediamo allora quali: ANGELETTI: "Non ho partecipato a nessuna cena. A Epifani serve questa storia soltanto per dire: incontri separati? Allora scioperi separati. Non vuole lo scambio produttività-salario, non perché gli piacciano le cose antiche, ma perché è vittima di Cremaschi, dei metalmeccanici e dell'ala massimalista della sua organizzazione, che gli fa scegliere una deriva bolscevica". BONANNI: "Per quanto mi riguarda non c'è stata nessuna cena, se c'è stata non mi hanno chiamato, se mi avessero chiamato ci sarei andato". Il cronista allora domanda "Alcuni cronisti l'hanno vista lasciare Palazzo Grazioli da un'uscita secondaria". "Si saranno sbagliati, non ero io, a quell'ora ero a Porta a Porta". (Che però si registra di pomeriggio. Una risposta da bugiardo consapevole o da scemo inconsapevole. Scegliete voi).
Non avevano fatto i conti con la sincerità estemporanea che caratterizza spesso il loro leader supremo, l'uomo dalle cui labbra, ormai si è capito, pendono notte e dì, il nostro premier Silvio Berlusconi. Ma indipendentemente da dove è avvenuto veramente l’incontro, se a casa di Berlusconi o alla Sede di Forza Italia, l’incontro c’è stato, ed i nostri due massimi esponenti della CISL e della UIL, ormai ufficialmente sbugiardati e “sputtanati”, ci sono entrati ed usciti dalla porta di servizio. Che si chiama così, se permettete un pò di etimologia, perché dai palazzi padronali i servi non uscivano dalla porta principale. Faceva poco fico. Per le faccende del padrone uscivano dalla porta sul retro, chiamata per questo “porta di servizio”. Ecco, appunto come SERVI. Ora ci escono finti-sindacalisti dalle riunioni segrete con i membri del governo e di CONFINDUSTRIA o finti-oppositori.
Ora diventa più facile spiegare perché questi sindacati, nelle mani di questi finti-sindacalisti, possano fare accordi a ribasso. Scusate, sono servi di un padrone! Non sono più i tutori di categorie di lavoratori. Si sono fatti comperare da quello che Di Pietro, nel pomeriggio di ieri, ha definito “corruttore politico” ed il prezzo è stato proporzionale al valore di mercato. Che sono gli iscritti che rappresentano. Cioè a Berlusconi è bastato comperare, come gli riesce facilmente, due persone per avere dalla sua un nucleo dirigente e milioni di lavoratori. Che solo per questo motivo prenderanno quella miseria di 40 euro netti al mese ed un contratto capestro a perdere, di potere d’acquisto e di diritti. O pensate veramente che, se CISL e UIL, su questa partita avessero tenuto il punto, insieme a CGIL ed alle altre OO.SS. di base, si sarebbe veramente firmato un accordo così?!
Oltre a subire il furto sul nostro salario accessorio…?!
Il valore di mercato? L’ho detto nei giorni scorsi. Massimi dirigenti CISL e UIL commissari negli Enti bilaterali, come Tarelli. Scuole di formazione e quindi milioni di euro – pagati con quanto risparmiano sui nostri contratti – per le organizzazioni sindacali UIL e CISL. Non per i lavoratori iscritti! Ma per l’organizzazione! Per gli uomini – pardon, i quaquaraquà – che le dirigono.
Ecco perché sta a voi, iscritti alla CISL ed alla UIL, far cambiare il prezzo del mercato. Sta solo a voi, con la vostra protesta, restituendo le vostre tessere, facendo tutto quello che potete come persone aderenti ad una organizzazione, far cambiare le regole di questo mercato, avvenuto sulla vostra testa e sulla vostra pelle, svendendo i vostri diritti. Lo vedete anche voi. Sono dei bugiardi. Niente di più. Uomini che passano la vita a prendere in giro i lavoratori che dichiarano di difendere. Uomini che con le loro dichiarazioni da mentitori patentati fanno fare una grossissima figura di m… anche ai quadri sindacali ed RSU che rappresentano i loro sindacati nei posti di lavoro, che almeno in questa storia colpe non ne hanno di certo. Anzi, molti loro hanno partecipato ai nostri scioperi sfilando in protesta anche con le loro bandiere. E’ l’unica strada. Quella che dalla base fa capire che i lavoratori CISL e UIL non sono entrati con Bonanni ed Angeletti da quella porta di servizio, perché non sono servi, come chi indegnamente li rappresenta.
I lavoratori dipendenti non sono una servitù del governo. Hanno quella dignità e quel coraggio che né Angeletti né Bonanni hanno mostrato. Che non è il coraggio della menzogna, priva di pudore e di rispetto per milioni di lavoratori. Facciamo allora diminuire il loro valore di mercato, perché così solamente può aumentare il nostro.
Dignità, cari colleghi. Dignità!


