La Chicchetta - 161

martedì 30 giugno 2009



Le nostre colpe


Se la vita metropolitana ci sembra a tratti insopportabilmente inquinata e condizionata dal cemento e dagli assalti di un turismo senza civiltà al nostro patrimonio culturale, aspettate di recarvi in vacanza per scoprire che al peggio non c’è fine. Ma perché sorprenderci: è solo la polvere che durante gli anni abbiamo nascosto sotto il tappeto che, prima o poi, ritorna. E' solo il frutto delle bugie che ci raccontiamo attorno a un popolo che sarebbe tra i più attenti all’ambiente ma che è, invece, imploso culturalmente e presenta come unico valore quello del proprio tornaconto. In Italia solo meno di un quarto del territorio costiero può considerarsi ancora intoccato: su tutto il resto abbiamo costruito un’incredibile teoria di case e casette, stabilimenti balneari, ville e villoni, paesi e villaggi che fanno restare allibiti i turisti europei, i quali la volta successiva cambiano destinazione. Non sono solo costruzioni abusive (litorale domizio, Sicilia, Calabria), ma anche condonate (Elba, Lazio) oppure insanabili ma, non si sa perché, sempre in piedi o autorizzate da amministrazioni che non sanno cosa sia il bene comune. E neanche i parchi sono immuni dall’assalto del cemento che divora 250mila ettari di territorio ogni anno: basti pensare alle costruzioni abusive al Vesuvio o all’orribile Triscina che svilisce i templi di Selinunte. Almeno ci dovrebbe restare il mare. Macché: le percentuali di acque inquinate sono in crescita ovunque e i depuratori non vengono riparati se si guastano. Aumentano porti turistici e nautica da diporto: ma dove andranno tutte quelle barche, se la costa in buone condizioni diminuisce? Cioè, se si incrementano i posti barca non è che si allargano di conseguenza le spiagge, che rimangono quelle. Così come ampliare i parcheggi significa solo portare più gente nello stesso posto a stare peggio, a diminuire la qualità del soggiorno. E dove le acque sono pulite aumentano le meduse, visto che ne sterminiamo i naturali predatori come tonni e tartarughe. Finiremo per mangiarle, visto che lo stock ittico è in estinzione e si consumano ormai pesci che non si dovrebbero neppure pescare per dimensioni ed età. Sulle poche spiagge deserte i grumi di catrame non sono diminuiti, visto che sono ancora le vecchie petroliere a solcare i mari e a ripulire le stive nel Mediterraneo. E se si avvista una foca monaca, invece di esultare, gli amministratori si preoccupano dell’istituzione di un’area marina protetta. E ci si mette anche il non-ministro del non-Ambiente con la bell’idea di consentire ai subacquei e ai natanti (per fortuna, però, ecologici) di incrociare nelle acque super protette di riserva integrale e di privatizzare gli accessi, così da cancellare quel poco di buono fatto finora.


Buone vacanze


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 160

lunedì 29 giugno 2009

IL DDL PROFETICO


Vietare agli italiani quello che poi concede a se stesso. È quanto sta facendo Silvio Berlusconi, vittima di una sorta di legge del contrappasso scaturita dall’inchiesta di Bari. Era, infatti, il settembre 2008 quando il Consiglio dei Ministri approvava il disegno di legge 1.079. Primo - firmatario il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna. Oggetto del provvedimento: misure contro la prostituzione. La novità più corposa introdotta dal provvedimento consiste nel punire anche i clienti delle prostitute, utilizzatori finali compresi. Si legge infatti: «Se la prostituzione come tale deve considerarsi fenomeno di allarme sociale, non può ammettersi un distinto trattamento fra chi la eserciti e chi se ne avvalga (il cliente)». Il 13 febbraio, solo tre mesi dopo gli incontri con Patrizia D’Addario, un Silvio Berlusconi serio e molto politically correct illustra alla stampa il provvedimento. Nel video, disponibile sul sito internet del governo, il premier racconta di come la prostituzione «stia dilagando». A corredo di questa affermazione, il premier snocciola cifre sul fenomeno: «Si calcola che sono da 70 a 90mila le donne che si danno alla prostituzione in Italia e si teme che circa 20mila siano quelle che lo fanno contro la propria volontà, in schiavitù, attirate in Italia con lo specchietto della moda, del cinema o della televisione, utilizzate e poi minacciate di morte. Delle vere e proprie schiave che patiscono una condizione intollerabile» aggiungeva il presidente del Consiglio, sottolineando come il ddl varato dal governo prevede «pene elevate» per chi sfrutta la prostituzione e per i clienti. «Pene - concludeva Berlusconi - molto giuste, soprattutto quando queste sono minorenni e appaiono come tali». Un proclama superato dai fatti e che è in palese contraddizione con quanto sembrerebbe emergere dall’inchiesta di Bari. Probabilmente le due vicende non hanno alcun legame tra di loro, ma non può passare sotto silenzio il pressoché abbandono del ddl. Presentato in Senato il 6 ottobre e assegnato dopo due settimane alle prime e seconde Commissioni riunite (Affari costituzionali e Giustizia), dal 19 marzo è all’esame presso gli stessi organi. Sul fronte, invece, delle indagini cominciano a emergere importanti novità sull’inchiesta che ha originato “il filone D’Addario”. La Tecno hospital non sarebbe l’unica società riconducibile all’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini e a suo fratello, coinvolta in un’inchiesta della magistratura barese su un presunto giro di tangenti in cambio di appalti per forniture sanitarie. Stando a quanto riferito da fonti vicine alle indagini, infatti, sarebbero in corso accertamenti anche su un appalto per la fornitura di apparecchiature sanitarie in strutture della Asl Bat (la provincia del nord barese) ottenuto dalla Global system hospital (Gsh) srl, società che farebbe capo alla Techno hospital. Così come la società madre, anche la Gsh opera nel settore delle forniture ospedaliere e degli apparecchi medicali.

