La Chicchetta - 219

martedì 12 gennaio 2010

NELLA POLITICA DEI DUE FORNI LA PALLA TORNA AL CENTRO


Il gatto e la volpe, Ferdinando Casini e Massimo D’Alema, sornioni e in sodale, raggirano l’incauto Pinocchio. La creatura collodiana non è però - come alcuni ingenui o malintenzionati vogliono far credere - il Berlusca di fine impero (più identificabile nel burattinaio Mangiafuoco) ma le speranze di vero cambiamento nel nostro Paese. Da mesi assistiamo ad un’insopportabile manfrina ove la religiosissima badante delle famiglie italiane, strizzando l’occhio a destra e manca, ripristina la collaudata politica dei due forni: qui con il Pd (a condizioni capestro), là con il Pdl (condizioni aleatorie). Sempre per il bene del Paese che coincide semplicemente con le poltrone acquisite dal suo partito. Etica degli interessi collettivi? Con Cuffaro si può, pragmaticamente parlando. Non c’è da stupirsi: vecchia logica centrista, specchio non deformante dei costumi in auge nello Stivale. In nome di un’ipotetica alleanza sulle future ceneri del Pdl (probabili ma per niente certe), Casini tiene il Pd alla catena e detta condizioni che possono distruggere prima il partito di Bersani di quello berlusconiano. Con Ferdinando la palla è al centro e sui sagrati delle chiese mentre Rutelli allena i neocatecumeni in oratorio. Se il comportamento e l’interesse di Casini sono abbastanza decifrabili, meno chiari sono quelli della volpe pugliese. Confesso che mai ho capito perché D’Alema goda di una fama che lo tratteggia lucido, vincente, intelligente, carismatico, freddo e calcolatore, in ogni modo un leader naturale, anche tra chi nulla condivide del suo agire. La vulgata popolare vuole un D’Alema Rasputin, gesuita, deus ex machina di quanto accade nel palazzo, principe machiavellico, cardinale Richelieu, eminenza grigia, l’Andreotti di sinistra. Il baffuto dirigente Pd a me paia più un apprendista stregone che altro (bicamerale - ma non solo - docet). Oggi, dopo aver criticato Veltroni per l’idea suicida dell’autosufficienza e aver insistito sulla necessità di un’alleanza larga, plurima, vincente, D’Alema per impalmare Casini si accinge a potare i rami a sinistra. Il caso Puglia è emblematico. Un presidente della Regione uscente si ricandida e chiede primarie di coalizione. Il Pd, pur avendo questo strumento di partecipazione democratica nel proprio statuto, rifiuta: i centristi non gradiscono Vendola e questo sia, a costo di consegnare la Puglia alle destre. Probabilmente non c’entra che Nichi Vendola sia il solo governatore della sinistra non pidiessino (è di Sinistra ecologia e libertà). C’entra molto invece - a parer mio - la paura delle elezioni nazionali. In questo, nell’evitare le urne, Casini (e Fini) è davvero indispensabile per un governo istituzionale: la paura dei seggi fa centro! E all’orizzonte già si staglia la nuova balena bianca, l’era del gran magmatico, melmoso, governativo, pigliatutto centro. In realtà Massimo D’Alema (per altri versi e in tono più casalingo anche Ferdinando Casini) può essere considerato l’ultimo epigono dell’autonomia del politico, l’intrigante elaborazione teorica anni 70 di Tronti, Cacciari, Asor Rosa. Qui è la radice del suo iperpoliticismo, spregiudicatezza, capacità di durare. Qui è l’apparente incoerenza che si disvela in geometriche e sofisticate strategie che, inesorabilmente, cadono rovinosamente come pere mature.

E così accadrà di nuovo: la realtà non è un asettico.

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 218

lunedì 11 gennaio 2010

La Russia ci costa 360 milioni di euro all’anno.