Antonio Spinelli
Coordinatore Regionale CGIL Puglia

La Chicchetta - 40

giovedì 20 novembre 2008


Pigri, disonesti ma soprattutto fannulloni


Il ministro Brunetta sembra avere una vera ossessione per un genere di persone che lui definisce fannulloni. Curioso che, fra tutte i possibili tipi di persone poco attive, veda solo questa categoria, o comunque si preoccupi solo di questa. Mai sentito che si scagliasse contro i gli abulici, gli accidiosi, gli apatici, i bradipi, i catatonici, i decacontanti (quelli che prima di agire contano fino a dieci) i dormiglioni, i dormienti, i ghiri, gli imbambolati, gli imboscati, gli immobilisti, gli incantati, gli indolenti, i letargici, i mimetizzati, le marmotte, i pigri, i rallentati, i rilassati, i riflessivi, gli scioperati, i sonnacchiosi, i sognanti, gli statici. Macché, solo i fannulloni. Però obbiettivamente sta migliorando. Prima li vedeva ovunque, ma ultimamente pare che li veda solo a sinistra. In realtà ha detto che i fannulloni spesso stanno a sinistra, e questa precisazione lascia perplessi: se stanno spesso da una parte vuol dire che a volte stanno dall'altra. Si spostano. Quindi fanno qualcosa. A meno che, il fatto di vederli solo a sinistra sia un limite oculare del ministro. Qualcosa all'occhio destro. Magari un pò di miopia parziale, nel senso che è di parte. Sarebbe buffo correggerla con gli occhiali, cioè usare lenti per vedere chi sta fermo. Ma c'è un'altra possibilità che rasenta la poesia.


Capite, sarebbe fantastico se fosse un caso di occhio pigro.

La Chicchetta - 39

mercoledì 19 novembre 2008

Intervista a Berlusconi.
La battuta su Obama? "Lui stesso si è fatto una risata"
Sulle riforme: "La Bicamerale di Fini? Mi occupo di cose importanti"
"Basta con la tv che mi dileggia questa sinistra è contro l'Italia"


"Basta con questa tv che mi dileggia solo. Anche lì c'è la mano dell'opposizione. La verità è che la sinistra vuole quattro anni e mezzo di campagna elettorale. Polemizzano solo, soffiano sulla protesta. Lo stanno facendo pure con l'Alitalia. Mi insultano infischiandosene degli interessi del Paese". Silvio Berlusconi si sfoga. Punta l'indice contro il centrosinistra. Reo di provocare un clima di ostilità nei suoi confronti . Ma se la prende soprattutto con i giornali e le televisioni. Che, a suo giudizio, si esercitano in un "continuo e insopportabile dileggio". Su tutti i canali, in prima serata, ogni giorno.

Cribbio....Cribbio e ancora Cribbio.


La Chicchetta - 38

martedì 18 novembre 2008




tasse stranissime sui carburanti


Iniziò Mussolini a introdurre 1,90 lire al litro sulla benzina per finanziare la guerra di conquista dell’Abissinia nel 1935. Nel 1956 per compensare la crisi economica derivante dalla chiusura del canale di Suez. E poi il disastro del Vajont (1963), l’alluvione di Firenze (1966), il terremoto del Belice nel ’68, quello del Friuli nel ’76 e quello dell’Irpinia nell’80; ma anche le missioni militari in Libano (1983) e in Bosnia (1996); per finire - si fa per dire, perché il tema è sempre aperto - con il rinnovo del contratto degli autisti di tram e autobus del 2004. Prese singolarmente si tratta di cifre minime, nell’ordine del millesimo di euro o di 10 centesimi, eppure messe in fila una dopo l’altra, queste dieci una tantum sono diventate col passare degli anni una massa che determina un gravame complessivo di quasi 25 centesimi, un quarto di euro, che ancora oggi pesano sul prezzo finale di ogni litro di benzina.
Non basta però: c’è anche la «tassa sulla tassa». Vale a dire che su questi 25 centesimi di euro, sommati alla vera e propria imposta di fabbricazione (definita per decreti ministeriali), viene aggiunta pure l’Iva del 20%. In soldoni: ogni centesimo di aumento sul carburante comporta un maggiore introito di circa 20 milioni di euro al mese per le casse dello Stato.



