La Chicchetta - 178

mercoledì 29 luglio 2009

Corri che ti passa (ma in Italia no)

Corri che ti passa, consiglia il "Wall Street Journal" a chi sente i morsi della crisi, e soprattutto a chi ha perso il lavoro. Ma per gli italiani è un pò più difficile. Provateci voi, a correre con un fardello di quasi 30 mila euro sulle spalle. Perché a tanto ammonta il debito che ciascun cittadino del Belpaese, suo malgrado, contrae e si porta appresso dalla culla alla bara. Secondo gli ultimi dati della Banca d'Italia, a maggio il debito pubblico ha raggiunto quota 1.752 miliardi e 188 milioni di euro. Di mese in mese, si macinano nuovi record negativi, che riportano i conti pubblici verso il baratro dei primi anni '90 quando sfiorammo, allegramente inconsapevoli, la bancarotta argentina. Per un debito che esplode, ci sono le entrate che implodono: anche a maggio l'ennesima contrazione del 3,2 per cento, il che vuol dire che sono andati in fumo, da un anno all'altro, oltre 5 miliardi di euro. Crisi economica, certamente. Calo dei gettiti derivante dalla contrazione delle attività produttive, senz'altro. Ma anche, ormai è chiaro, aumento dell'evasione fiscale, incentivata da una dissennata politica del doppio binario: bastone minacciato (attraverso improbabili Global Legal Standard e inverificabili chiusure ai paradisi tributari) e carota assicurata (attraverso scudi che nascondono condoni e semplificazioni che si traducono in esenzioni). E in queste condizioni noi dovremmo correre? Può funzionare in America, forse. Il "Wall Street Journal", appunto, ha fatto una curiosa inchiesta. Mettendo in parallelo i risultati delle grandi maratone internazionali e gli andamenti dell'economia, ha scoperto che nelle fasi di crisi più acuta, come quella che stiamo vivendo e che è iniziata nel 2008, le performance degli atleti sono state assai migliori che in passato. La tesi è che il disoccupato ha più tempo per allenarsi, e in qualche caso è anche meno stressato del corridore che lavora e deve difendere quotidianamente il posto dalle minacce della recessione. La tesi è suggestiva, ma per noi tutt'altro che consolatoria. Con questi drastici peggioramenti nei saldi della finanza pubblica e con questi chiari di luna sulla congiuntura, che promette un settembre nero per molte imprese a corto di ordini e di liquidità, la corsa non è una risorsa. Serve un premier che ricominci a occuparsi del governo del Paese, più che dell'organizzazione delle sue nottate. Serve un ministro che ricominci a occuparsi più dell'economia, e un pò meno della filosofia. "Qualcuno con cui correre" era il titolo di un bellissimo libro di David Grossman di qualche anno fa.

Non vorremmmo scoprirci ad essere una moltitudine, nell'autunno caldo che verrà.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 177

lunedì 27 luglio 2009

Le "escort" e la crociata antievasione

Se l'è chiesto perfino l'Economist: ma le escort invitate a Palazzo Grazioli dall'"utilizzatore finale" Berlusconi, e regolarmente retribuite per i loro "servizi" dall'"organizzatore serale" Tarantini, hanno pagato le tasse oppure no? L'interrogativo sembra stupido, ma non lo è affatto. Nel loro piccolo, come hanno notato due fior di economiste (Silvia Giannini e Maria Cecilia Guerra) "anche questi sono problemi, di non poco conto, di moralità pubblica". Soprattutto nel momento in cui il capo del governo e i suoi ministri si lanciano in campagne poco credibili contro l'evasione fiscale. Dunque Patrizia d'Addario e Barbara Montereale, tra le altre, hanno spiegato ai giornali e ai magistrati di Bari che la "tariffa" per una serata in compagnia del premier ammontava a 1.000 euro, che diventavano 2.000 se la "prestazione" si protraeva per l'intera nottata. Ora - scrivono Giannini e Guerra "se le ragazze hanno partita Iva, avrebbero dovuto rilasciare regolare fattura e addebitare all'acquirente l'Iva del 20%. Dovrebbero poi dichiarare nella denuncia Irpef il reddito così percepito. Se invece il provento fosse stato corrisposto a fronte di prestazioni occasionali (o attività illecite come la prostituzione) l'Iva non sarebbe dovuta, ma il reddito andrebbe comunque dichiarato nella categoria "redditi diversi" ai fini Irpef". Che farà la Guardia di Finanza, che sta indagando sul caso? Andrà a verificare se a Villa Certosa o nell'adiacente residenza sarda di "Gianpi" è rimasta traccia di qualche fattura? Verificherà l'avvenuto versamento delle imposte nell'Irpef, ed eventualmente inoltrerà le cartelle esattoriali alle escort inadempienti? Sarebbe utile saperlo. In nome e per conto di quei poveri cristi di italiani a reddito fisso che pagano le tasse in busta paga fino all'ultimo centesimo. Contro gli evasori non basta fare la "faccia feroce". Bisogna picchiare duro. Anche quando l'evasione non si nasconde nella "caverna di Ali Babà" (come dice Giulio Tremonti) ma nel salone di casa del presidente del Consiglio.



By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 176

venerdì 24 luglio 2009

Superrottamazione



Con il trascorrere degli anni è quasi normale che si perdano illusioni e che le speranze si riducano ad un livello meramente fisiologico..è il gioco della vita; alla fine, rimangono poche e solide certezze, ma nella società attuale, quella in cui si è costretti a confrontarsi, anche quelle, vengono di fatto smantellate. Leggevo ieri un articolo su “Italia Oggi” dal titolo inequivocabile “Super rottamazione degli statali” e ho realizzato in un colpo solo che , dopo avermi chiamata fannullona, dopo avermi penalizzata economicamente perché usufruisco della legge 104 e perché partecipo alle assemblee sindacali, oggi mi stanno togliendo perfino il piacere di poter dire che l’anno prossimo andrò in pensione perché ho raggiunto i fatidici 40 anni contributivi; infatti, arrivata a tale traguardo, ci spiega Giovanni Galli nel suo articolo, l'amministrazione potrà "rottamarmi"...come un qualsiasi vecchio utensile arrugginito... ma la cosa che mi disturba di più è il peso di certe parole .. e l'uso che ne viene fatto a dimostrazione della forza "machista" di un potere arrogante e maleducato e di una stampa asservita, che non hanno rispetto della gente comune che lavora da una vita. E pensare che, nonostante mi ritenga una persona vivace che lavora ancora con piacere, non vedo l’ora di lasciare.. ma il solo pensiero che ci possa essere un qualsiasi burocrate che si prenda il diritto di rottamarmi non appena sarà possibile, mi fa imbufalire terribilmente. Sono una persona consapevole e non ho bisogno di suggeritori per capire che il tempo è passato… e che per questo ho perso l’occasione per frequentare Palazzo Grazioli o Villa Certosa.. e che non potrò avere il piacere di riprendermi col telefonino nei bagni lussuosi di un appartamento istituzionale.. e tantomeno di provare le molle del lettone di Putin ... e , cosa gravissima, mai potrò godere da vicino delle " beltà armate” del ministro ceco. Nonostante tutto, sono fiera del mio aspetto un po’ stropicciato e pertanto, non delego a nessuno la soddisfazione di urlare al mondo intero che mi sono rotta le palle di lavorare all'Inpdap e che conto i giorni, come in un calendario dell'avvento, che mi restano per maturare il limite massimo di servizio, quando finalmente ME NE ANDRO’ DA SOLA senza bisogno che l'amministrazione si scomodi ad aprirmi la porta, perché il nostro istituto fa pendant con questo paese e con il governo che si è scelto.