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 159

venerdì 26 giugno 2009

Stessa spiaggia stessi rincari

L’estate è arrivata e con essa, purtroppo, i soliti aumenti effettuati da alcuni stabilimenti balneari. Quanto costa trascorrere una giornata al mare? Troppo in termini di stress, considerando che i meno fortunati devono sopportare diversi km di coda in macchina prima di raggiungere la meta. Ma anche troppo in termini economici, se si considera che lo scorso anno l'aumento dei canoni di concessione per l'utilizzo del suolo pubblico ha fatto lievitare i costi di ingresso negli stabilimenti e quello dei servizi balneari, mentre quest'anno si segnala di nuovo l'aumento dei costi dei servizi e solo il prezzo per l'ingresso sembra restare invariato. In compenso diventa un salasso la ricerca del parcheggio, dove si deve accettare di pagare fino a 9 euro per lasciare l'automobile in un luogo custodito. Quello che colpisce però è che non è sempre facile arrivare alla battigia, sebbene l’accesso debba essere gratuito per legge. I costi di ombrelloni, lettini e sdraio incidono sensibilmente sulle tasche di chi vuole trascorrere una giornata al mare. Ecco che una famiglia composta da 4 persone, che non possiede una casa al mare, quest’anno dovrà spendere mediamente intorno ai 70 euro, includendo l’acquisto di acqua, panini e gelati.


Questi aumenti non sono giustificati anche perchè, di anno in anno, è difficile osservare un miglioramento dei servizi.
Insomma, la spiaggia resta la stessa, gli aumenti pure.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 158

