La Chicchetta - 148

venerdì 29 maggio 2009

Morire sul lavoro non è una fatalità


Bruno Muntoni, padre di tre figli, Daniele Melis e Luigi Solinas, poco più che ragazzi, sono gli ultimi morti della strage del lavoro. I colleghi raccontano che - nell'impianto di Sarroch di proprietà dei Moratti -, durante il lavoro di manutenzione dell'impianto di desolforazione da parte di una ditta esterna che ha lavori in appalto, un operaio si è sentito male, e gli altri sono intervenuti per aiutarlo. In tre sono morti, così com'era successo lavando una cisterna a Molfetta, l'anno passato. Una delle più grandi raffinerie d'Europa, che da sola lavora il 15% dei barili in Italia, mette in scena la stessa tragedia di un piccolo impianto di pulizia delle autocisterne, in Puglia. Ora un'inchiesta chiarirà la dinamica della vicenda, e accerterà le eventuali responsabilità. Non abbiamo ancora elementi precisi per esprimerci. Ma «nessuno parli di fatalità», come ha subito ammonito il segretario della Camera del Lavoro di Cagliari. E tuttavia, stando dalla parte dei lavoratori di Sarroch, due considerazioni sono obbligate, a prescindere da simpatie politiche o simpatie ideali.
La prima è che il trait d'union tra questi eventi, la ThyssenKrupp, gli incidenti quotidiani nei cantieri edili (fino al muratore il cui corpo è stato occultato in Sicilia: lavorava a nero per una azienda non regolare), in campagna e in tante realtà produttive - di cui sono vittime le persone che hanno ritmi più intensi di sfruttamento - è la massimizzazione del profitto a scapito del lavoro, tornato a essere merce, alienato, spersonalizzato, carico di ansia e di paura. La rivoluzione democratica di cui l'Italia ha bisogno consiste nella scoperta del valore del lavoro: mettendo da parte l'illusione del guadagno facile, lo spirito speculativo del nostro tempo, il velinismo e il Truman show quotidiano della politica nostrana. Retribuendo il lavoro adeguatamente. Garantendogli sicurezza e formazione. Bisogna rompere con l'ideologia liberista di un ventennio, e riscoprire l'articolo 1 della Costituzione.
La seconda considerazione è che il Governo non può allentare l'avvio di una politica rigorosa e severa, cominciata, pur tardivamente, nel 2007 da Prodi.
Il Ministro Sacconi deve meditare, e con lui l'intera maggioranza, sul bisogno di una stretta per difendere la vita e la salute di chi lavora. Altrimenti si diventa corresponsabili, e non servono lacrime di coccodrillo.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 147

giovedì 28 maggio 2009

Siamo un paese di vecchi


L’Italia degli anni ‘50, '60, '70 era un’Italia giovane fatta di gente giovane. Oggi siamo un paese di vecchi governato da vecchi, una greve geriatria gerarchica, fatta in maggior parte da mediocri o scarsamente elevati. La vecchiaia non la fanno gli anni né la fa la crisi e nemmeno le disgrazie naturali. La vecchiaia nasce dalla mancanza di speranza e dall’appiattimento dello spirito, è la morte interiore di chi abdica alla propria libertà e alla propria luce, per infangarsi nel buio della materia o della sconfitta, che sono due oscurità apparentemente diverse ma sostanzialmente simili, perché significano sempre la morte dell’Uomo. Per questo abbiamo tanti giovani vecchi che per vitalizzarsi hanno bisogno di farsi due piste. E si diffondono i Lapo, i Corona, i Capezzone, i Fitto… gente che insegue solo qualche piacere materiale, qualche visibilità mediatica, qualche potere facile, ma dentro è paurosamente vuota, eppure sono questi che i media spregevoli presentano come modelli, esempi barbari di un modo di vita che ci viene imposto dal potere in una continua adulterazione delle coscienze. Quando Berlusconi dice alla ragazza disoccupata: “Sposati un ricco!”, quando fa Ministra la Carfagna, compra appartamento o diamanti alla velina, i suoi giornali celebrano qualche sciacquetta o prende come portavoce un voltagabbana, mostra una costante coazione di vita: la prostituzione, il vendere se stessi, il proprio corpo o le proprie idee, la ricchezza e la visibilità come progetti vincenti, la corruzione del corpo e della mente come modelli di comportamento.
E’ questo che è vecchio e invecchia: la prostituzione dell’anima.
E’ questo che fa vecchio un paese e un popolo: l’abiezione delle coscienze.

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 146

mercoledì 27 maggio 2009


Caccia libera, blitz della Lega in Aula le norme bocciate


I parlamentari del Carroccio ripropongono a sorpresa la possibilità di sparare ai migratori e il fucile ai sedicenni