Mariangela Romanelli

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 175

giovedì 23 luglio 2009

Quelle pale non devono girare

La bozza presentata dal ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola prevede per gli impianti solari ed eolici una tale ridda di studi e divieti da rischiare di affossare l'energia verde in Italia

Finalmente il governo ha deciso di regolare severamente le fonti di energia che, evidentemente, considera deleterie per il nostro Paese. Carbone e nucleare? No, vento e sole. Le linee guida alla legge 387 del 2003 dovevano servire, su richiesta europea, a unificare e rendere più veloce l'iter per la realizzazione di impianti a energie rinnovabili, oggi regolato a livello regionale. Ma la bozza presentata dal ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, prevede per gli impianti solari ed eolici, al di sopra rispettivamente di 20 e 60 kW, una tale ridda di studi, pareri e divieti, da rischiare di affossare l'energia verde in Italia. "Sono norme più rigide di quelle previste per le fonti non rinnovabili", hanno commentato gli industriali dell'eolico. Per installare turbine eoliche, per esempio, si prevedono studi finanziari, tecnici, sanitari, naturalistici, climatici, paesaggistici, idrogeologici e persino sociali e per loro sono comunque off limits ben 14 tipi diversi di territorio, comprese, chissà perché, le aree ad agricoltura biologica e Doc. "Con queste regole", spiega l'ingegnere energetico Alex Sorokin, "tempi e costi di installazione, già più alti in Italia che in Germania o Spagna, aumenterebbero ancora. Speriamo che le regioni, quando valuteranno questa bozza, la riportino allo spirito originale:

rendere cioè la vita più facile, non più difficile, a chi vuole produrre energia rinnovabile".


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 174

mercoledì 22 luglio 2009

Pensionati e dipendenti. Più ricchi di padroni e società

I conti in tempi di crisi non tornano mai, ma se la crisi non c’è e il risultato è lo stesso allora a non tornare non sono i conti ma qualcos’altro. Ristoratori che guadagnano come i pensionati tra i 14.500 e i 13.500 euro l’anno. Commercianti, al pari dei propri dipendenti, che dichiarano non più di 19mila euro lordi. Imprenditori edili remunerati come insegnanti alla prima nomina. Piccole aziende che incassano redditi da fame non superiori a 17mila euro all’anno. Quella che emerge dalla lettura delle dichiarazioni fiscali del 2008 diffuse domenica dal dipartimento fiscale del ministero dell’Economia e riferite al 2007, a prima cioè dell’epidemia finanziaria, è un’Italia ridotta al lastrico, senza risorse né energie. Le sintesi, come sempre, non offrono una fotografia pienamente corrispondente dei fenomeni, ma analizzando i dati del fisco e facendo i dovuti raffronti emergono contraddizioni che non potevano non suscitare polemiche: «I dati emersi sono scandalosi, i redditi dichiarati non sono credibili» è stata l’accusa dei rappresentanti dei consumatori che ora chiedono interventi contro l’evasione fiscale. «L’ interpretazione dei dati è artefatta e distorta per criminalizzare autonomi e commercianti» è stata la risposta delle associazioni di categoria. Come spiegare allora che il reddito medio degli imprenditori della categoria “servizi di alloggio e di ristorazione” è in media di 14.597 euro, che crolla a 13.545 euro per 100mila su 120mila imprenditori del settore che hanno optato per una forma societaria che consente la contabilità semplificata? Un guadagno praticamente di soli 97 euro lordi in più dei pensionati che hanno dichiarato nello stesso anno 13.448 euro a persona. Poco meno di un lavoratore dipendente che mediamente in Italia, dichiara sui 19.335 euro l’anno. Molto meno di un lavoratore autonomo la cui dichiarazione dei redditi, invece, si attesta sui 37.124 euro, grazie però al contributo offerto da professionisti e medici di dichiarata fama che ne alzano la media. Ma “particolare” è soprattutto la situazione delle mini società che rappresentano la stragrande maggioranza del tessuto produttivo italiano, di quel “made in Italy” di cui andiamo fieri, e che in media hanno dichiarato meno di 17.007 euro: pari a uno stipendio mensile da 1.400 euro lordi. Una galassia variegata in cui vi rientrano soprattutto gli operatori del settore del commercio dove, la media di reddito si attesta su 19.795 euro, ma che crolla appunto a 17.507 euro (come un metalmeccanico con dieci anni di esperienza) per le 672mila società all’ingrosso e al dettaglio che applicano la contabilità semplificata. Delle costruzioni, dove gli imprenditori guadagnano meno di un maestro elementare in prima nomina, con 20.317 euro che scende a 18.582 euro per le 380mila società “semplificate”. Del trasporto, (82mila), con redditi che si attestano sui 16.837 euro di reddito di media e che, come al solito, per la formula “semplificata” scende a 15.468 euro. E meglio non è andata per gli agenti immobiliari, nonostante l’alto prezzo degli immobili (sui quali applicano le provvigioni) e dove la media dichiarata dal settore è stata di 21.596 euro: 11.759 euro per i circa 1.000 agenti immobiliari, lavoratori autonomi, e 17.507 euro per le 672mila società con la formula della contabilità semplificata. Sopra la media, rimangono solamente i lavoratori autonomi, professionisti (561mila tra notai, avvocati, commercialisti a geometri) che dichiarano in media 36.369 euro, i medici e sanitari (218mila) che dichiarano 44.205 euro lordi l’anno, gli artisti e gli sportivi con in media 24.800 euro dichiarati (12.574 per le società in contabilità semplificata e 32.027 per chi stacca le ricevute come lavoratore autonomo).