Non tutti sanno che dal 2003 e per dieci anni l’Italia si èimpegnata a pagare 360 milioni di euro l’anno per un piano di bonifica dei sottomarini nucleari sovietici. Una pietanza offerta a Putin sul piatto d’argento direttamente dal nostro presidente Berlusconi. 3 miliardi e 600 milioni di euro che, dalle tasche dei contribuenti italiani, finiscono direttamente nel baule dei tesori dello stato russo. Dal 2003 e per dieci anni questo è l’ammontare del costo che gli italiani pagano per il disarmo dell’ex Unione Sovietica. E nel frattempo, se da un canto il nostro paese ha una economia che arranca e stenta ad uscire dalla crisi, dall’altro canto le industrie statali moscovite alimentano investimenti in tutto il mondo e riempiono di ville e di oro i nuovi piccoli Zar borghesi della steppa. Alla faccia dei tanti e poveri cittadini russi. Dal 2003, grazie all’allora (e all’attuale) Presidente del Consiglio Berlusconi, l’Italia e gli italiani devono pagare una tassa pari a 18 euro a famiglia ogni anno, per aiutare il piccolo e povero stato russo che ha tanto bisogno del nostro amore, a disarmarsi da bombe ed armamenti nucleari, oltreché da scorie radioattive delle centrali elettriche. Qualcuno direbbe che diciotto euro a famiglia in un anno sono poca cosa... ma si moltiplichi la cifra per 20 milioni di famiglie, e si moltiplichi il totale per dieci anni. Certamente in Italia, con 3 miliardi e 600 milioni di euro (quasi settemila miliardi di lire) si sarebbe potuto fare molto, invece che buttarli così in faccende che non ci riguardano. Si sarebbero potuti sistemare gli ospedali, in molti casi fatiscenti; si sarebbero potute ammodernare strade e ferrovie; si sarebbe potuto fare molto per il nostro paese. Scajola qualche tempo fa ha firmato il contratto per la costruzione da parte di Fincantieri Liguria di una nave atta a trasportare combustibile nucleare, dal costo di 70 milioni di euro, che verrà regalata all’ex stato sovietico.
Tanto, come amiamo dire noi italiani, paga “pantalone”...