giovedì 25 giugno 2009

Dal curriculum al colloquio, quando lavorare è un’impresa


A dispetto delle tante prese di posizione politiche e sindacali, di lavoro ancora si muore. Oggi più di ieri. Conseguenza di un imbarbarimento culturale che affonda le radici in un passato neppure troppo remoto. Da garanzia di dignità, il lavoro è stato declassato al rango di semplice prodotto da banco. E solo come prodotto può stare sul mercato. In allegato, per completare l’offerta, un lavoratore da restituire a fine utilizzo e intercambiabile come un vuoto a rendere. Lo sportello di un’agenzia di somministrazione lavoro è tappa d’obbligo per capire. «Ti aspettano tante opportunità. Vieni a scoprirle dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle ore 18. Il lavoro è importante per la tua vita». Il pieghevole è invitante. Ufficio nuovo, gli annunci appesi in bacheca promettono lavoro. Le figure professionali richieste sono alla portata di tutti: operai, magazzinieri, asfaltisti e quant’altro possa solleticare la disperata ricerca di chi non può vantare specializzazioni o grandi esperienze. E ne esce dopo aver compilato un questionario, un modulo prestampato sul quale condensare l’attualità di una vita sospesa e la speranza di un futuro, serve da modulo d’iscrizione e da guida per la “breve intervista” che chiude il primo colloquio - e con la vaga promessa di essere richiamati non appena arriverà la richiesta di un profilo professionale uguale al vostro. Avere un database ben nutrito e ricco di profili è obiettivo primario di ogni filiale. Per ottenerlo non si lesina in fatto di pubblicità. E in marketing da supermercato: «Premiamo il tuo lavoro valorizzando il tuo tempo – il manuale informativo, dodici pagine rilegate in formato tascabile, è distribuito ai nuovi iscritti – e ti ringraziamo per la fedeltà e l’impegno che dimostri ogni giorno lavorando con noi». Per averla si devono accumulare almeno ottanta ore di lavoro effettivo. Ogni ottanta ore un punto. Quattro i livelli: basic, junior, senior, master. Altri si affidano a un più rodato paternalismo: «Non si preoccupi. Vedrà che un lavoro glielo troviamo» assicura, e intanto evita di incrociare lo sguardo di chi gli sta di fronte. «I nostri iscritti lavorano quasi tutti, potremmo dire tutti». Insiste: «Vedrà che un posto lo troviamo anche a lei». Per ingannare l’attesa di una chiamata che tarda ad arrivare si può aggiornare trimestralmente il proprio profilo. O guardarsi attorno, cercando fra le tante offerte del “sommerso”. La “crisi” garantisce sempre nuovi alibi, e anche manodopera disposta a tutto pur di agguantare qualcosa. Finti part-time nei negozi di abbigliamento e accessori, baristi e camerieri stagionali che ufficialmente non esistono, lavapiatti, addetti alle pulizie, manovali. L’edilizia è ancora una valvola di sfogo. Qui l’imbarbarimento culturale diventa più evidente. Il tutti contro tutti è norma. Appalti presi giocando al massimo ribasso ma capaci di dividersi in una lunga teoria di subappalti risicati, e affidati a pretese ditte individuali; una partita Iva risolve preventivamente ogni possibile contenzioso. Presi in mezzo, lavoratori di tutte le nazionalità. Non ci sono moduli da compilare: l’unica regola è il silenzio. E nel silenzio generale si lavora per pochi euro l’ora, e in silenzio si muore. Capita, a volte, che la chiamata arrivi: «Se lei è ancora disponibile c’è la possibilità di un inserimento che corrisponde al suo profilo». Il passo successivo è il colloquio diretto con l’azienda utilizzatrice. Se l’esito è positivo si firma il contratto di missione e si comincia. Il referente aziendale (ogni interinale deve rapportarsi con tale figura per qualsiasi problema, dalla firma del foglio presenze alla richiesta di abbigliamento antinfortunistico) accompagna il nuovo arrivato al posto di lavoro e lo affida a chi già sta lavorando. Pochi minuti di corso teorico-pratico e si va in produzione. Le informazioni su rischi e sicurezza possono aspettare. Meglio non protestare, lasciar correre. L’ultima parola, capace di garantire un altro mese di respiro, è quella del referente. Le dinamiche che si credevano lasciate alle spalle sbattendo la porta in faccia al lavoro sommerso rispuntano fra le pieghe di quello regolare. Più garantito ma comunque soggetto a valutazioni continue e a proroghe. Così anche la solidarietà fra compagni di lavoro scivola nell’individualismo.

Non c’è da stupirsi: anche l’infortunio di un compagno può diventare garanzia per il rinnovo di un contratto ormai prossimo alla scadenza.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 157

mercoledì 24 giugno 2009

Un milione di metri cubi di rifiuti. Abbandonati e senza controllo nella discarica di Ferrandelle, dove il percolato* cola nei canali dell’acqua destinata a irrigare immensi campi di grano e rifornire i tre caseifici della zona.


La terra dei fuochi è in piena attività. Un vulcano in eruzione. Ribolle di puzza, liquami, immondizia e fiamme. L’emergenza rifiuti in Campania, e in particolare nella provincia di Caserta feudo dei Casalesi, è scomparsa e risolta solo nei Tg nazionali e nei proclami dei commissari e degli accondiscendenti emissari di governo. Non serve leggere rapporti, perizie e lanci di agenzia per accorgersene. Non serve fare anticamera dall’assessore di turno e meno che mai chiedere “permesso” alle forze dell’ordine. Basta andarci, nella terra dei fuochi, per scoprire questo ennesimo, raccapricciante e pericolosissimo inganno messo in piedi dal Titanic mediatico che fa capo all’attuale maggioranza di governo e in particolare al premier e al suo braccio armato Bertolaso. Basta salire in auto e fare una manciata di chilometri dall’uscita della Domiziana.


A CASAL DI PRINCIPE È MORTO LO STATO PER SUICIDIO.


Che cos’è Ferrandelle?


Ferrandelle è il più grande sito di smaltimento (provvisorio, si diceva) dell’era Bertolaso bis, quella della rinascita del governo Berlusconi terzo. Sta in un’area posta a metà strada fra Santa Maria la Fossa e Casal di Principe. In un’azienda agricola confiscata a Sandokan, Francesco Schiavone, il boss che più di altri capì anticipatamente che la “monnezza” è oro. Un milione di metri cubi di rifiuti, ecco cosa conterrebbe questo sito “di interesse strategico nazionale” (di conseguenza vincolato a segreto di Stato per non avere rompiscatole che vadano a ficcare il naso). E ad aprile scorso il blocco per raggiunti limiti.