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 173

martedì 21 luglio 2009

Cemento, soldi e compiacenza. Ecco le vere calamità naturali

Una pioggia intensa, violenta di poche ore e l’Italia ricade nella paura. E le conseguenze sono drammatiche. Con un bilancio che registra, ancora una volta, delle vittime. Innocenti. Due morti a Borca di Cadore, in Veneto, per lo smottamento di una strada causato dal maltempo, che allungano un interminabile elenco che, diciamola tutta, non è frutto di calamità naturali, di tragedie attribuibili al “destino cinico e baro” ma di disastri provocati da decenni nei quali il nostro Belpaese gli equilibri ambientali, la sicurezza dei cittadini sono stati sacrificati in modo sistematico al saccheggio del territorio, a soldi spesi male, a realizzazione di opere pubbliche spesso inutili, vere cattedrali nel deserto che in molti casi hanno solo arricchito le organizzazioni criminali, tralasciando quelle opere necessarie di manutenzione del territorio. Sono sotto gli occhi di tutti gli effetti dei cambiamenti climatici in atto che hanno incrementato i fenomeni di dissesto idrogeologico nel nostro Paese e, di conseguenza, hanno aumentato il livello di rischio. Secondo gli ultimi dati della Conferenza sui cambiamenti climatici del 2007, è diminuito del 10 per cento il numero dei giorni piovosi annui ed è aumentata del 5 l’intensità, cioè la quantità di pioggia che in media cade in un solo giorno piovoso. Nel secolo scorso si sono registrati oltre 10mila tra vittime, feriti, dispersi, 350mila tra senzatetto e sfollati, migliaia di abitazioni e centinaia di chilometri di strade e ferrovie distrutte o danneggiate. Coinvolgendo tutte le regioni d’Italia. Nessuno escluso. E, davanti a queste cifre, le parole, i proclami e le buone intenzioni non servono più. Contano i fatti. Troppe cose in questi anni non hanno funzionato. Quello che è successo nel Nord Italia non è attribuibile alla pioggia. La responsabilità di questi eventi luttuosi, dei danni, della melma e del fango che mettono a repentaglio vite umane e mettono a rischio case e strade e quant’altro va ricercato anche in altro: nel dissesto idrogeologico, nella devastazione selvaggia del territorio, nella cementificazione degli argini, nelle escavazioni selvagge che modificano il disegno dell’alveo, nell’abusivismo dilagante. E in interventi operati nel passato che hanno causato solo una dissipazione di risorse economiche seguendo la vecchia logica di privilegiare alcuni interessi economici, sacrificando l’ambiente e la sicurezza idrogeologica. In questi anni, la politica bipartisan, i governi che si sono succeduti, non hanno mai considerato il risanamento idrogeologico e la manutenzione ordinaria del territorio le prime e prioritarie grandi opere pubbliche di cui ha bisogno il nostro Paese. Un piano del territorio da cui possono venire qualità ambientale e lavoro. Per una nuova cultura del suolo e del suo utilizzo. Una grande opera pubblica necessaria per evitare, in futuro, altre tragedie e garantire qualità e sicurezza nella vita quotidiana dei cittadini. Per dire una volta per sempre ”Basta” con l’Italia della paura.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 172

lunedì 20 luglio 2009

L’ecomafia indica Nord

L’ecomafia dei rifiuti ha messo solidi radici nel Nord Italia. La scorsa settimana il Corpo forestale dello Stato ha concluso l’operazione “Ecoterra” contro un traffico illecito di rifiuti tossici fra aziende di Trentino, Lombardia e Friuli. Un’inchiesta lunga sei mesi, che ha confermato come i pusher delle scorie scorazzino al Nord come al Sud per risparmiare i costi del corretto smaltimento, simulando trattamenti, falsificando documenti, compiendo miscelazioni illegali, spacciando sostanze velenose. Un gioco delle tre carte dove chi viene fatta fessa è la salute dell’ambiente e dei cittadini. è difficile quantificare i danni prodotti. L’inchiesta, condotta dal personale del Comando provinciale di Vicenza, ha scoperto - come recita il comunicato del Cfs - «un traffico di migliaia di tonnellate di scorie di acciaieria, illecitamente utilizzate come tali o miscelate con terreno e rifiuti derivanti da vagliatura di inerti. I rifiuti venivano poi utilizzati come materiale per coperture di discariche o come terreno vergine destinato a bonifiche agrarie». I risultati investigativi hanno portato all’arresto di due imprenditori trentini, alla perquisizione di numerose ditte e al sequestro di due discariche. Coinvolti anche i titolari di ditte specializzate nel trasporto e nel recupero di rifiuti non pericolosi e nella gestione di discariche e bonifiche agrarie, tra cui il direttore dello stabilimento delle Acciaierie Valsugana di Borgo Valsugana. L’altro destinatario della misura cautelare dell’obbligo di firma, lavorava, invece, presso un impianto di recupero dei rifiuti e gestiva le discariche facenti capo alla ditta del figlio. Le perquisizioni hanno interessato anche due laboratori di analisi che effettuavano, falsificando i dati, gli accertamenti tecnici sulle caratteristiche dei materiali oggetto del traffico: «Un’attività continuata e articolata di gestione di rifiuti - principalmente scorie di acciaieria - smaltiti illecitamente ». Il Trentino non è nuovo a fatti del genere: nel dicembre scorso, un’altra inchiesta, durata 11 mesi, ha portato a otto ordinanze di custodia cautelare e al sequestro di due aziende per traffico illecito di circa 123mila tonnellate di residui di lavorazione di acciaierie, cartiere e limi di marmo. Scorie che finivano in una cava dimessa del Monte Zaccon, in Valsugana. Un affare criminale degno della peggior “cricca” ecomafiosa, che si serviva anche di un laboratorio di analisi per falsificare risultati e formulari e che ha fruttato qualcosa come un milioni di euro. Resta solo da aggiungere che di inchieste contro il malaffare della “Rifiuti Spa” dal 2002 a oggi, ossia dall’entrata in vigore del delitto di attività organizzata per il traffico di rifiuti (unico delitto ambientale in Italia) sono state ben 135, con 857 ordinanze di custodia cautelare, 2.425 persone denunciate e 581 aziende coinvolte di tutta Italia.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 171