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 217

venerdì 8 gennaio 2010


No alle riforme! No alla Costituzione dei ricconi



Brunetta è uscito in avanscoperta subito dopo l'invito di Napolitano alla coesione e cioè al collaborazionismo del PD con la maggioranza di destra che spadroneggia sul Parlamento ridotto ad una larva, un ectoplasma di quello che è stato fino all'avvento al potere di Berlusconi e della sua cricca. Ha subito proposto di abolire l'art.1 della Costituzione che proclama il lavoro fondamento della Repubblica. Naturalmente questo comporterebbe l'abolizione di tutti gli articoli basati sullo stesso pilastro costituzionale come l'art.4 e gli artt.dal 36 al 40. Inoltre, demolito il pilastro "lavoro", cadrà anche l'obbligo per l'azienda di adempiere ad una funzione sociale oltre che di produttrice di profitto per i proprietari o gli azionisti. Non dubito che il cambio di filosofia comporterà anche cambiamenti significativi in tutto il resto. Sono convinto che la Costituzione che la destra berlusconiana e leghista ha in testa non sia tutelatrice di diritti ma portatrice di esplicite discriminazioni non soltanto per gli stranieri ma anche per le classi povere o subalterne. Più che diritti imporrà obblighi, divieti, limitazioni. Magari, come la costituzione croata, reciterà "l'Italia è la patria degli italiani" e si spingerà fino a vietare l'acquisto di beni immobili per i non italiani. Con il federalismo potrebbe anche "regolare" la mobilità interregionale. I meridionali se ne stiano nelle loro case e vengano al Nord soltanto se richiesti. La reazione del mondo politico alla esternazione di Brunetta non è stata positiva e non poteva esserlo. Il pugno nello stomaco è stato troppo violento e troppo repentino. Fino ad ieri si era parlato soltanto di modifiche alla seconda parte della Costituzione sulla quale l'accordo non potrebbe essere che unanime dal momento che nessuno vuole un Parlamento di mille e passa deputati e senatori. Ma alla destra italiana non è questo che interessa. Vuole una Carta non per tutti gli italiani ma soltanto per le classi sociali che rappresenta: finanzieri, industriali, professionisti,commercianti... Una carta che stabilisca l'egemonia di questo blocco sociale su tutto il resto della popolazione. Mentre la dichiarazione del Lavoro come fondamento della Repubblica elevava le classi lavoratrici e dava immensa dignità alla prestazione manuale o intellettuale, la nuova Costituzione dei Berlusconi e dei Brunetta risospinge i lavoratori alla condizione servile, a merce, ad elemento subalterno e sottostante l'edificio sociale. Allarmato per l'emozione destata nel Paese, Cicchitto, mente fine proveniente dal socialismo di sinistra di lombardiana memoria, ha bacchettato l'incauto: "il silenzio è d'oro". Non ha detto di pensarla diversamente ma soltanto di non scoprire subito le carte di una partita di poker che ha per posta la libertà e la democrazia.Nel PD non mi pare che si stiano strappando i capelli per la disperazione. Enrico Letta cambia discorso e si limita ad osservare che il PD non approverà modifiche alla Costituzione se prima non avrà avuto garanzie per le leggi ad personam. Una pregiudiziale che sembra più una furbata che una cosa seria dal momento che la legge ad personam può essere filtrata con altre denominazioni nelle riforme. Non credo che l'uscita di Brunetta sia un fatto isolato e pirotecnico di chi si mette un passo avanti gli altri e vuole fregiarsi dell'alloro che spetta agli avanguardisti. Ha sdoganato la questione che nei massmedia non è più un tabù. Già stamane radio tre intervistava due professori di diritto: uno a favore ed uno contro. Insomma l'articolo uno è diventato materia opinabile sul quale è lecito avere pareri diversi e contrari. E con esso tutto il resto della prima parte della Carta. E' oramai chiaro che l'obiettivo della destra non si limita a rivendicare maggiori poteri per il Presidente del Consiglio, meno controlli, subordinazione della magistratura inquirente, altissimo livello di decisionalità dell'Esecutivo. Vuole molto di più. Vuole non solo dare a se stessa ed a Berlusconi poteri straordinari e fuori dalla democrazia parlamentare ma stendere un nuovo contratto sociale in cui conterà assai di più la differenziazione che l'eguaglianza. Naturalmente con questa destra e la sua strabordante maggioranza non c'è da aspettarsi niente di diverso. Non esistono punti di mediazione diversi da quelli che lor signori hanno in testa. La cosa più saggia per l'opposizione sarebbe il rifiuto pregiudiziale ad ogni trattativa, ad ogni accordo. Fare esattamente il contrario di quanto sollecitato dal Presidente della Repubblica. Si assuma la destra la responsabilità delle "riforme". L'opposizione apra la guerra in Parlamento e nel Paese. Non ceda di un millimetro. Ogni cedimento sarà una regressione verso l'autoritarismo, la dittatura della maggioranza che diventa più forte delle leggi. La parte debole o minoritaria del Paese diventerà ostaggio della maggioranza. Meglio dimettersi in massa dal Parlamento che assistere all'omicidio della Costituzione.

La dissociazione è oggi assai più importante della coesione.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 216