DISCARICA IMMENSA, A CIELO APERTO, PARZIALMENTE ABBANDONATA.


Se c’è una vigilanza all’ingresso principale, di lato si arriva quasi a toccarle le montagne di rifiuti e non risulta alcun controllo neppure a distanza. Ci si rende conto immediatamente che sono saltate, se mai sono state attuate, tutte le norme di sicurezza e di contenimento degli inquinanti. Il percolato cola nei canali di scolo mischiandosi con l’acqua (se è possibile chiamare acqua il liquame maleodorante che scorre in quei fossi) che andrà a irrigare gli immensi campi di grano della zona. Le coperture sono saltate. Molte delle piscine (fatte di teli impermeabilizzanti) hanno ceduto e i rifiuti sono a contatto direttamente con il terreno. Anche in questo sito già ci sono rifiuti smaltiti irregolarmente senza alcuna barriera di contenimento del percolato. Dall’altra parte della strada una serie di capannoni e di aree di stoccaggio di ecoballe. In uno di questi, allagato, le ecoballe galleggiano. Lo stesso spettacolo al quale si assiste nell’area limitrofa all’aperto, senza neppure la provvisoria copertura garantita dalle tettoie. I teli a terra sono posizionati in modo che il percolato (che si riforma inevitabilmente a contatto dell’acqua) defluisca all’esterno del sito. Anche questo posizionato a pochi metri da terreni coltivati e dai tre caseifici presenti nell’area.


IL MOSTRO È LÌ SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI, MA NESSUNO VEDE.


Amianto, frigoriferi, copertoni, spazzatura “semplice”, barattoli di vernice: tutto brucia velocemente e il fumo avvolge tutto, denso, irrespirabile.



*Il percolato è un liquido che trae prevalentemente origine dall'infiltrazione di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi. In misura minore è anche prodotto dalla progressiva compattazione dei rifiuti. Il percolato prodotto dalle discariche controllate di rifiuti solidi urbani (R.S.U.) è un refluo con un tenore più o meno elevato di inquinanti organici e inorganici, derivanti dai processi biologici e fisico-chimici all’interno delle discariche.

Fonte: Terranews


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 156

martedì 23 giugno 2009

Gratti e vinci? Niente infarti, ma sicuri vitalizi


La pensione è un azzardo, ormai. I conti dell’Inps sono in disordine e ogni volta che c’è da mettere mano ai tagli alla spesa a cosa si pensa? Alle pensioni, naturalmente. Bene, anziché all’azzardo della pensione adesso ci si potrà affidare direttamente al gioco d’azzardo. Sbarca in Italia infatti il Gratta e vinci con il vitalizio. Già di grande successo in Inghilterra, adesso arriverà in Italia la vincita col gioco d’azzardo dei Monopoli di Stato (perché si tratta di gioco d’azzardo, non ci viene altra definizione) che non darà il gruzzoletto subito, ma lo diluirà nel tempo. In pratica un vitalizio che assicura così ogni mese un ridente assegno che o si aggiunge allo stipendio del proprio lavoro, oppure può perfino diventare fonte vera e propria di reddito. Come una pensione, appunto. Con il vantaggio che una vincita troppo elevata al gratta e vinci (tipo un milione di euro) può far venire un infarto o cambiare in peggio la vita delle persone che alla fine potrebbero suicidarsi. Quindi diluire la vincita significa evitare ricorsi ospedalieri e risparmiare sulla sanità pubblica. Tutte le volte che si pensa alle vincite milionarie, immancabilmente si tira fuori la storia di quelli che non sono sopravvissuti alla valanga di denaro, signora mia può essere terribile. Meglio una sana vita micragnosa con le bollette da pagare a fine mese, il mutuo, l’asilo, la mensa dei bambini. Salvo poi investire milioni di euro ogni settimana proprio sui giochi che possono assicurare vincite cospicue: Superenalotto, Lotto, Schedine, Gratta e vinci. Solo quest’anno la cifra mostruosa che gli italiani spenderanno nel Gratta e vinci dovrebbe ammontare a dieci miliardi. Adesso che arriva la nuova formula, il piatto si arricchisce e le società specializzate (Sisal, Snai, Lottomatica e Intralot) si preparano a una gara straordinaria per gestire la ricchissima torta. Vitalizio per vitalizio, ma allora anziché consegnare all’Inps una cifra mensile per accantonare la pensione, diamoli direttamente in mano ai lavoratori che li investiranno nel Gratta e vinci con il vitalizio. Così nell’arco dei trentacinque anni lavorativi di un cittadino, magari ci scappa la vincita. E se poi uno tira le cuoia prima? Il vitalizio viene dato agli eredi, come la reversibilità delle pensioni?