L’elenco completo comprende le seguenti accise:


1,90 lire per il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935;

14 lire per il finaziamento della crisi di Suez del 1956;

10 lire per il finanziamento del disastro del Vajont del 1963;

10 lire per il finanziamento dell’alluvione di Firenze del 1966;

10 lire per il finanziamento del terremoto del Belice del 1968;

99 lire per il finanziamento del terremoto del Friuli del 1976;

75 lire per il finanziamento del terremoto dell’Irpinia del 1980;

205 lire per il finanziamento della guerra del Libano del 1983;

22 lire per il finanziamento della missione in Bosnia del 1996;

39 lire per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.

La somma di tali accise evidenzia, pertanto, una tassazione di 485,90 lire (ossia 25 centesimi di euro) per ogni litro di carburante acquistato.


La Chicchetta - 37

lunedì 17 novembre 2008

Che sbadato, mi sono perso un'atomica

Nel 1968 sono successe tante cose. Ad esempio sono andate perdute un sacco di inibizioni. Sembrava un cambiamento esplosivo, ma in effetti forse c’è stata una perdita di qualcosa di meno vistoso, ma dal potenziale notevole. Qualcuno ha perso un’altra cosuccia, solo che non lo abbiamo saputo per tutto questo tempo. Più esattamente l’aeronautica statunitense ha smarrito una bomba atomica. Non in un posto vicino, è capitato in Groenlandia. È precipitato un bombardiere B52, che portava 4 ordigni atomici, e pur cercando molto bene son venute fuori solo 3 bombe. La quarta, non si sa dove sia finita. Cioè, si sa che è in mare, da qualche parte. Non ci hanno detto mai nulla per non farci preoccupare. Una forma di premura. Occhio non vede, bomba non duole. E comunque il Pentagono non vuole. Pare che non ci siano problemi. Esplodere non è esplosa, lo avremmo saputo, forse. Chissà se avrà già fatto prendere un grosso spavento a qualche pescatore. Tipo «Non so cosa sia questa cosa nella rete, ma io i merluzzi fosforescenti non li mangio». Sembra che aver smarrito l’ordigno non abbia causato cambiamenti nel tran tran della guerra fredda. A quanto pare perdere un’atomica è come smarrire la chiave di casa. Magari non ti ci disperi, se ne hai molte altre copie che fanno lo stesso lavoro.
Ma può essere un grosso, grossissimo guaio se la trova la persona sbagliata.

La Chicchetta - 36

venerdì 14 novembre 2008


E’ facile prevederlo quando l’anfitrione non è, come nel film famoso, Spencer Tracy, bensì l’attuale presidente del Consiglio. E così a restare fuori dall’incontro tra governo e sindacati è stato Guglielmo Epifani, il leader del sindacato maggiormente rappresentativo. E con lui Renata Polverini che pur essendo di destra ama mostrarsi poco docile. E’ un già visto. L’altra volta finì in un patto scritto sulla sabbia. L’ambizione è sempre quella: spaccare i sindacati. Eppure l’incontro era stato chiesto da tutti e tre: Cgil Cisl e Uil. Non per qualche mancia. Per interventi urgenti su salari, pensioni, precari, tariffe, prezzi. Stupisce – salvo smentite – la discreta compiacenza di Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Hanno accelerato la rottura sindacale. Devono aver detto: C’è la recessione? L’Italia sta per affrontare una crisi dura? Vediamoci tra noi. Lasciamo fuori la Cgil. Spingiamola a proclamare lo sciopero generale. Facciamo il sindacato di centrodestra e il sindacato di centrosinistra. Un sondaggio di Renato Mannheimer spiegava nei giorni scorsi di come il sindacato stia perdendo autorità e prestigio. Queste cene per pochi eletti rischiano di far lievitare le percentuali negative. C’è attorno un disagio profondo. L’Alitalia è uno specchio ma si moltiplicano i casi di crisi aziendali. Con un governo capace solo di rigurgiti autoritari poco produttivi, una dissennata frammentazione sindacale che solo una legge sulla rappresentanza potrebbe dissipare. Sarebbe necessario aiutare non la divisione sindacale ma il suo contrario. Non è una cosa da nostalgici. L’alternativa al sindacato unito, non è la sana competizione, come dice qualche amico.

E’ la giungla, il caos. Occorre reagire. Lo sciopero generale della Cgil può essere un segnale, una scossa. Per tutti.


La Chicchetta - 35

giovedì 13 novembre 2008


La chicchetta di oggi è un pò lunga...ma, credetemi leggerla (meditare) fino in fondo arricchisce notevolmente i nostri martoriati organi intestinali.