giovedì 7 gennaio 2010

MITO DI SCILLA E CARIDDI
Narrano gli antichi che presso l'attuale città di Reggio Calabria, un tempo vivesse la bellissima ninfa Scilla figlia di Tifone ed Echidina (o secondo altri di Forco e di Craetis).Scilla era solita recarsi sugli scogli di Zancle, per passeggiare a piedi nudi sulla spiaggia e fare il bagno nelle acque limpide del mar Tirreno. Una sera, mentre era sdraiata sulla sabbia, sentì un rumore provenire dal mare e notò un'onda dirigersi verso di lei. Impietrita dalla paura, vide apparire dai flutti un essere metà uomo e metà pesce dal corpo azzurro con il volto incorniciato da una folta barba verde ed i capelli, lunghi sino alle spalle, erano pieni di frammenti di alghe. Era un dio marino che un tempo era stato un pescatore di nome Glauco che un prodigio aveva trasformato in un essere di natura divina.Scilla, terrorizzata alla sua vista, si rifugiò sulla vetta di un monte che sorgeva vicino alla spiaggia. Il dio marino, vista la reazione della ninfa, iniziò ad urlarle il suo amore e a raccontarle la sua drammatica storia.Era un tempo Glauco un pescatore e trascorreva le sue lunghe giornate solitarie a pescare. Un giorno, dopo una pesca più fortunata del solito, aveva disteso le reti ad asciugare su un prato adiacente alla spiaggia, ed aveva allineato i pesci sull'erba per contarli quando ad un tratto i pesci cominciarono ad agitarsi in modo strano. Presero vigore, si allinearono in branco come fossero in acqua e saltellando, fecero ritorno in mare. Glauco, esterrefatto da tale prodigio, non sapeva se pensare ad un miracolo o ad uno strano capriccio di un dio. Scartando però l'ipotesi che un dio potesse perdere tempo con un umile pescatore, pensò che lo strano fatto dipendesse dall'erba e provò ad ingoiarne qualche filo. Come l'ebbe mangiato, sentì un nuovo essere nascere dentro di lui che combatteva la sua natura umana fino trasformarlo in un essere acquatico attratto irresistibilmente dall'acqua. Gli dei del mare lo accolsero benevolmente tanto che pregarono Oceano e Teti di liberarlo delle ultime sembianze di natura umana e terrena e di renderlo un essere divino. Accolta la loro preghiera, Glauco fu trasformato in un dio e dalla vita in giù fu mutato in un pesce.Scilla, dopo aver ascoltato il racconto di Glauco, noncurante del suo dolore, andò via lasciandolo solo e disperato. Allora Glauco pensò di recarsi all'isola di Eea dove sorgeva il palazzo della maga Circe sperando che potesse fare un sortilegio per far innamorare Scilla di lui. Circe, dopo che Glauco ebbe raccontato il suo amore lo ammonì duramente, ricordandogli che era un dio e pertanto non aveva bisogno di implorare una donna mortale per farsi amare e per dimostrargli quanto lui si sbagliasse a considerarsi sfortunato, gli propose di unirsi a lei. Ma Glauco si rifiutò di tradire il suo amore per Scilla e lo fece in modo così appassionato che Circe, furiosa per essere stata rifiutata a causa di una mortale, decise di vendicarsi. Non appena Glauco se ne fu andato, preparò un filtro e si recò presso la spiaggia di Zancle, dove Scilla era solita recarsi. Versò il filtro in mare e soddisfatta, ritornò alla sua dimora. Quando Scilla arrivò, accaldata dalla grande afa della giornata, decise di immergersi nelle acque limpide. Ma, dopo essersi bagnata, vide sorgere intorno a se mostruose teste di cani rabbiosi e ringhianti. Spaventata cercò di scacciarli ma fuggendo nell'acqua si accorse che quei musi erano attaccati alle sue gambe con un collo serpentino che si agitava fremente. Si rese allora conto che sino alle anche era ancora una ninfa ma dalle anche in giù spuntavano sei musi feroci, ognuno orlato di tre file di denti. Fu tale l'orrore che Scilla ebbe di se stessa che si gettò in mare e prese dimora nella cavità di uno scoglio vicino alla grotta dove abitava Cariddi. Era questa figlia di Forco (o di Poseidone) e di Gea e per avere rubato ad Eracle i buoi di Gerione Zeus la fulminò e la tramutò in un terribile mostro marino (alcuni autori narrano invece che fu uccisa da Eracle stesso, ma fu poi resuscitata da suo padre Forco). Era destinata a ingoiare e rigettare tre volte al giorno l'acqua del mare. Pianse Glauco la sorte toccata a Scilla e per sempre rimase innamorato dell'immagine di grazia e dolcezza che la ninfa un tempo rappresentava.Scilla e Cariddi, entrambe due spaventosi mostri marini, erano quindi l'una vicino all'altra a formare quello che le genti moderne chiamano "Lo Stretto di Messina" e mentre Cariddi ingoiava e rigettava tre volte al giorno l'acqua del mare creando dei giganteschi vortici, Scilla attentava alla vita dei naviganti con le sue orrende fauci.


By Angelo Stelitano


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