venerdì 17 luglio 2009


Paesi poveri: 20 miliardi di dubbi


"Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni.". È una parola. Se il precetto del "Gotha" marxiano fosse realmente perseguibile, saremmo nel paradiso terrestre e non in una valle di lacrime. Purtroppo la mitizzata redistribuzione delle risorse è concetto che attinge più alla sfera del whisful thinking - confondere desideri con possibilità - che alla vita pratica. Non c’è G8, G14 o G all’ennesima potenza che tenga quando turbe di satrapi africani ancora oggi sgomitano per accreditare l’antico adagio di Reston, secondo cui il governo è l’unico vascello che fa acqua dalla cima. In tal senso, il continente nero è una gigantesca flotta, dove però annegano solo mozzi e sguatteri. Del resto "conviene sempre rubare ai poveri: hanno poco, ma sono così tanti".... Chi manovra il timone, invece, al riparo dai marosi come da carestie e conflitti tribali - ed anzi abbarbicato con tutti gli artigli ai damaschi presidenziali proprio grazie a tali (spesso appositamente provocate) iatture - se la gode. Su tutti "Bob" Mugabe, da quasi trent’anni impresentabile padre-padrone dello Zimbabwe, un tempo granaio d’Africa, dove invece oggi, grazie alla 'cura' dell’ex guerrigliero xenofobo e razzista antibianco, la produzione di frumento è crollata del 90 per cento ed una pagnotta costa 200 trilioni di dollari locali! Perfetto paradigma di molte establishment africane la cui gestione personalistica del potere tratteggia uno stato patrimoniale in cui i miliardi erogati dal nord del mondo per lenire le tribolazioni del popolo finiscono nel gorgo di corruzione e lotte tribali, per poi rimpinguare i conti svizzeri del dittatorello di turno e cricca assimilata. O ben che vada, secondo l’analisi del Keniota James Shikwati, columnist del Wall Street Journal, Time e Washington Post, "portano ad una sindrome di dipendenza passiva che inasprirà ogni crisi in una terra dove serve meno carità e più responsabilità". Senza ignorare la lettura che individua nel trasporto di molti paesi donatori l'interesse a promuovere più la propria volontà e convenienza, che il rispetto dei bisogni di chi riceve.

Perchè è vero, sì, che i ricchi fanno beneficenza, ma anche la beneficenza fa ricchi.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 170

giovedì 16 luglio 2009


Il nostro Paese è un paradiso? Sì, fiscale però.


Insomma il condono da tutti i peccati per i soldi portati fuori dall’Italia illegalmente sembra che si farà. Ce ne era già stato uno tempo fa, si vede che portar i soldi in vacanza all’estero non era passato di moda. Chissà, forse si fa per far loro imparare le lingue, per farli diventare più maturi, per far loro conoscere soldi altolocati. I soldi, si sa, son come figli. Cosa non si farebbe per farli star bene e farli crescere felici. Certo che però, se stabiliamo una piccola tariffa purchè tornino, che li sbiancherà da ogni nefandezza precedente spero sia previsto almeno fare qualche domanda. Così, almeno per sapere perchè son stati traghettati verso altre nazioni. Anche come son stati spostati, in effetti. Così magari facciamo in modo che la prossima volta non ci si riesca, a portarli fuori proprio in quel modo. Insomma, se si perdona la fuga, almeno si dovrebbe scoprire da dove è passato il fuggitivo. Chiudere la porta dopo che i buoi sono scappati è tardivo, ma non richiuderla dopo che sei riuscito a farli rientrare è andarsela a cercare. L’altra cosa che mi chiedo è, con questo tappeto rosso per i soldi sono andati all’estero illegalmente, non si rischierà mica di fare da lavanderia a gettone per soldi che l’Italia non l’avevano mai vista? Molti ritengono che l’Italia sia un bel posto, quasi un paradiso.

Solo fra tutti i tipi di paradiso, diventare proprio quello fiscale non mi pare la cosa più desiderabile.

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 169

mercoledì 15 luglio 2009

Il solito vizietto dei petrolieri

Il prezzo del petrolio aumenta? Repentinamente aumenta anche quello dei carburanti. Diminuisce? Allora il prezzo dei carburanti esita lungamente, poi si addolcisce di qualche spicciolo. Ci stiamo, però, abituando a non rapportare più le variazioni del prezzo del greggio con quelle di verde e gasolio, perchè i petrolieri hanno ripetuto alla noia che i costi di questi ultimi dipendono dalla quotazione Platts, cioè dal prezzo industriale internazionale della benzina e del gasolio. Esamindo quanto viene quotato questo indice ho notato che c’è una riduzione di 7 centesimi al litro. Strano però che nella vendita al dettaglio non sia rintracciabile alcuna diminuzione: anzi, la benzina viene venduta ad una media di 1,31 Euro a litro, con una speculazione di circa 8 centesimi rispetto all’andamento delle quotazioni Platts. Non è difficile prevedere, allora, che in vista dei grandi esodi di agosto gli aumenti saranno maggiori, poichè aumenterà la domanda di benzina e diesel. L’unico modo che gli automobilisti hanno per difendersi dal “vizietto” dei petrolieri di speculare sui rincari del greggio è preferire la pompa di benzina più economica, come le cosiddette “pompe bianche”, distributori di “marca” meno famosa, che consentono di risparmiare fino a 7 centesimi al litro e di dare, così, un segnale di protesta.

Arriverà alle orecchie di chi pensa solo al business?

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 168

martedì 14 luglio 2009

I medici contro il consumismo sanitario

La protesta viene dalla Toscana. La moderna medicina spreca immense risorse e crea bisogni superflui tra i pazienti economicamente e culturalmente più fragili. Un gruppo di medici toscani di medicina generale ha sottoscritto un documento contro il consumismo sanitario, denunciando come "l’uso eccessivo delle prestazioni non solo fa spendere, ma spesso non serve, e talvolta può essere dannoso per la salute stessa del cittadino". La moderna medicina spreca immense risorse per esami inutili e terapie inappropriate: questa è la ragione vera per la quale la sanità costa sempre di più e diventa insostenibile. Il consumismo sanitario, che va a impattare le categorie economicamente e culturalmente più fragili, si adopera per creare bisogni attraverso campagne di stampa, associazioni di malati, giornate nazionali, creazione di centri e associazioni scientifiche e produzione di numeri, dati e ricerche ad hoc. Il paziente talvolta chiede anche il superfluo, perché lo ritiene un suo diritto. C’è un’aspettativa esagerata. Insegue il mito dell’eterna giovinezza e il miraggio di una vita eterna. L’industria della salute deve reclutare sempre più clienti che consumino pillole, facciano esami, ricoveri, visite, interventi. "E oltre ai malati vanno reclutati anche i sani! Il messaggio dei media è ormai esplicito: ognuno è a rischio, più o meno remoto, di ammalarsi, quindi anche i sani devono ricorrere all’industria della salute, e precocemente, trasformandosi così in malati". Il documento dei medici toscani evidenzia come "il consumismo sanitario determina la crisi del servizio sanitario. Negli ospedali crollano le giornate di degenza ed esplode il numero dei medici che hanno complessivamente spostato la loro attività dalla cura alla diagnosi precoce o presunta tale. L’aumento delle liste di attesa è da attribuirsi al consumismo sanitario correlato a scarsamente utili check up e procedure di diagnosi precoce, come spesso avviene anche in campo oncologico, settore molto delicato per la presa emozionale sul cittadino. E' lo spreco che rende impossibile cure gratuite per tutti".