Sarebbe meglio, altrimenti il Gratta e vinci potrebbe ridursi al gesto scaramantico molto diffuso nel sud Italia.



By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 155

venerdì 12 giugno 2009

Ssssssttt....parla Brunetta


(dal suo blog Brunetta risponde a Massimo Gramellini che ha osato commentare l'intervento del Ministro ad un convegno di Confindustria )



Povertà e forza dei numeri


Vedo che Massimo Gramellini coltiva il coraggio delle parole impopolari, ripetendo le mie. Me ne compiaccio e felicito. Vorrei, pertanto, sottoporgli qualche osservazione. La prima: se, per incontrare dipendenti, casalinghe e pensionati egli si reca in un supermercato, trovandoli per giunta numerosi, a parte ogni altra considerazione, è segno che non sono ridotti alla fame. La seconda: i numeri hanno la testa dura e non si spostano solo per il fastidio che provocano, e i numeri dicono che lo stipendio dei dipendenti è cresciuto più dell’inflazione, sia nel quarto trimestre del 2008, sia nei primi quattro mesi del 2009. Quindi, per la larga maggioranza dei dipendenti, che hanno conservato il loro posto di lavoro, il potere d’acquisto è aumentato. L’indagine Istat sulle retribuzioni contrattuali mostra un aumento delle retribuzioni per dipendente che supera l’inflazione dello 0,9 per cento nel quarto trimestre del 2008, del 2,4 per cento nel primo trimestre e del 2,3 per cento nel mese di aprile. Un simile discorso si può fare per i pensionati, che hanno visto da gennaio un aumento dell’importo delle pensioni del 3,1 per cento a fronte di un aumento dei prezzi al consumo dell’1,8 per cento nel primo trimestre e dell’1,0 per cento nel bimestre aprile-maggio.
Gramellini teme che, dicendolo, c’inseguano e prendano a mazzate? Vorrà dire che il mondo ideale è quello in cui i metereologi, per prudenza, annunciano solo il bel tempo, e poi si danno alla latitanza. Comunque, l’aumento del potere d’acquisto, che è incontestabile, non significa che chi ieri comperava zucchine oggi acquista elicotteri, per deambulare più comodamente, ma significa, ovviamente, che circa 30 milioni d’italiani non si sono impoveriti affatto.
E veniamo alla terza osservazione, sulla povertà: non ci sono dati aggiornati circa la povertà complessiva e non faccio la chiromante; però, posto che molti hanno aumentato il potere d’acquisto (tra pensionati e lavoratori dipendenti, forse la metà delle famiglie italiane) è evidente che non tutti gli italiani si trovano nella stessa situazione. Nella media, il reddito reale e la spesa complessiva delle famiglie si contraggono dal secondo trimestre del 2008. Non so se la compresenza di una netta caduta dei redditi da lavoro autonomo e da capitale e di una tenuta di quelli da lavoro e da pensione aumenti la povertà assoluta, ma nutro più di un dubbio. Perché il reddito delle famiglie dei lavoratori autonomi è, nella media, del 15 per cento superiore a quello delle famiglie dei lavoratori dipendenti. Paradossalmente, e senza nulla togliere al dramma di chi perde il lavoro (autonomo o dipendente) e di chi vede il proprio reddito decurtato dalla cassa integrazione, la crisi sembra operare un effetto di riduzione delle differenze; e di questo continuerò a parlare, a dispetto dei mugugnatori. In ogni caso, caro Gramellini, testimonio personalmente della sua innocenza. Viva tranquillo.



By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 154

giovedì 11 giugno 2009

Brunetta: cresce il potere d'acquisto di lavoratori e pensionati. E gli industriali lo contestano
"I redditi sono sempre più alti"
ma la Cei lo smentisce