Uccidere animali protetti dalle direttive comunitarie sembra proprio una tentazione irresistibile per i parlamentari legati al partito di doppietta selvaggia. La ragione suggerirebbe di lasciar perdere: i sondaggi dicono che gli italiani sono in una buona parte contrari alla caccia e a maggioranza bulgara contro la caccia no limits; l'Unione europea ci tiene sotto tiro e sfoglia i fascicoli sui procedimenti già pendenti per le infrazioni alle direttive comunitarie sulla protezione degli uccelli migratori; all'interno della maggioranza l'ala contraria al massacro della fauna è consistente e la prospettiva di un calo di consensi preoccupa i vertici del Pdl. Eppure niente da fare. I talebani della doppietta sono inarrestabili. Inanellate una dietro l'altra, le proposte che negli ultimi mesi si sono accavallate nelle varie proposte di legge configurano un Paese in cui, grazie a un regime di deroghe spinto, si può fare praticamente di tutto. Sparare sui migratori in volo verso i luoghi di riproduzione, troncando così la catena della vita. Sparare in pieno agosto mentre le campagne sono popolate da chi cerca un pò di tranquillità. Mettere un fucile in mano a un ragazzino di 16 anni a cui non si affida una macchina. Cacciare dopo il tramonto e sulla neve. Creare migrazioni di doppiette che attraversano l'Italia per concentrarsi nelle regioni in cui è disponibile la preda più interessante, facendo saltare il rapporto tra cacciatore e territorio. Liberalizzare l'uso delle civette da appendere a testa in giù (gli zimbelli) in modo che la loro disperazione attiri altri uccelli da abbattere. E se poi qualche cacciatore riesce a mettersi fuori regola violando le poche norme rimaste, niente paura: pene più leggere per tutti. Ora manca solo il timbro del Parlamento.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 145

martedì 26 maggio 2009

Se è innocente rinunci al lodo Alfano

La reazione del Presidente del Consiglio alla lettura delle motivazioni della condanna di Mills appare del tutto fuori luogo. "Giustizia ad orologeria", ha scandito la batteria dei suoi luogotenenti, coprendolo nell'ennesima intemerata contro i giudici. In questo caso si tratta, invece, di un procedimento che dura da molti anni, sul quale Berlusconi si era personalmente esposto nell'escludere alla radice ogni corresponsabilità. Nel 99 ribadiva con nettezza: "ho dichiarato pubblicamente (...) che di questa All Iberian non conoscevo neppure l'esistenza. Sfido chiunque a dimostrare il contrario". Non si tratta di un procedimento nuovo, di un'indagine che nasce in campagna elettorale, di un avviso di garanzia: ma della condanna di un uomo che secondo la sentenza ha mentito per tenere fuori Berlusconi dai guai, per dimostrare che non esisteva un sistema di 64 società offshore di Fininvest all'estero, con la quale sono state gestite alcune delle più importanti operazioni di rafforzamento dell'impero economico e mediatico di Berlusconi, dal sostegno a Previti nelle sue attività al Tribunale di Roma all'acquisizione di Mondadori e di Standa. Sono un garantista. Si può proclamare la propria innocenza fino a sentenza definitiva. Ma è lì che bisogna combattere. Lo scudo del lodo Alfano ha invece levato a Berlusconi la necessità di dimostrare la propria estraneità a quelle operazioni. Ed oggi siamo al paradosso della condanna di una terza persona, Mills, con motivazioni che senza il lodo voluto dal Guardasigilli avrebbero portato a un grave coinvolgimento di Berlusconi. L'opinione pubblica italiana e quella internazionale, alla vigilia del G8, già turbate dall'ostentazione un pò pornografica delle veline, delle feste con "papi" e dei divorzi proclamati in diretta Tv, potrebbe ora essere rassicurata solo dalla decisione di rinunciare allo scudo dell'immunità, di non armare l'ennesima guerra tra poteri dello Stato. Altrimenti, di fronte a un atteggiamento come quello di Berlusconi nelle prime ore - ancor più se portato in Parlamento -, il prestigio delle istituzioni verrebbe drammaticamente scosso. Non bastano Minzolini e Mazza in Rai per rassicurare gli italiani.
Berlusconi può forse vincere le europee, facendo la vittima, ma a un prezzo troppo alto per la democrazia.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 144

venerdì 22 maggio 2009

Scrivo questo articolo con un forte magone. La rabbia è passata ed a lasciato il posto alla delusione ed alla tristezza ideologica/culturale rafforzata ancora dai continui litigi delle OO.SS. confederali.
Adesso BASTA!!!!
E' necessario ricompattarsi ed impedire che questo Governo ci porti alla deriva.
Cgil, Cisl, Uil a un passo dal baratro
Dallo scontro fra maggioranza e opposizione e dalle fibrillazioni sociali in corso è il sindacato a uscirne con le ossa rotte. L’unità sindacale, già precaria da molto tempo, è oramai un ricordo dei tempi di Lama, Carniti, Benvenuto. Sotto il peso degli eventi (vertenza Alitalia, caos scuola, vicende pubblico impiego ecc.) e soprattutto sotto il peso di una strategia disgregante del governo, la “triplice” si è sbriciolata. Cgil, Cisl, Uil marciano divisi e impotenti, impegnati a rinfacciarsi responsabilità e accuse.
I lavoratori sono delusi e sfiduciati e gli stessi iscritti sono oramai in uno stato di prostrazione.
Quella della divisione sindacale è una storia già vista. Non si sono mai rimarginate le ferite degli anni ’50, quando dominavano le ideologie e i sindacati rispondevano ai partiti di “provenienza”. Non fa male ricordare che in Italia, nel 1945, i sindacati furono rifondati dai partiti, a cui rispondevano, prima che ai lavoratori.
Ad ogni modo, un sindacato diviso non ha scampo e non ha futuro.
Contestualmente, quando un governo punta tutto sulla propria autoreferenzialità e persegue la linea di sfiancare e dividere il sindacato, una linea basata su provocazioni e ricatti (“prendere o lasciare”), entra in un campo minato: i fuochi che divampano rischiano poi di bruciare tutto e tutti. Se manca un sindacato forte e credibile, i lavoratori si dividono in mille rivoli e in mille lotte, per lo più inutili, corporative e sempre più esasperate, con danni per se stessi e per il paese (vedi caso Torino). I limiti e gli errori dei sindacati sono evidenti: c’è impotenza di fronte alla crisi e c’è soprattutto un problema di rappresentatività, quindi di democrazia.
Il sindacato deve essere rivoltato come un calzino, attraverso una grande e profondo rinnovamento di uomini e di idee. Rinnovamento che non può che partire dal basso.