Tagli obbligatori e malessere sociale sono effetti e non cause del fallimento di una sanità gratuita.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 167

venerdì 10 luglio 2009

Salvini e il branco della cotoletta



C'è da riflettere sui siparietti di cui sono protagonisti alcuni politici italiani nella loro vita privata (?). L'ultimo: il giovine eurodeputato Matteo Salvini, in quel del bar di Pontida, intona fra una birra e l'altra il seguente coro: "Senti che puzza, scappano anche i cani. Sono arrivati i napoletani". Poi, alza il bicchiere e insiste ancora: "Son colerosi e terremotati... Con il sapone non si sono mai lavati". E avanti di questo passo e con questo tono, e giù i suoi cari amichetti a sghignazzare. Le simpatiche rime, scandite - com'è ovvio - "privatamente", sono giustificate dall'autore ("Non è razzismo, ma sana rivalità calcistica"), e difese dai suoi sodali, come il Borghezio, che ha parlato di "un intervento goliardico in un'atmosfera festosa". Tutto ciò è avvenuto meno di un mese fa, mentre fervevano i grandi lavori di preparazione del G8. Così sono tanti politici di oggi. Dietro battute, giustificazioni e pseudosmentite, volgarità e violenza fotografano plasticamente il declino delle ragioni della coesione sociale del nostro Paese. Salvini rappresenta un partito che governa l'Italia e che ha visto aumentare i suoi consensi elettorali. In questo modo - lo voglia o no - il giovane cantore leghista rappresenta la cultura di governo del suo partito: sguaiataggine sboccata mirata esplicitamente al disprezzo etnico, o razzista, che dir si voglia. Nel caso di Mussolini e delle leggi razziali del 1938 lo storico Renzo De Felice parlò di "razzismo spiritualista". In questo caso, invece, l'unico spirito presente è nella birra sotto forma di alcol. È il razzismo spiccio, passionale, spontaneo: il razzismo del branco della cotoletta. Il Salvini ha "optato", come si dice, per il Parlamento europeo lasciando quello italiano. Egli, dunque, ci rappresenterà a Strasburgo e a Bruxelles, dove di giorno - ne siamo certi - intonerà quando possibile, la mano sul cuore, il coro del Nabucco "Va, pensiero, sull'ali dorate"; la sera, stanco per una dura giornata di lavoro, si concederà un meritato riposo al bar sotto l'albergo, cantando con i suoi amici, privatamente s'intende, "Osteria numero sette! Paraponziponzipò. Il salame piace a fette! Paraponziponzipò...".


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 166

giovedì 9 luglio 2009


Effetti collaterali di questa Italia da bagaglino



Pare che sui giornali all’estero giri una notizia circa l’Italia e il G8. Cioè che ci sarebbe la tentazione in futuro di lasciarci fuori dai summit. Non so come si piazzerebbe, nella scala delle possibili figuracce nazionali, ma mi sa in alta classifica. Fra “naufragio dell’immagine” e “tsunami della reputazione”. Tanto che per le diplomazie mondiali sarebbe un compito titanico trovare una formula appena praticabile per metterci dietro la lavagna. Suppongo potrebbero provare con la proposta di alternare alcuni paesi, per non far torto a nessuno. Magari è una esagerazione, per carità. Ma solo il fatto che venga in mente a qualcuno la dice lunga sulla reputazione che attualmente ci ritroviamo sulla scena internazionale. Qualcosa mi dice che, quando si fa il classico test di rispondere con la prima parola che viene in mente, dopo “Italia” raramente le risposte sono “affidabilità” e “serietà”. Volendo trovare il lato positivo potremmo dire che forse facciamo venire il buonumore al mondo intero. La politica estera personalizzata nello stile fra il Bagaglino e la gita scolastica sembra mostrare qualche effetto indesiderato. Temo che anche il sistema di dare all’opposizione o ad altri cattivoni la colpa di tutto abbia il difettuccio di funzionare solo dove si ha il controllo quasi assoluto dell’informazione.

Ora, almeno per questo G8, speriamo solo in un minimo di autocontrollo.

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 165

mercoledì 8 luglio 2009

Nuovi criminali per interposta badante slava



Dopo che è stata approvato il decreto sicurezza, che decreta che chi è in Italia senza i documenti a posto è un criminale, ai legislatori sono venuti un pochino di dubbi. Hanno cominciato ad avere il sospetto che con questa legge alcune centinaia di migliaia di anziani italianissimi sono di fatto diventati criminali anche loro. Perchè poveretti, sono assistiti da badanti criminali, e danno loro alloggio. Quindi o sono complici, o commettono il reato di alloggiare criminali. Non so bene quale sia il reato che prevale, o se si sommino. Ho anche il sospetto che al novantenne medio, che ha visto la guerra e ha spesso un carattere fumantino, la prospettiva di diventare un criminale per interposta badante non gli faccia granchè paura. Adesso, per uscire da questo cortocircuito si parla di inventarsi una maniera per regolarizzare le badanti. Solo le badanti, ma forse a furor di popolo (i lavori domestici hanno il loro peso) anche le colf. Quindi in pratica i nostri acutissimi legislatori ci fanno sapere che oltre le frontiere comunitarie le persone si dividono nettamente in due categorie. I criminali da una parte, badanti e colf dall’altra. Certo che è divertentissimo. Dopo aver tuonato per anni che chi viene qui deve seguire le regole, questi signori si sono accorti che le regole che son capaci di fare, anche volendole seguire, non portano da nessuna parte.



By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 164

martedì 7 luglio 2009


Bertolaso, il re Sole

Centinaia di ordinanze e miliardi spesi per ogni tipo di “emergenza”: pellegrinaggi a Loreto, congressi eucaristici, viaggi di Ratzinger ma anche ingorghi dei camion a Messina e di gondole a Venezia. Così la Protezione civile si è trasformata in un grande ente appaltatore. Senza nessun controllo.