Nell’ultimo anno il potere d’acquisto per i lavoratori dipendenti e i pensionati è aumentato dell’1-2 per cento: in Italia la povertà è diminuita. È la tesi esposta dal ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, dal palco dell’Auditorium della Tecnica di Confindustria dove è in corso la Giornata dell’Innovazione. La platea del convegno, però, non ha accolto positivamente le parole di Brunetta e dopo qualche mugugno nella sala il ministro è sbottato: "Rumoreggiate quanto volete, ma queste sono le statistiche", si è rivolto ai partecipanti. Brunetta ha poi cercato di continuare il suo intervento ma ha dovuto chiedere esplicitamente alla platea di "smetterla di rumoreggiare" per andare avanti. E a contestare il ministro non sono stati i sindacati, bensì gli industriali, ovvero una parte di società tradizionalmente amica del governo di centrodestra. Le presunte statistiche del ministro sono state immediatamente smentite con dati oggettivi. "Dal '93 il valore delle pensioni è calato del 30%", ha detto il segretario Cisl Gianni Baratta rispondendo a Brunetta. "Cassa integrazione, dati economici e prospettive di una contrazione del pil quest’anno intorno al 5% lasciano ritenere che avremo una compressione dei consumi, un problema di minori introiti fiscali e un conseguente aggravio dei conti pubblici. È una miscela esplosiva per il Paese - ha aggiunto - prima di dire che siamo usciti dal tunnel ce ne vuole". Parole, quelle di Brunetta, che hanno trovato un forte argine anche nella posizione dei vescovi italiani. Perché, secondo la Cei, a motivo della crisi economica mondiale, che ha pesanti ricadute anche in Italia, soprattutto sul piano occupazionale, nel nostro Paese "le diseguaglianze aumentano invece di diminuire". Lo affermano i vescovi italiani nel comunicato finale della loro 59' Assemblea Generale. I presuli contestano per questo l’utilizzo della parola "esuberi" per segnalare i lavoratori considerati in eccedenza nei settori colpiti dalla crisi, visto che si tratta di persone e non di oggetti. I vescovi si associano quindi al "richiamo" fatto nei giorni scorsi dal cardinale presidente, Angelo Bagnasco a "non sottovalutare la crisi" occupazionale in corso "come si trattasse di alleggerire la nave di futile zavorra. Nessuno ignora - si legge nel comunicato - il pesante impatto della sfavorevole congiuntura economica internazionale, di cui non si riesce a cogliere ancora esattamente la portata, né si intende minimizzare l'impegno profuso da chi detiene l'autorità".

Per la Cei, però, "resta evidente che i costi del difficile momento presente ricadono in misura prevalente sulle fasce più deboli della popolazione".
Anche gli industriali e la Cei sono tutti comunistacci della CGIL?


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 153

mercoledì 10 giugno 2009

Il Cavaliere invincibile e l'incantesimo rotto



Il voto, contro ogni previsione, consegna una novità politica di prima grandezza. Se il forte calo del Pd era nelle previsioni - e si può riconoscere a Franceschini il merito di aver frenato l'emorragia -, se la probabilità che la sinistra stesse fuori dal Parlamento Europeo era elevata, pur in una crescita importante rispetto al 2008, se il successo di Di Pietro e quello della Lega era in conto, nessuno poteva scommettere un centesimo sul 35% a Berlusconi. È come se si fosse incrinato l'incantesimo con una parte del Paese: che malgrado i toni da crociata e l'impegno personale profuso, si è rifugiata in un'astensione fatta di disgusto, disincanto, sfiducia. In un anno di Governo, a fronte del brillante successo dei popolari europei nei principali paesi (Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna), il Pdl cede più di due punti, e quello che era stato annunciato come un plebiscito personale, cui far seguire la nuova legge Acerbo tramite referendum, diventa un primo episodio di cedimento della grande armata berlusconiana. Col senno di poi i segnali c'erano: le prese di distanza di Fini e di Tremonti, i mal di pancia verso la subalternità a Maroni e alla Lega, la crisi siciliana, vero epicentro del calo Pdl. Intendiamoci: non si possono prendere fischi per fiaschi. Il Paese è più a destra, come lo è l'Europa. Mentre Oltreatlantico nasce una nuova corrente progressista con Obama, il vecchio Continente, e l'Italia in primis appaiono attraversati da umori negativi, privi di speranza e di fiducia, senza ottimismo. Se la sinistra paga dazio, oramai da molti anni, e i ceti operai e popolari che intende rappresentare si distaccano da lei, ora a destra, come in Europa, anche in Italia vince l'odio contro gli immigrati, l'ideologia sicuritaria, condita di radici cristiane e odio per l'Islam, alla faccia di Benedetto XVI e di Barack Obama. Così la maggioranza rimane forte, ma spostata e condizionata più di prima sulle posizioni della Lega. E questo fatto è destinato a indebolire la coesione del Governo. L'esito amministrativo al Nord, malgrado i ballottaggi di Torino, Venezia, Milano, la disfatta del Pd in Umbria e nelle Marche, la larga vittoria governativa nel Mezzogiorno non possono far dormire sonni tranquilli al centrosinistra. Ora deve uscire dal torpore e darsi una linea politica: trasformare in una coalizione quella maggioranza che dal voto è contro il Governo. E il grosso di questa sfida si giocherà, nelle prossime settimane, in casa Pd.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 152