E’ l’ora che tutti facciano un passo indietro.

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 143

giovedì 21 maggio 2009

L'ira di Silvio, aspettando la Camera


Come un arco teso da troppo tempo, il presidente del Consiglio a l’Aquila, accanto a Barroso, alla domanda dell’”Unità”: “Ma non sarebbe meglio farsi processare?”, è scattato inveendo ad alta voce contro i giornalisti “che si dovrebbero vergognare” per come stanno trattando, non solo la sentenza sull’avvocato Mills, ma anche le “veline”, il divorzio, Noemi” cui il Sole 24 Ore è andato a fare le bucce cercando le proprietà immobiliari. Se una conferenza stampa si è trasformata in una invettiva contro “certi giudici”, contro “l’uso politico della giustizia”, contro l’opposizione di sinistra “che delegittima”, contro Di Pietro “pericoloso per la democrazia”, contro i giornalisti, c’è da chiedersi come sarà la seduta della Camera in cui il presidente del Consiglio dirà la sua verità sulla questione giudiziaria Mills – dalla quale in realtà la sua posizione è stata stralciata: Berlusconi farà venir giù il velario dell’architetto Basile. Due opposizioni su tre non gli daranno certo il benvenuto: Franceschini e Di Pietro gli chiedono di rinunciare alle garanzie della legge Alfano e di farsi processare. Casini apprezza invece la sensibilità istituzionale, ma avverte Bocchino: a forza di accusarlo così, Silvio si rafforza.

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 142

mercoledì 20 maggio 2009

Extracomunitari e carrozze della metropolitana


Una "semplice" provocazione è il commento che Matteo Salvini, vice segretario della Lega rilascia sulla vicenda delle carrozze della metropolitana riservate alle donne e altre agli extracomunitari. Le stupidaggini quando sono troppo grosse diventano "provocazioni". Questo signore spiega i motivi della sua presa di posizione: "Uso i mezzi a Milano da vent'anni e vista l'arroganza, la maleducazione e la violenza che regnano, così come una volta c'erano i posti riservati ai reduci, agli invalidi e alle donne incinte, avanti di questo passo fra dieci anni se non si interviene ci saranno posti o vagoni riservati ai milanesi e alle persone perbene. Se non si mette un limite all'immigrazione arriveremo a questo". A rincarare la dose è arrivata poi una delle candidate al Consiglio provinciale, Raffaella Piccinni, che ha proposto di riservare "vagoni solo per extracomunitari" per aumentare la sicurezza. Gli esponenti leghisti fanno parte di un partito che governa Milano da oltre 10 anni, quindi se c'è un problema di ordine pubblico e di rispetto delle regole nel metro milanese qualche "mea culpa" dovranno pure farla oppure anche in questo caso è colpa dei comunisti e della sinistra? Sinceramente pensavo che, nonostante la "fame" di voti, non si arrivasse a questo punto. La proposta di Salvini è ridicola nei fatti perché i vagoni (e i posti) riservati ai milanesi resterebbero deserti. Chi, a Milano, si può dire milanese al 100%? Non passeranno certo le carrozze riservate ai milanesi, ma le ronde spia, gli amministratori condominiali spia, i presidi spia e i medici spia hanno incontrato lusinghieri successi e se qualcosa non ce l'ha fatta ad arrivare in fondo, è solo questione di tempo. Oggi non servono le "carrozze riservate" ma serve una nuova cultura di rispetto delle regole, ma dappertutto non solo in metropolitana, perché quello che manca nel nostro tempo è proprio l'educazione civica. Chi in metro fa il maleducato, non paga il biglietto, infastidisce, ruba, ecc. dovrebbe essere semplicemente cacciato in alcuni casi, essere arrestato in altri. Chi dobbiamo punire è chi non fa rispettare le regole, chi occupa la propria poltrona solo per scaldarla e non per lavorare per la comunità!


La lega non è nuova a simili "provocazioni" e questa pericolosa deriva sembra ormai segnata ma il fatto che proposte come questa possano portare vantaggio elettorale è assai preoccupante.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 141