È il sogno di ogni uomo di potere: un pozzo senza fondo di risorse da cui attingere. Da spendere per appalti a trattativa privata e assunzioni senza l’obbligo di passare dai concorsi pubblici. È il potere assoluto, il governo del re Sole, legibus solutus, sciolto dalle leggi. Come il Parlamento viene svuotato da decreti e voti di fiducia, l’atto di governo si riduce a un’ordinanza. La parola dice tutto: un ordine imperativo, in deroga alle norme vigenti, applicato da un commissario. Per fare qualsiasi cosa. Costruire strade, piscine, fogne, case, alberghi, inceneritori. Per assumere illustri consulenti, collaboratori a progetto e precari a tempo determinato. Per finanziare la Chiesa cattolica e i potentati locali. Di ogni segno politico. La figura che detiene questo potere assoluto è il capo del dipartimento per la Protezione civile Guido Bertolaso. Chi lo concede è dio Silvio Berlusconi. Tra il 2001, quando Bertolaso è stato nominato capo della Protezione civile, e i primi 5 mesi del 2009 la Presidenza del consiglio dei ministri ha varato 587 ordinanze emergenziali. Di queste, solo una parte fa riferimento a calamità naturali: terremoti, alluvioni, smottamenti.
Nel lungo elenco c’è di tutto: meeting religiosi, eventi sportivi, viaggi pastorali di ben due pontefici. E un lungo elenco di calamità prevedibili: carenze idriche, emergenze traffico, degrado dei beni culturali, presunti pericoli legati all’afflusso turistico, all’immigrazione, al terrorismo islamico. Vertici internazionali e grandi eventi previsti da anni. Nessuno è in grado di sapere quanto l’affiatata coppia Berlusconi-Bertolaso sia riuscita a spendere: nelle ordinanze spesso non è determinato alcun limite di cassa. Tra il 3 dicembre del 2001 e il 30 gennaio del 2006 la Presidenza del consiglio ha varato 330 ordinanze. Di queste, gli stanziamenti di un campione di 75 ordinanze, pari al 22 per cento del totale. Valgono 1.489.675.921,73 euro, quasi un miliardo e mezzo. Non si tratta di un campione rappresentativo. Ma si può comunque fare una stima. Nei 5 anni presi in considerazione tramite ordinanze di Protezione civile, in spregio a qualsiasi norma sugli appalti e le assunzioni, potrebbero essere stati spesi 6,5 miliardi. Se si amplia il calcolo al totale, 537 ordinanze in otto anni e mezzo, fa 10,6 miliardi. Certo sufficienti a costruire un blocco di potere indistruttibile. Segreto e sciolto da qualsiasi regola.
Per gli appassionati di agiografia, San Giuseppe da Copertino è certo una figura centrale. Gli si attribuiscono svariati miracoli, si dice che chiamasse la madonna “mamma mia” e che nei suoi frequenti momenti di estasi spiccasse il volo. A quattrocento anni dalla nascita dell’indimenticabile mistico pugliese, le spoglie sono state mostrate nella piazza centrale della sua città natale, 25mila abitanti in provincia di Lecce. Un evento di tale importanza ha suscitato l’intervento del presidente Berlusconi e del suo fido scudiero Bertolaso. Ordinanza 3.356, del 14 maggio 2004. Concessione dei poteri straordinari al sindaco del Paese, in deroga a otto leggi vigenti. Agosto e settembre 2007, pellegrinaggio a Loreto denominato “Agorà dei giovani italiani”. Un’ordinanza nomina Commissario al grande evento Guido Bertolaso: in deroga a 37 articoli del Codice degli appalti pubblici e al contratto collettivo nazionale dei lavoratori potrà spendere 2 milioni di euro della Protezione civile, 3 stanziati dalla Regione Marche. Meglio giocare d’anticipo: Bertolaso è già nominato commissario per il congresso eucaristico nazionale previsto ad Ancona dal 4 all’11 settembre del 2011, 200mila euro da impiegare a suo piacimento. Ma è probabile che gli stanziamenti non bastino. Nel precedente congresso eucaristico, svoltosi a Bari nel 2005, l’ordinanza 3.420 stanziava 3 milioni di euro con i quali la Protezione civile ha potuto riqualificare «strade e piazze interessate dall’evento». Guido Bertolaso è uomo pio. Sin dai tempi del Giubileo del 2000, quando fu vicecommissario. Col dipartimento che presiede, non perde un viaggio di papa Benedetto XVI: visita pastorale a Cagliari del 7 settembre 2008, 100mila euro; visita a Savona e Genova, maggio 2008, 250mila euro; vista ad Assisi, 17 giugno 2008, 200mila euro; 250mila euro per il viaggio del Papa a Brindisi e Castrigliano del Capo, nel giugno 2008.
Con un’ordinanza, la 3.565, Varese ha potuto costruire il nuovo collegamento stradale tra la S.s. 342 “Briantea” e la S.s. 233 “Varesina” con interconnessione alla S.s. 344 di “Porto Ceresio”. Ossia una nuova tangenziale. Costo dell’ordinanza 7 milioni di euro, varati per i mondiali di ciclismo del 2008. Grandi lavori sul lungomare di Trapani nel 2004: in occasione della preregata velica dell’American cup, la Protezione civile ha consegnato nelle mani del suo capo Bertolaso 62 milioni di euro. Un’ordinanza si può fare su tutto: il transito dei Tir a Messina, che per raggiungere i traghetti da sempre soffocano il centro della città, è un buon motivo per nominare un commissario; così il traffico veicolare a Catania, Trieste e Gorizia, Reggio Calabria, Napoli, Roma, Milano. Persino gondole e vaporetti della laguna di Venezia giustificano emergenza e poteri straordinari. Poteri spesso concessi direttamente ai sindaci, che così hanno potuto indire appalti in totale libertà, senza alcun controllo da parte dei Consigli comunali. Risolvendo i problemi legati alla costante diminuzione degli stanziamenti pubblici con una “regalìa” del presidente. È un’emergenza anche «l’eccezionale afflusso turistico» nelle isole Eolie, che è noto, vivono di turismo. E il degrado dei siti archeologici di Roma e Pompei, affidati alle cure di Bertolaso con uno stanziamento sottratto al ministero dei Beni culturali. Fino agli incontri internazionali, tutti calendarizzati con ampio anticipo: il vertice Nato Russia, il semestre italiano di presidenza europea, la firma della Carta di Roma, il G8 della Maddalena, trasferito, appena in tempo per evitare una figuraccia, a L’Aquila. In ogni caso il Codice degli appalti risulta sospeso.
Così la Protezione civile si è trasformata da strumento di previsione, prevenzione e coordinamento nella gestione delle calamità naturali in un grande ente appaltatore. Fuori da qualsiasi controllo.