martedì 9 giugno 2009

PREDICHE UTILI


Ora se ne sono accorti anche i vescovi che le favole a lieto fine raccontate da Silvio Berlusconi e dai suoi ministri servono soltanto a nascondere la sempre più dura realtà di vita quotidiana di milioni di italiani. Dire che i lavoratori non sono «una futile zavorra» dalla quale liberarsi con disinvoltura in tempi di crisi e denunciare la condizione di particolare debolezza di tanti giovani e meno giovani precari significa lanciare una pesante e precisa accusa contro l' insufficienza della politica sociale del governo. E' probabile che pronunciare simili parole sia costato non poco al presidente della Cei, cardinale Bagnasco, che finora ha risparmiato accenti critici verso un governo sempre pronto per parte sua a genuflettersi su una quantità di materie care alle gerarchie cattoliche. A una simile svolta si è forse giunti perché la capillare rete delle parrocchie è finalmente riuscita a far arrivare al vertice dell' organizzazione ecclesiale il riverbero del malessere diffuso soprattutto nelle fasce più deboli ed esposte della popolazione. Chi vive - come fanno anche migliaia di parroci - accanto ai bisogni della gente, giorno dopo giorno, ha ormai potuto constatare da tempo che il clima sociale sta subendo strappie torsioni crudelia causa delle crescenti situazioni di disagio provocate dalla perdita integrale o parziale di un reddito per molti già di pura sopravvivenza. Dal basso della società, insomma, salgono tali messaggi d' allarme che nessuno - neppure le alte gerarchie vaticane - può far finta di non sentire. Lo stesso Pontefice aveva espresso concetti analoghi a quelli ora ribaditi dal presidente della Conferenza episcopale. La prima replica del governo non è stata certo delle più brillanti. Il ministro del Welfare, infatti, si è limitato a rilanciare la sua già consunta proposta di una moratoria dei licenziamenti da attuarsi in termini di autodisciplina da parte delle imprese. In via astratta sarebbe come l' uovo di Colombo: le aziende non licenziano più e magari continuano a pagare gli stipendi anche se non producono. Ma non Sacconi, neppure San Francesco saprebbe trovare imprenditori disposti a una simile follia economica. In concreto l' ipotesi può reggere soltanto se si ricorre a qualche forma di intervento finanziario pubblico che vada a specifico sostegno del mantenimento dell' occupazione nelle imprese in difficoltà: insomma, una sorta di super cassa di integrazione. Il ministro ha un' idea su dove trovare i soldi per una tale operazione? Ed ha anche in mente un chiaro e trasparente modello di distribuzione dei medesimi che impedisca sia facili abusi sia distorsioni della concorrenza fra imprese che agiscono sullo stesso mercato? Nel vuoto di queste precondizioni elementari la proposta di una moratoria spontanea dei licenziamenti non può che risultare l' ennesima favola mediatica raccontata per gettare fumo negli occhi. Una strategia pericolosa sulla distanza, né più né meno di quella seguita da altri due colleghi del buon Sacconi, i ministri Brunetta e Tremonti che insistono nel tentativo di consolare chi ha perso o sta perdendo il proprio stipendio con l' assicurazione che il peggio è passato perché si è almeno evitata l' apocalisse dei tracolli bancari. Con buona pace dei dispensatori di ottimismo, infatti, il peggio non è passato per tanti, troppi lavoratori anche perché, sebbene la recessione sia in rallentamento, i nodi più duri in termini di licenziamenti arriveranno al pettine proprio nelle prossime settimane. O qualcuno crede, per esempio, che Marchionne potrà tenersi tutti i lavoratori che la Fiat ha oggi anche vendendo meno automobili?



Dunque, si rassegnino Berlusconi e i suoi ministri: si può ingannare qualcuno anche più di una volta, ma non tutti e per sempre. Tant' è che ora, dopo quei "comunistacci" dell' opposizione e della Cgil, sembra che se ne siano accorti anche i vescovi.