martedì 19 maggio 2009

Maroni, gli immigrati e i leghisti di sinistra


L'effetto-Lega sul Governo ha avviato una spirale che non si sa bene dove possa andare a parare. Mentre la Procura di Verona sta indagando sulle Guardie Padane, e anche l'attuale titolare del Viminale è chiamato in causa per la decisione di armarle, di giorno in giorno la Lega, memore della lezione di Andreotti che governava la Dc avendo una corrente di minoranza, decide la musica, detta i tempi della maggioranza. E così, in un crescendo che ha lasciato sconcertati la Conferenza Episcopale e il Vaticano, l'Italia sta assumendo il profilo del paese più xenofobo d'Europa. Per conquistare i voti, Maroni e Bossi usano il Viminale contro gli stranieri. Per non farseli strappare da Maroni e Bossi, Berlusconi copre la Lega in questa deriva senza precedenti. Così l'Italia riconsegna i migranti dei barconi alla Libia, senza pietà neppure per bimbi e donne in gravidanza. E così Milano antifascista, medaglia d'oro della Resistenza, si fa conoscere nel mondo per la proposta della Lega di posti riservati ai milanesi doc. Quest'ondata xenofoba, di cui la maggioranza elettoralmente pensa di giovarsi alle prossime elezioni, sta corrodendo i sentimenti democratici del Paese. Il Quirinale ha sentito il dovere di dare uno stop fermo e duro. Ma non ci si può nascondere che il problema sta nel deserto culturale della politica italiana. Anche nelle forze progressiste e di sinistra, si è fatta strada l'idea che, sì, forse la Lega esagera, ma in fondo bisogna assumere politiche restrittive e punitive. Nel Pd, per fortuna contrastato da molti dirigenti, il sindaco di Torino guida una piccola Lega sabauda. Torna in mente il disprezzo di tanti benpensanti piemontesi quando negli anni '50, '60, '70 migliaia di calabresi, siciliani, pugliesi, meridionali emigravano dalle loro terre lì. Ma anche chi contrasta quelle politiche della destra, sembra essere mosso da un impaccio. Cosa ci vuole a dire che il Governo ha tagliato 6500 poliziotti nei prossimi tre anni? Che aiuta le ronde e penalizza le forze dell'ordine? Cosa ci vuole a dire che senza i lavoratori stranieri l'Italia non avrà futuro? E a considerare che certe posizioni - come quelle di Maroni - creano seri problemi di ordine pubblico?

Il confine tra sinistra e destra in verità già oggi si sta ridisegnando. Non arrivo a proporre uno scambio tra Chiamparino e Fini, ma la sinistra tornerà a vincere solo se smetterà di scimmiottare l'avversario.

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 140

lunedì 18 maggio 2009

Poliziotti senza soldi, ma con l’onore


Stipendi bassi, organici ridotti, ronde di cittadini assetati di giustizia fai da te da gestire.
Torna il reato di oltraggio a pubblico ufficiale.


In questo monstruum legislativo che spinge gli immigrati clandestini nell’illegalità e impedisce l’iscrizione all’anagrafe ai loro figli, in questo pacchetto sicurezza che impone la schedatura dei clochard e la tassa di soggiorno fino a 200 euro a chi già ne guadagna assai pochi, leggo le misure principali e mi vengono le lacrime agli occhi. Ma siccome questo paese, questo governo e questa maggioranza hanno un che di evidentemente grottesco, tale natura grottesca non poteva non insinuarsi anche nel famigerato pacchetto sicurezza licenziato dalla Camera. E il grottesco fa sempre sorridere, amaramente. Ecco allora che, paradossalmente, il governo del pugno duro e della legalità sembra fare di tutto per rendere la vita difficile alle forze dell’ordine. Che non solo guadagnano poco e se ne lamentano giustamente. Che non solo denunciano organici non all’altezza e risorse tanto insufficienti da non poter pagare neanche la benzina delle auto. Ma che adesso dovranno vedersela anche con le ronde dei cittadini, che immagino di assai difficile gestione e digestione di quartiere in quartiere nella loro foga di giustizia fai da te. Insomma zero soldi e bastoni tra le ruote, dal governo della linea dura. Ma poliziotti, carabinieri e via dicendo possono consolarsi con l’onore: torna infatti il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. L’aveva abolito il centrosinistra nel 1999. Adesso è di nuovo tra di noi. Prevede “fino a tre anni di reclusione per chi in un luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone offende l'onore e il prestigio di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza”. Evviva. Un bel tuffo nel passato. Basterà a motivare le divise nostrane? Le renderà più forti e intransigenti contro i pericolosi e temibili immigrati clandestini? Lo sapremo presto. Nel frattempo nasce un nuovo albo: quello dei buttafuori di pub e discoteche. Dovranno iscriversi a un apposito elenco.


Chissà se sarà prevista una prova di idoneità professionale? Forse dovranno superare un test pratico...
A quando l’esame di pestaggio?




By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 139

venerdì 15 maggio 2009


Un bambino domanda al padre


"Papà, che cos‘è la politica?"
Il padre risponde:
Io porto i soldi a casa, per cui sono il Capitalismo
Tua madre gestisce il denaro, quindi è il Governo
Il nonno controlla che tutto sia regolare, per cui è il Sindacato
La nostra cameriera è la Classe operaia
Noi tutti ci preoccupiamo solo che tu stia bene. Perciò tu sei il Popolo.
E il tuo fratellino, che porta ancora i pannolini, è il Futuro.
Hai capito figlio mio?
Il piccolo ci pensa su e dice a suo padre che vuole dormirci sopra una notte
Nella notte il bambino viene svegliato dal fratellino che piange perchè ha sporcato il pannolino.
Visto che non sa cosa fare, va nella camera dei suoi genitori.
Lì c‘è sua madre che dorme profondamente e lui non riesce a svegliarla.
Così va in camera della cameriera, dove trova suo padre che se la spassa con lei, mentre il nonno sbircia dalla finestra!!!!
Tutti sono così occupati che non si accorgono della presenza del bambino.
Perciò il piccolo decide di tornare a dormire.
Il mattino dopo il padre gli chiede se ora sa spiegargli in poche parole che cos‘è la politica.
"SI"
risponde il figlio
Il capitalismo approfitta della classe operaia
Il sindacato sta a guardare
Nel frattempo il governo dorme
Il popolo viene completamente ignorato!!
E il futuro?
E’ nella merda!!!!