Le uscite nel 2008 sono salite di 13 milioni. Colpa dei nuovi vitalizi.
I Palazzi del potere hanno aumentato le spese Dalle agende alle liquidazioni, sprechi e privilegi.
Nelle bellissime agende da tavolo e agendine da tasca del Senato, appositamente disegnate per il 2009 dalla fashion house Nazareno Gabrielli, tra i 365 giorni elegantemente annotati ne manca uno. Il giorno con il promemoria: «Tagli ai costi della politica». A partire, appunto, dal costo delle agendine: 260.000 euro. Mezzo miliardo di lire. Per dei taccuini personalizzati. Più di quanto costerebbero di stipendio lordo annuo dodici poliziotti da assumere e mandare nelle aree a rischio. Il doppio, il triplo o addirittura il quadruplo di quanto riesce a stanziare mediamente per ogni ricerca sulla leucemia infantile la Città della Speranza di Padova, la struttura che opera grazie a offerte private senza il becco di un quattrino pubblico e ospita la banca dati italiana dei bambini malati di tumore.
Sentiamo già la lagna: uffa, questi attacchi alle istituzioni democratiche! Imbarazza il paragone coi finanziamenti alle fondazioni senza fini di lucro? Facciamone un altro. Stando a uno studio del professor Antonio Merlo dell’Università della Pennsylvania, che ha monitorato gli stipendi dei politici americani, quelle agendine costano da sole esattamente 28.000 euro (abbondanti) più dello stipendio annuale dei governatori del Colorado, del Tennessee, dell’Arkansas e del Maine messi insieme. È vero che quei quattro sono tra i meno pagati dei pari grado, ma per guidare la California che da sola ha il settimo Pil mondia-le, lo stesso Arnold Schwarzenegger prende (e restituisce: «Sono già ricco») 162.598 euro lordi e cioè meno di un consigliere regionale abruzzese.
Sono tutti i governatori statunitensi a ricevere relativamente poco: 88.523 euro in media l’anno. Lordi. Meno della metà, stando ai dati ufficiali pubblicati dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, degli emolumenti lordi d’un consigliere lombardo. Oppure, se volete, un quarto di quanto guadagna al mese il presidente della Provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder, che porta a casa 320.496 euro lordi l’anno. Vale a dire quasi 36.000 euro più di quanto guadagna il presidente degli Stati Uniti.(…) Se è vero che non saranno le agendine o i menu da dieci euro a portare alla rovina lo Stato italiano, è altrettanto vero però che non saranno le sforbiciatine date dopo il deflagare delle polemiche a raddrizzare i bilanci d’un sistema mostruosamente costoso. Né tanto meno a salvare la cattiva coscienza del mondo politico. Certo, l’abolizione dell’insopportabile andazzo di un tempo, quando bastava denunciare la perdita o il furto di un oggetto per avere il risarcimento («Ho perso una giacca di Caraceni». «Prego onorevole, ne compri un’altra e ci porti lo scontrino»), è un’aggiustatina meritoria. Come obbligati erano la soppressione a Palazzo Madama del privilegio del barbiere gratuito e l’avvio di un nuovo tariffario (quasi) di mercato: taglio 15 euro, taglio con shampoo 18, barba 8, frizione 6… E così la cancellazione del finanziamento di 200.000 euro per i corsi di inglese che non frequentava nessuno. E tante altre cosette ancora. Un taglietto qua, una limatina là… (…) Sul resto, però, buonanotte. L’andazzo degli ultimi venti anni è stato tale che, per forza d’inerzia, i costi hanno continuato a salire. Al punto che i tre questori Romano Comincioli (Pdl), Benedetto Adragna (Pd) e Paolo Franco (Lega Nord), nell’estate 2008, hanno ammesso una resa senza condizioni scrivendo amaramente nel bilancio: «Non è stato possibile conseguire l’obiettivo di inversione dell’andamento della spesa in proposito fissato dal documento sulle linee guida».
Risultato: le spese correnti di Palazzo Madama, nel 2008, sono salite di quasi 13 milioni rispetto al 2007 per sfondare il tetto di 570 milioni e mezzo di euro. Un’enormità: un milione e 772.000 euro a senatore. Con un aumento del 2,20 per cento. Nettamente al di sopra dell’inflazione programmata dell’ 1,7 per cento.