By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 151

venerdì 5 giugno 2009

E il Regno vacillò per due cassette porno



Un ministro dell’Interno di un paese che, pensate un po’, non è l’Italia si è dimesso senza battere ciglio dopo averla fatta grossa, o forse, più semplicemente, per non aver vigilato su uno strettissimo familiare ingordo. Siamo infatti in Gran Bretagna, e lei, ministro donna, si chiama Jacqui Smith. Il rimpasto governativo che Gordon Brown ha già in mente non ne contempla più la presenza fra gli scranni dedicati all’esecutivo. Le ragioni dell’uscita di scena della signora sono minuscole e insieme ciclopiche, magari addirittura risibili, almeno agli occhi dei tolleranti: si tratta infatti di un affare di famiglia, forse affare è dire troppo, tuttavia l’opinione pubblica non ha accettato (ma perfino “The Guardian”, testata tradizionalmente a fianco dei Laburisti, ha chiesto allo stesso Brown di andarsene) che il consorte del ministro, lo scorso marzo, usasse denaro pubblico per noleggiare due cassette porno. È bastato spulciare le note spese della Smith per accorgersi del misfatto. Un sintomo delle cose che non vanno per il verso giusto a Londra e nel Regno Unito intero, certo, tuttavia dietro il caso Smith campeggia la rabbia dei sudditi britannici contro la prassi (ricorrente fra ministri e parlamentari) nel gonfiare rimborsi e appunto note spese “dal cibo per i cani alla pulizia della piscina”.
Con che occhi giudicherebbe l’assai più mite cittadino del Belpaese un caso del genere?
Proviamo a immaginare il suo pensiero. C’è chi, corroborato dal bisogno di cristiana misericordia, direbbe: e che sarà mai? Mica ha ucciso qualcuno! Certo così di interpretare un sentire comune, doverosamente tollerante, visto che una leggerezza può capitare a tutti, Berlusconi e non. Sì, il soprassedere davanti alle regole, forse perfino agli stessi principi di trasparenza, di correttezza istituzionale. Ma c’è anche chi vorrebbe invece che la stessa sollecitudine nel cedere la poltrona e le prebende sia rispettata anche fra Palazzo Chigi, piazza Montecitorio e Palazzo Madama, “perché i governanti è giusto che diano per primi l’esempio, cavolo!”, salvo poi accorgersi che ragionare così non tiene conto dell’arma del perdono.
Fossi il marito del ministro Smith sceglierei di venire a vivere in Italia, magari a spese del nostro presidente del Consiglio.



By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 150

giovedì 4 giugno 2009

L'autosovvenzione allo sceriffo di Treviso


Le parole di Giancarlo Gentilini spesso sono materia da aula di giustizia. Infatti è stato rinviato a giudizio per istigazione all'odio razziale per le sue frasi su rom, immigrati e musulmani. Ma nella deriva italiana ci siamo abituati a tutto. E così non scandalizza scoprire che il Comune di Treviso ha stanziato diecimila euro per fare stampare un volume sull'opera del più celebre "sceriffo" leghista. Un finanziamento deciso mentre lo stesso municipio taglia con la scure i fondi per assistenza sociale e per altre iniziative di più diretta utilità. Gentilini, ex primo cittadino per due mandati ora costretto a fare il vice sindaco ma di fatto dominus dell'amministrazione, ha difeso l'auto-sovvenzione: "È giusto che i cittadini sappiano cosa è stato fatto. E anche quelli di Treviso devono sapere, altrimenti si dimenticano del casino che c’era prima del mio arrivo, nel 1994. I soldi quindi li spendo prima per i miei cittadini, per far vedere loro cosa abbiamo fatto per la città. Per i servizi sociali, per gli immigrati, arriveranno altre somme più avanti". Il popolo è sovrano e in ben quattro elezioni consecutive i trevigiani hanno ribadito la loro fiducia a "Super G". Resta il dubbio: ma se il libro venisse messo in vendita, non si potrebbe fare a meno della sovvenzione pubblica?


Una raccolta delle frasi di Gentilini, da quando voleva far "vestire gli extracomunitari da leprotti" per sparargli addosso o l'invito a "mandare a pregare i musulmani nel deserto" o l'ultimissimo appello per "l'eliminazione dei bambini rom che rubano agli anziani" potrebbe diventare un manuale di studio sull'era dell'intolleranza, di grandissima diffusione.

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 149

mercoledì 3 giugno 2009

Se la Coca Cola tira le orecchie al consumismo

C'è uno spot della CocaCola tutto disegnini con la voce di una bambina che dice che preferisce cose semplici a quelle costose. Tipo la bici invece dell'auto, la pizza invece del sushi e così via. Una fra le affermazioni è che preferisce andare a casa della nonna invece che in un resort. Apriti cielo, ci son state proteste. Pare che simili eresie sobillatrici possano danneggiare il turismo. Non abbiamo notizie dalle associazioni delle nonne, che potrebbero protestare sostenendo di non volere passare l'estate a inseguire nipoti. Comunque le proteste sembrano peccare di immaginazione. Infatti niente impedirebbe alle nonne di andare a vacanzare nei resort mentre i nipoti stanno a casa loro. Questo anzi, se si vuol rilanciare l'economia, potrebbe aiutare parecchio il mercato delle imprese di pulizie e quelle che offrono ritinteggiatura al volo e riparazioni d'urgenza. Se avete mai visto una casa dopo una settimana di anarchia adolescenziale capite certamente cosa intendo. Curioso inoltre che non ci siano state proteste da parte dei produttori di auto, dai ristoratori specializzati in sushi, e dagli importatori di caviale. Si vede che non temono la disaffezione a così breve termine. Invece sul fronte turistico qualcuno ha minacciato di boicottare la Coca Cola.

Come se il consumismo fosse un dogma che non è proprio permesso mettere in dubbio.
Neppure a chi ne ha inventato un bel pò.



By Angelo Stelitano


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