Escluso quando ci mette mano la magistratura, come accade a Roma per i mondiali di nuoto, a Catania per l’emergenza traffico, a Napoli per l’emergenza rifiuti.
La ristrutturazione della Protezione civile è uno dei primi atti che il presidente Berlusconi compie appena insediato, nel 2001. La riforma Bassanini (legge 300 del 1999) l’aveva resa un’agenzia indipendente, comprendente i Vigili del fuoco e il Servizio sismico nazionale. E sottoposta al controllo della Corte dei conti. Nel settembre del 2001, per decreto, l’Agenzia viene cancellata e la Protezione civile diventa un dipartimento della Presidenza del consiglio. Nel decreto, all’articolo 5 bis comma 5, si estende il potere di ordinanza «alla dichiarazione di grandi eventi (…) diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza». I dirigenti che criticano la proposta vengono subito rimossi. Tra questi, Roberto De Marco, allora direttore del Servizio sismico nazionale, tra i massimi esperti italiani di terremoto «allontanato senza motivazione - ci spiega - perché vittima dello spoil system», poi dichiarato incostituzionale dalla Consulta. Il Servizio sismico, negli anni precedenti, aveva lavorato benissimo. Aveva preparato un documento capace di prevedere le conseguenze di un terremoto sul territorio italiano con ottima approssimazione, grazie a un’attenta analisi delle condizioni geologiche del territorio e della stabilità degli edifici. Bertolaso chiude il servizio tecnico, lo trasforma prima in un ufficio del suo dipartimento, poi lo retrocede a servizio, cancellando la sua autonomia. Il breve intermezzo di Prodi non cambia lo scenario. La stessa fine fa l’ufficio opere pubbliche. Si preferisce appaltare all’esterno la progettazione dei lavori, come accade a L’Aquila (ordinanza 3.757 del 21 aprile). L’ufficio viene cancellato con un Dpcm lo scorso luglio. «Tutto appaltato all’esterno. Per esempio le verifiche di agibilità, cosa essenziale per permettere il rientro degli abitanti nelle case, prima era affidata a tecnici degli enti locali, che noi contribuivamo a formare. Ora è stata esternalizzata. Ma il vero problema è che la prevenzione è stata ridotta. È stata sostituita dall’intenzione di usare il principio di straordinarietà per qualsiasi cosa, snaturando uno strumento precedentemente dedicato solo alla soluzione delle emergenze. I risultati, in questi anni, non sono certo stati brillanti. Mentre le ordinanze contribuiscono alla militarizzazione del territorio, come accade a Napoli. Questa logica potrebbe essere usata anche per il nucleare, sottraendo ambiti importanti al controllo democratico», spiega De Marco.
Sulle ordinanze, infatti, i due organismi di controllo dello Stato - la Corte dei conti e la Corte costituzionale - non possono intervenire. La Consulta può essere chiamata in causa solo nel caso di un conflitto di attribuzioni tra enti locali e Protezione civile: evento assai raro, dato che il dipartimento si muove spesso con un ricco gruzzolo di monete d’oro da gestire insieme a sindaci e prefetti; i magistrati contabili, invece, non ritengono «che tali atti rientrino tra quelli obbligatoriamente soggetti al controllo preventivo di legittimità», scrive il senatore Mario Gasbarri nella relazione di un disegno di legge teso a portare a più miti consigli il general contractor “Protezione civile”. Eppure i magistrati contabili avevano aperto un’indagine nel 2004, nella quale veniva contestato un aumento delle spese della Presidenza del consiglio dai 2,9 miliardi previsti a 4,1 miliardi. Forse a causa, scrive la Corte dei conti, di un «rilevantissimo stanziamento di competenza e una correlata autorizzazione di cassa per le quali, a causa della mera denominazione del fondo sinteticamente denominato “per la Protezione civile”, non è agevole dedurre specifiche finalizzazioni». Sulla Protezione civile, sempre nel 2004, l’allora commissario per il mercato interno dell’Ue Frits Bolkestein apre una procedura d’infrazione: «Nella maggioranza delle centinaia di ordinanze varate negli ultimi 4 anni dal Presidente del consiglio dei ministri non è ravvisabile una condizione di estrema urgenza». Con la conseguenza di «bypassare la normativa italiana di trasposizione delle direttive comunitarie in materia di appalti e concessioni», scrive l’ex commissario Ue in una lettera al ministro Frattini.
Nel bilancio 2009 il dipartimento per la Protezione civile spende 1.486.574.961 euro. Per emolumenti accessori al personale interno e distaccato, per gettoni di presenza, stipendi e assegni per il personale assunto con contratti “privati” in conseguenza delle ordinanze, si stacca un assegno da 9.135.000 milioni di euro. Solo 35 milioni vengono spesi per «studi, indagini e rilevazioni per la prevenzione e previsione di calamità naturali». Costa 158 milioni l’«acquisto, manutenzione, riparazione, leasing, noleggio ed esercizio dei mezzi aerei», i canadair antincendio, appaltati a una società esterna, la Sorem. Questo per quanto riguarda le spese correnti, pari a 183 milioni. Ma il grosso del bilancio della Protezione civile, invece, deriva dal pagamento dell’ammortamento di mutui contratti dalle Regioni per affrontare eventi calamitosi: 1,1 miliardi. Soldi per gestire le calamità, grandi eventi e per spese “straordinarie” di personale. Poco o nulla, invece, su «previsione e prevenzione», il primo compito del dipartimento, secondo le legge del 1992 che ha istituito la Protezione civile.
Meglio intervenire dopo, quando il danno è già fatto. E cominciano gli appalti.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 163