Questa è la politica!


Un ringraziamento particolare per la segnalazione dell'articolo a Sara Sorato.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 138

giovedì 14 maggio 2009

Silvio e quel volo per l'Europa


L’amministratore delegato di Ryan Air l'altro ieri era a Milano per illustrare le previsioni finanziarie della sua compagnia. Ma più dei dati economici ha fatto discutere la nuova campagna pubblicitaria che ritrae Berlusconi, calice in mano, circondato da cinque raggianti fanciulle. Il brindisi è d’obbligo. "Ma certo..... Vi porterò tutte in Europa!". Non potevano farsi scappare la ghiotta occasione i grafici che già in precedenti circostanze hanno rimarcato gli eccessi del Belpaese. Come quando ritrassero Umberto Bossi con il virile dito medio sollevato, accusando il governo di infischiarsene dei passeggeri vittime degli scioperi di Alitalia. Durante la drammatica crisi dei rifiuti che soffocò la Campania, una desolante immagine di un cumulo d’immondizia invitava a scappare via. Persino Valentino Rossi era entrato nel mirino dopo i suoi problemi con il fisco. Anche qui nessuno spazio all’interpretazione e una vignetta che riportava il pensiero del centauro "Ritorno a casa con Ryan Air... e devo pagare solo le tasse!". La compagnia irlandese a basso costo bacchetta di continuo i governi italiani colpevoli, a loro giudizio, di favorire Alitalia con aiuti che eludono le leggi di mercato. Più veloce di un jet, la vignetta ha fatto il giro dei siti di tutta Europa. I più maliziosi sostengono che una delle fanciulle stia palpando il sedere del Cavaliere. L’ennesima riprova che Berlusconi tira. Eccome se tira.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 137

mercoledì 13 maggio 2009


Ora diciamo qualcosa di sinistra

diciamo qualcosa di sinistra? Dunque, da dove si potrebbe cominciare? Dai migranti, ad esempio: piano piano l’attenzione verso i più deboli, gli indifesi, quelli che Fanon Frantz definì “i dannati della terra”, quell’attenzione che era un tratto peculiare dell’essere italiani e che traeva origine dal concetto di ospitalità del mondo ellenistico poi implementato dalla tradizione giudaico-cristiana, piano piano quell’attenzione sta venendo meno, ci siamo inariditi, la nostra intransigenza verso i migranti, quella stessa che blocca in mezzo al mare barche zeppe di umanità, provoca disgusto a primi ministri di stati esteri. Credo che provare un pò di quel disgusto o meglio sentire dolore, senza cadere nella demagogia (e mi rendo conto che sto camminando sul filo del rasoio) sia una sensazione di sinistra. Ma credo sia anche di sinistra provare il medesimo disgusto/dolore di fronte ad accampamenti abusivi di clandestini che vivevano o vivono in condizioni subumane ad esempio a Roma, seppure per gli ultimi quindici anni e sino al maggio 2008 la capitale sia stata governata da giunte “di sinistra”. Ecco, credo che sia di sinistra dire sempre la verità anche se cruda, anche quando coinvolge la nostra parte politica, come è di sinistra non chinare il capo di fronte ai soprusi inflittici dalla controparte. E’ di sinistra dire che le tasse sono un bellissimo strumento per poterci permettere il lusso di vivere in una società organizzata. Ma credo sia altrettanto di sinistra pretendere che il prelievo sia equo e proporzionale alle entrate, ma che debba restare nel portafogli di ciascun contribuente molto più di quanto resti ora, e che per raggiungere tale obiettivo sia necessario combattere gli sprechi e la cattiva gestione della cosa pubblica, razionalizzare l’esistente per migliorare il futuro. E’ di sinistra chiedere che la giustizia sia davvero uguale per tutti, pur nei limiti ineludibili della condizione umana. Ma credo sia di sinistra sperare di avere poche leggi chiare rispetto alla jungla attuale, che fa comodo solo ai soliti azzeccagarbugli, guardacaso la categoria maggiormente presente (gli avvocati, intendo) tra i banchi del parlamento, perchè i più deboli ne verrebbero meglio tutelati. E’ di sinistra guardare la vita con occhio sereno, magari cercando di sdrammatizzare anche i momenti più difficili. Ma credo sia di sinistra auspicare che questa serenità non si trasformi in leggerezza, in tutti i campi, perchè non sono sinonimi. E’ di sinistra sottoporre a critica i processi decisionali per tentare di renderli sempre migliori e modellare le scelte prese sulle esigenze della gente. Ma credo sia di sinistra anche ascoltarla preventivamente la gente, e non far calare dall’alto le convinzioni di pochi oligarchi pretendendo che le medesime passino per quello che la gente si aspetta.