Colpa di certe spese non facilmente comprensibili per un cittadino comune: 19.080 euro in sei mesi per noleggiare piante ornamentali, 8.200 euro per «calze e collant di servizio» (in soli tre mesi), 56.000 per «camicie di servizio » (sei mesi), 16.200 euro per «fornitura vestiario di servizio per motociclisti ». Ma soprattutto dei nuovi vitalizi ai 57 membri non rieletti e dei 7.251.000 euro scuciti per pagare gli «assegni di solidarietà» ai senatori rimasti senza seggio. Come Clemente Mastella. Il cui «assegno di reinserimento nella vita sociale» (manco fosse un carcerato dimesso dalle patrie galere) scandalizzò anche Famiglia Cristiana che gli chiese di rinunciare a quei 307.328 euro e di darli in beneficenza. Sì, ciao: «La somma spetta per legge a tutti gli ex parlamentari». Fine.
Grazie alle vecchie regole, il «reinserimento nella vita sociale» di Armando Cossutta è costato 345.600 euro, quello di Alfredo Biondi 278.516, quello di Francesco D’Onofrio 240.100. Un pedaggio pagato, ovviamente, anche dalla Camera. Dove Angelo Sanza, per fare un esempio, ha trovato motivo di consolazione per l’addio a Montecitorio in un accredito bancario di 337.068 euro. Più una pensione mensile di 9.947 euro per dieci legislature. Pari a mezzo secolo di attività parlamentare. Teorici, si capisce: grazie alle continue elezioni anticipate, in realtà, di anni «onorevoli » ne aveva fatti quattordici di meno.
Un dono ricevuto anche da larga parte dei neo-pensionati che erano entrati in Parlamento prima della riforma del 1997 e come abbiamo visto si erano tirati dietro il privilegio di versare con modica spesa i contributi pensionistici anche degli anni saltati per l’interruzione della legislatura. Come il verde Alfonso Pecoraro Scanio, andato a riposo a 49 anni appena compiuti con gli 8.836 euro al mese che spettano a chi ha fatto 5 legislature pur essendo stato eletto solo nel 1992: 16 anni invece di 25. Oppure il democratico Rino Piscitello: 7.958 euro per quattro legislature nonostante non sia rimasto alla Camera 20 anni ma solo 14. Esattamente come il forzista Antonio Martusciello. Che però, con i suoi 46 anni, non solo ha messo a segno il record dei baby pensionati di questa tornata ma ha trovato subito una «paghetta» supplementare come presidente del consiglio di amministrazione della Mistral Air: la compagnia aerea delle Poste italiane.
C’è poi da stupirsi se, in un contesto così, le spese dei Palazzi hanno continuato a salire? Quirinale, Senato, Camera, Corte costituzionale, Cnel e Csm costavano tutti insieme nel 2001 un miliardo e 314 milioni di euro saliti in cinque anni a un miliardo e 774 milioni. Una somma mostruosa. Ma addirittura inferiore alla realtà, spiegò al primo rendiconto Tommaso Padoa-Schioppa: occorreva includere correttamente nel conto almeno altri duecento milioni di euro fino ad allora messi in carico ad altre amministrazioni dello Stato. Ed ecco che nel 2007 tutti gli organi istituzionali insieme avrebbero pesato sulle pubbliche casse per un miliardo e 945 milioni. Da aumentare nel 2008 fino a un miliardo e 998 milioni. A quel punto, ricorderete, nell’ottobre 2007 scoppiò un pandemonio: ma come, dopo tante promesse di tagli, il costo saliva di altri 53 milioni di euro, pari circa al bilancio annuale della monarchia britannica? Immediata retromarcia. Prima un ritocco al ribasso. Poi un altro. Fino a scendere a un miliardo e 955 milioni. «Solo» dieci milioncini in più rispetto al 2007. Col Quirinale che comunicava gongolante di aver tagliato, partendo dai corazzieri (lo specchietto comunemente usato per far luccicare gli occhi delle anime semplici), il 3 per mille. Certo, era pochino rispetto ai tagli del 61 per cento decisi dalla regina Elisabetta, però era già una (piccola) svolta…
Bene: non è andata così. Nell’assestamento di bilancio per il 2008 i numeri hanno continuato a salire e salire fino ad arrivare il 13 agosto a 2 miliardi e 55 milioni di euro. Cento milioni secchi più di quanto era stato annunciato in un tripudio di bandiere che sventolavano per festeggiare i «tagli». Risultato finale: l’aumento che avrebbe dovuto essere virtuosamente contenuto nello 0,5 per cento si è rivelato di almeno il 5,6: undici volte più alto.
fonte: Corriere della Sera


Un ringraziamento particolare per la segnalazione dell'articolo a Enza Lodato.





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