lunedì 6 luglio 2009

Lei non sa chi siamo noi



Si può fare politica estera senza averne una. Produrre atti e documenti non per uno scopo, ma per numerarli secondo protocollo. Il risultato non conta. Ma a fine giornata si può ben dire di aver fatto qualcosa. Gli psicologi la chiamano terapia dell'occupazione. È l'esercizio in cui il nostro Paese eccelle da almeno un ventennio. Da quando abbiamo perso i riferimenti che segnavano il nostro posto nel mondo: Nato, Europa e Vaticano. Eravamo atlantici, europeisti e vaticani, ma sempre all'italiana. Nell'ordine della guerra fredda, riuscivamo a irrorare la triplice radice della nostra collocazione geopolitica con qualcosa di nostrano (mediterraneismo, Ostpolitik ed eresie minori, tutte tollerabili dalla potenza leader americana). Oggi non più. Non per colpa di qualche maligno tratto del carattere italiano, ma solo perché le tre stelle della nostra costellazione sono spente. All'anagrafe risultano, certo, ma non irradiano più alcuna missione. Oppure ne producono di totalmente cacofoniche.Per i nostri leader politici - e in genere per la classe dirigente italiana, se questo termine ha senso - resta difficile valicare il passo alpino che separa l'eterodirezione ben temperata della guerra fredda dal 'mondo apolare' attuale. Non esistono fari né modelli da seguire, rispetto ai quali all'occorrenza scartare, sapendo di restare comunque nel gruppo. Ci arrangiamo. Talvolta cavandocela, talaltra producendo mezzi miracoli, più spesso slittando nel ridicolo.La stella polare della politica estera italiana dal 1861 in poi è stata il tentativo di essere riconosciuta dalle grandi potenze almeno come sorella minore. Se non gemella (Crispi, Mussolini), nel qual caso l'alternativa è tra farsa e tragedia. La variante oggi dominante di questa sindrome è la politica della seggiola. I nostri miti dirigenti politici e diplomatici si scoprono feroci quando occorre proteggere una rendita di posizione. Purtroppo, non si tratta di rendite geopolitiche o economiche che corrispondano a un interesse nazionale, ma di posti alla tavola dei parenti importanti. Sedie o predellini non importa, purché ci diano l'illusione di essere omologhi a chi non è mai sfiorato dall'idea di considerarci tali. Così quando i nostri governi di centro-sinistra o di centrodestra pretendono di allinearci ai Grandi d'Europa, quasi appartenessimo alla categoria di Francia, Gran Bretagna e Germania. O quando inventiamo barocche ipotesi di riforma del Consiglio di sicurezza pur di impedire a Germania e Giappone di entrarvi senza di noi. In questo caso riscuotendo un provvisorio successo, che purtroppo non ha innalzato di nulla la nostra influenza nel mondo. Infine, quando cerchiamo di dare un senso al G8, anche se il G8 un senso non ce l'ha. Però lì abbiamo il posto.L'ultima invenzione, praticata dal governo di centrodestra, consiste nel battezzare politica estera le relazioni private del nostro primo ministro. Sia chiaro: la diplomazia personale è importante. È un valore aggiunto. Ma solo per chi dispone di una strategia nazionale. Una persona, per quanto geniale, non può sostituire una politica. Corollario di tale interpretazione personalistica è il declassamento della tecnocrazia (Farnesina e non solo) e la svalutazione del ceto politico formalmente delegato a curare i nostri interessi nel mondo. Non è un fenomeno solo italiano, ma noi ne abbiamo distillato la versione più pura. Anche per questo se prima contavamo poco, oggi contiamo meno. Risultato: le decisioni su di noi sono prese altrove, o non sono prese affatto. Nessuno lo sa meglio dei nostri operatori sulla scena internazionale (diplomatici, tecnici, militari e financo politici), eroicamente impegnati a fingere di essere ciò che non sono, che non siamo. Una politica virtuale, ma con tutte le carte e i bolli di rigore.

Lavoro più duro non c'è.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 162

mercoledì 1 luglio 2009


Un popolo di evasori fiscali che sottrae risorse a tutto il Paese



In tutto sono 341 miliardi di euro. A tanto ammonta il “tesoretto” che gli italiani hanno nascosto al fisco e solo in parte recuperato della Guardia di finanza in questi ultimi dodici mesi. Un imponibile sommerso proveniente dall’economia criminale, dal lavoro nero, dall’evasione di piccole e grandi aziende che in termini di imposte equivale a circa 132 miliardi di euro. Un triste primato che a livello europeo ci vede soli al comando e che negli ultimi cinque mesi ha avuto un incremento del 9,7%. I dati provengono dall’Associazione contribuenti italiani tramite l’elaborazione di dati ministeriali, dell’Istat, della Banca d’Italia e della Corte dei conti su cinque particolari aree dell’evasione fiscale: economia sommersa e criminale, evasione delle società di capitali e delle big company e infine quella dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese. L’area che più contribuisce all’evasione è il lavoro nero che da solo sottrae al fisco italiano un imponibile di circa 128 miliardi di euro l’anno con un’evasione d’imposta stimata intorno ai 31 miliardi di euro. È data da un esercito di lavoratori invisibili composto da circa 2,4 milioni persone di cui 850mila lavoratori dipendenti che fanno un secondo o terzo lavoro. La seconda è l’economia criminale realizzata dalle grandi organizzazioni mafiose che, in almeno tre regioni del Mezzogiorno, controllano buona parte del territorio. Il giro d’affari non “contabilizzato”, secondo le stime, si attesta sui 125 miliardi di euro l’anno con un’imposta evasa di 42 miliardi. La terza area è quella composta dalle società di capitali di piccola e media dimensione. Dall’incrocio dei dati è emerso che su un totale di circa 800mila società di capitali italiane, l’81% di queste dichiara redditi negativi (53%) o inferiori a 10mila euro (28%). Così facendo risultano esenti dal versamento delle imposte dovute e in questo caso l’evasione fiscale stimata si aggira attorno ai 18 miliardi di euro l’anno. Al quarto posto ci sono poi le big company, dove la fantasia fiscale esprime il meglio di sé, grazie anche alle numerose “falle” presenti nel sistema. Il 30% infatti ha “l’abitudine” di chiudere i propri bilanci in negativo evitando così di pagare le tasse. La quasi totalità (94%) si affida poi al “transfer pricing”, una pratica scorretta se sconfina nell’abuso con cui una grande società sposta costi e ricavi sui bilanci di altre aziende legate al gruppo, solitamente residenti in Paesi a tassazione “agevolata”. In questo modo si sottraggono al fisco italiano - si legge ancora nel rapporto - 31 miliardi di euro. Come se non bastasse ci sono poi i conti “off shore”: solo negli ultimi cinque mesi le cento maggiori compagnie del Paese hanno ridotto del 10% le imposte dovute all’erario proprio grazie all’uso di conti correnti in paradisi fiscali, in attesa ovviamente del prossimo “scudo fiscale” che presto approderà in Consiglio dei ministri. Infine c’è l’evasione dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese dovuta alla mancata emissione di scontrini, ricevute e fatture fiscali che nasconde all’erario circa 10 miliardi di euro l’anno. Ad evadere di più sono le regioni del Nord con la Lombardia in testa che a giugno del 2009 ha fatto registrare un incremento del numero di evasori del 15,9%, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il secondo e terzo posto spetta rispettivamente al Veneto, con un incremento del 15,6%, e alla Campania (+14,3%), prima regione del Sud in graduatoria. Segue poi la Valle d’Aosta con +14,3%; il Lazio con +14,2%; la Liguria con +13,8%; l’Emilia Romagna con +13,3%; la Toscana con +11,2%; il Piemonte con +10,1%; le Marche con +8,7%; la Puglia con +8,2%; la Sicilia con +7,0% e l’Umbria con +6,7%. La Lombardia, anche in valore assoluto, ha fatto registrare il maggior aumento dell’evasione fiscale. In percentuale, il dato lombardo è aumentato, nei primi cinque mesi, di circa il 14,2%.


Sarà spudorata coincidenza: più alta è l'evasione fiscale più forti sono PDL e Lega.


By Angelo Stelitano


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