E’ di sinistra essere umili. Ma credo che lo sia ancora di più dire, quando è il caso, due parole difficilissime: “ho sbagliato”, facendole seguire da un’altra: “scusa” ancor più difficile da pronunciare delle altre due.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 136

martedì 12 maggio 2009



Ogni anno il 25% dei dipendenti dovrà accontentarsi del salario base, senza neanche un centesimo di incentivo di produttività. E ogni anno verrà stilata la classifica dei dipendenti pubblici: in ciascuna amministrazione si farà una graduatoria dei dipendenti, dal più bravo al meno bravo. Sulla base di questa classifica si decideranno gli stipendi e le carriere.
Al termine di un anno di lavoro, tutto il personale viene giudicato secondo i risultati individuali e si crea così una graduatoria. Il 25% dei dipendenti che si trovano ai primi posti della classifica riceve il premio intero. Il 50% della fascia centrale avrà il premio dimezzato. Infine il 25% che finisce in fondo alla classifica non avrà niente. Detto in altro modo, su quattro dipendenti ce ne saranno due con il salario accessorio normale, uno che lo riceverà raddoppiato e uno che invece non vedrà neanche un centesimo.
Chi sarà a dare i voti in pagella? Alcuni articoli del provvedimento prevedono che la formulazione delle graduatorie spetti a un apposito “Organismo per la valutazione”: una specie di commissione che dovrà nascere in ogni amministrazione, nominata dal responsabile politico (il ministro, il sindaco, eccetera). In altri passaggi del testo però si legge che il compito di giudicare il lavoro dei dipendenti spetta ai dirigenti loro diretti superiori.
Le classifiche non serviranno solo a distribuire il salario accessorio. Il giudizio annuale inciderà anche sulle promozioni, gli avanzamenti economici, l'assegnazione di incarichi, l'accesso a corsi di formazione.
Quando il decreto entrerà in vigore (Brunetta prevede l’operatività già dal mese di Giugno) i sindacati del pubblico impiego conteranno molto meno di prima. Lo spazio della contrattazione viene ridotto, molte cose saranno decise per legge. Per i contratti nazionali diventa vincolante il parere della Corte dei conti, mentre gli accordi integrativi raggiunti nelle singole amministrazioni potranno essere bocciati dal ministro della Funzione pubblica. Non solo, ma per le norme siglate nei contratti costituirà in qualche modo un limite anche “l'autonoma decisione definitiva” del dirigente. Viene infine istituita una regola di incompatibilità fra attività sindacale e dirigenza: gli ex sindacalisti non potranno essere nominati alla guida di un ufficio, né potranno entrare nei vari organismi di valutazione.


COMMENTO: ma questo Decreto Legislativo non è forse figlio legittimo dei scellerati accordi separati, con esclusione della CGIL, firmati con il Governo da CISL, UIL, UGL ed altri che oggi si indignano per non essere stati consultati?


By Angelo Stelitano





La Chicchetta - 135

lunedì 11 maggio 2009

Referendum elettorali cosa dicono i tre quesiti


PREMIO DI MAGGIORANZA - I primi due quesiti puntano a cancellare il meccanismo che prevede l'attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione che ottiene più voti, per assegnarlo invece alla singola lista più votata. Sono contrassegnati da moduli di colore verde e di colore bianco, il primo relativo all'elezione della Camera, il secondo a quella del Senato. L'obiettivo dei promotori è evitare la formazione di coalizioni a scopo elettorale, per poi dividersi in singoli gruppi autonomi, pochi giorni dopo la proclamazione dei risultati, con l'insediamento del Parlamento. Un processo, questo, che favorisce la frammentazione,visto che le liste più piccole (che non raggiungerebbero da sole il quorum minimo del 4% alla Camera e dell'8% al Senato) possono avere interesse a mantenere la propria identità e con essa la libertà di movimento una volta insediatesi le Camere, poichè possono contare sull'attribuzione di seggi grazie alla ripartizione per coalizione.
CANDIDATURE MULTIPLE - Il terzo quesito punta a cancellare le candidature multiple. Oggi, con l'attuale legge, un candidato deputato o senatore (spesso un big di partito) può essere presentato in diverse circoscrizioni elettorali e risultare eletto in più di una. A elezioni avvenute deve scegliere a quale circoscrizione legare il proprio seggio, lasciando liberi gli altri per i primi dei non eletti. Tutto questo fa si che nelle mani del candidato plurieletto ci sia il destino di quanti sono rimasti fuori, visto che optando infatti per il seggio dell'una o dell'altra circoscrizione, si può decidere chi tra gli altri candidati della propria lista rimasti esclusi entra in Parlamento. Questo introduce una sorta di dipendenza di quanti si ritrovano parlamentari «per grazia ricevuta». Nell’attuale legislatura pare che questo fenomeno, sia di dimensioni patologiche, coinvolgendo circa 1/3 dei parlamentari, ovvero che sono scelti dopo le elezioni da chi già è stato eletto. Un esempio considerato di cooptazione macroscopica.
CONSIDERAZIONI

Nella legge Mattarellum (precedente a quella attuale, definita Porcellum) il 25% dei seggi era eletto con il sistema proporzionale con lista bloccata e senza preferenza, come prevede la legge attuale. Mentre il restante 75% dei seggi eletto con il sistema maggioritario uninominale consentiva di scegliere, un solo candidato per tutta la coalizione. Qui spesso le segreterie dei partiti candidavano come deputati o senatori diverse personalità della società "pezzi grossi" per portarli a Roma senza rischio. Nella sostanza il Mattarellum sotto il profilo della preferenza non era molto diverso dal Porcellum. Insomma, non si sceglieva ne il candidato ne il partito. Il principale effetto dei quesiti posti in essere dal referendum sarebbe quello di dare una formidabile spinta verso il bipartitismo. Quando le richieste di referendum furono depositate nel 2007 durante il governo Prodi, il centro-destra era composto da 14 partiti e il centro-sinistra da 15. Nelle politiche del 2008 la situazione è cambiata radicalmente: i due partiti per Veltroni (Pd e Idv) contro i tre partiti pro-Berlusconi (Pdl, Lega e Mpa) , più l'Udc di Casini. In un certo senso il principale obiettivo del quesito referendario, quello di sfoltire il numero dei partiti, pare sia stato raggiunto, e che a questo punto assegnare i seggi-premio a un solo partito anziché a due o tre non cambierebbe granché. La vittoria del Sì, però, rappresenterebbe il passo decisivo verso una democrazia bipartitica. Se si fosse votato con il meccanismo referendario, nel 2008, Veltroni e Di Pietro presentando una lista unica, avrebbero conquistato loro quei 340 seggi, necessari per vincere, seppur con un vantaggio modesto sul Pdl (37,6 per cento contro 37,4). Probabilmente però di fronte a questa prospettiva anche Lombardo e Bossi, coloro che guidano e determinano le scelte politiche dei partiti MPA e Lega, avrebbero accettato una confluenza in una lista unica del centro-destra, senza di fatto modificare nulla rispetto alla composizione del Parlamento odierna. Tranne un dettaglio, non marginale: oggi in parlamento ci sarebbero tre soli partiti (centro-destra, centro-sinistra e centristi).Nulla, tuttavia, impedirebbe la formazione di liste destinate a sciogliersi subito dopo il voto, come avvenne nel 1994 con la lista del "Polo del buongoverno" e del "Polo della libertà" a destra e con quelle dei "Progressisti" a sinistra. Ma i referendari spiegano che si trasformano inesorabilmente in un unico partito, tutti quei partiti che si sono presentati agli elettori come un soggetto unico. Come dimostrano l'esperienza ultima di Forza Italia e di An confluiti nel PDL da una parte, e quella precedente di Ds e Margherita confluiti nel PD dall'altra.Un effetto secondario dei primi due quesiti sarebbe poi di rendere impossibile l'aggiramento della soglia di sbarramento prevista al 4% alla Camera e all'8% al Senato, aggiramento oggi consentito ai piccoli partiti (come l'Mpa) che entrano nelle coalizioni maggiori. Il terzo sarebbe di incidere sulla selezione della classe politica.
Nelle elezioni politiche del 2008 leader politici come Berlusconi e Fini si candidarono in tutte le 27 circoscrizioni, così Veltroni, Casini, Bossi e Di Pietro che aprirono le liste dei rispettivi partiti in molte regioni svolgendo la funzione di nomi-richiamo per poi essere rimpiazzati, in Parlamento, dai "primi dei non eletti", candidati spesso semi-sconosciuti.



By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 134

venerdì 8 maggio 2009


Il percorso a ostacoli verso l'integrazione

Il peccato d'origine del ddl sulla sicurezza? "Un sistema di norme che tende a proporre allo straniero immigrato in Italia una sorta di percorso a ostacoli da superare per restare in questo Paese piuttosto che regole chiare verso un'integrazione da ricercare per convenienza e per convinzione". È difficile non dare ragione all'Avvenire, quotidiano dei vescovi, sull'obbrobrio che sta uscendo dalle aule del Parlamento. Il punto, per la maggioranza di Governo - escluse le nuove componenti liberali, guidate da Fini e dalla Mussolini - non è garantire la sicurezza ma acchiappare voti e fabbricare paura. Poco importa che, come denunciano i sindacati di polizia, anche quelli prossimi al Governo, non ci siano i soldi per la benzina delle volanti, e gli agenti abbiano un trattamento economico inadeguato. Per queste ragioni il ministro Maroni e la Lega volevano le norme anticlandestini, e le volevano questa settimana: dalla follia giuridica del reato di immigrazione clandestina, che trasformerà in delinquenti tutti i datori di lavoro che, sbagliando, ma questa è la realtà, assumono lavoratori non in regola, alle norme che costringono i funzionari pubblici a denunciare i clandestini. La rinuncia in extremis all'articolo incostituzionale che istituisce nelle scuole i dirigenti-spia, costretti a intervenire quando viene iscritto un bambino di una famiglia immigrata non in regola, non deve ingannare: come Franceschini ha detto giustamente, lo spirito di queste previsioni è quello delle leggi razziali, e la possibilità che queste e altre norme rientrino come conseguenza dell'istituzione del reato di clandestinità è assai elevata. Sono in gioco i principi della Costituzione del '48, che avevano animato la lotta partigiana e la Liberazione dell'Italia. Il ricorso al voto di fiducia, la sconfitta su un emendamento relativo alla banca del Dna, la vittoria risicata - di pochi voti - sulla previsione pazzesca del prelievo forzoso di materiale genetico anche a chi non è indagato, dicono che il centrodestra è nervoso su queste norme. Ma è ora che la sinistra faccia sentire i suoi valori: difendere sempre la gente da chi compie reati, combattere sempre l'intolleranza che germina il razzismo.


A Franceschini: non basta la battuta elettorale di un momento. Fate sentire al popolo italiano una posizione più coraggiosa e più europea. La benzina per le volanti ne è il primo fondamento irrinunciabile.

By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 133

giovedì 7 maggio 2009

Piccoli dubbi sulla curiosa febbre suina



Ho qualche difficoltà a seguire l'evolversi nel mondo dell'influenza di cui tanto si parla. Intanto adesso gira con un nome d'arte. Si chiamava influenza suina e ora la chiamiamo messicana, e di tanto in tanto pure "influenza A". Lo so che è la stessa cosa che fanno un sacco di persone con un cognome imbarazzante, lo so che per un palcoscenico mondiale ci vuole un nome che faccia un bell'effetto, però così non si capisce più niente. Diamine, sembra uno di quei romanzi russi dove lo stesso personaggio fra nome, patronimico, soprannomi e vezzeggiativi vari non si sa mai come riconoscerlo e bisogna tirare a indovinare. Tanto per peggiorar le cose non mi tornano più neppure i numeri. Il 28 aprile le agenzie contavano 152 morti in Messico e qualcosa come 1600 persone ricoverate (su 108 milioni di abitanti). Adesso parlano di 25 vittime e 700 malati. Ci siamo persi qualcosa? Sono solo i casi nuovi? Quelli di prima erano vittime di qualcosa d'altro? A noi poverelli piacerebbe capire esattamente quanto può esser pericolosa una malattia. Anche a spanne. Più o meno delle influenze qualsiasi? Perchè anche quelle una certa percentuale di rischio ce l'hanno, e neppure bassissima. Così, per decidere se preoccuparci.


Per ora, se ho ben capito, fra incrociar qualcuno che tossisce o attraversare la strada per evitarlo, resta sempre più pericolosa la seconda ipotesi.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 132

mercoledì 6 maggio 2009

L'Aquila e il decreto abracadabra


E' stato ribattezzato "decreto abracadabra" per le innumerevoli devianze creative con le quali accompagna il processo di ricostruzione dell'Aquila e dei paesini circostanti. La luna di miele tra gli abruzzesi e Silvio Berlusconi ha subito una prima e significativa increspatura. La lettura approfondita del decreto legge, e la verifica che i soldi all'Abruzzo in gran parte (4,7 miliardi di euro) saranno racimolati dall'indizione di nuove lotterie, dagli interventi sul lotto, e dai sempreverdi provvedimenti anti-evasione, soldi veri niente, e che in più le risorse saranno spalmate su un periodo lunghissimo (da oggi al 2033) hanno creato fremiti di rabbia dapprima isolati e poi sempre più partecipati. Il tam tam ("Berlusconi ci inganna!") è iniziato, e non è una novità, sui blog. Prima Facebook e poi i partiti. Prima i conclavi nelle tende poi le riunioni istituzionali. Una giovane donna, Rosella Graziani, che sa far di conto, ha messo a frutto tutto il tempo ritrovato e fino alla settimana scorsa inutilizzato per radiografare il decreto legge e poi bollarlo in una lettera pubblica: "Mai nella storia dei terremoti italiani avevamo assistito a una ingiustizia tanto grande e a un tale cumulo di menzogne che ha ricoperto L'Aquila più di quanto non abbiano fatto le macerie".

Quali le menzogne e dove l'inganno? I soldi veri, il cash disponibile che Tremonti rende immediatamente spendibile si aggira sul miliardo di euro. Tolte le spese per l'emergenza, restano 700 milioni di euro destinati alla costruzione delle casette temporanee.


Primo punto: 400 milioni saranno spesi per edificarle nel 2009 e 300 milioni nel 2010. Se ne dovrebbe dedurre che la totalità delle case provvisorie sarebbero, è bene riusare il condizionale, realizzate totalmente entro l'anno prossimo. Dunque qualcuno avrebbe un tetto a settembre, qualcuno a ottobre, qualche altro a gennaio, o nella primavera che verrà. E' così? E' il dubbio, maledetto, che affligge e turba.


Secondo punto: le casette sono sì temporanee ma il decreto le definisce "a durevole utilizzazione". Durevole. Moduli abitativi condominiali, magari lindi e comodi, a due o tre piani. In legno. Ecocompatibili, risparmiosi, caldi. Perfetti. Possono durare decenni. E dunque: sarebbero provvisori ma purtroppo paiono proprio definitivi. E, questa è una certezza, sono le uniche costruzioni ad avere pronta una linea di finanziamento. Piccole e sparse new town. New town aveva detto Berlusconi, no? E le case vere? Quelle di pietra?


La terza questione campale: sembra, a scorrere gli allegati al decreto, che Berlusconi non possa concedere più di 150 mila euro per la ricostruzione dell'abitazione principale. E per di più questi soldi sarebbero veri fino a un certo punto, perciò la definizione di decreto abracadabra.


50 mila euro li concederebbe - cash - il governo;
50 mila li tramuterebbe in credito di imposta (anticipata dalla famiglia terremotata e ammortizzata in un arco temporale di 22 anni);
altri 50 mila sarebbero coperti con un mutuo a tasso agevolato a carico però del destinatario del contributo.


Non si sa bene ancora se sarà così strutturato il fondo. Le norme del decreto possono subire fino al prossimo giovedì emendamenti e correzioni. Quel che comunque sembra chiaro è che la somma ipotizzata (150 mila euro) ammesso che venga confermata, sarà sufficiente per una casa di tipo popolare e di nuova costruzione, ma totalmente sottodimensionata per finanziare i lavori di recupero e restauro conservativo. Nel centro storico dell'Aquila ci sono 800 edifici pubblici e 320 edifici privati, sottoposti a vincoli per il loro pregio. Recuperi dispendiosi economicamente e, secondo questo decreto, sostanzialmente a carico dei privati. Così ieri i sindaci delle aree terremotate si sono ritrovati in conclave e hanno iniziato in un borbottio che è poi sfociato in un documento di dura protesta. "Vogliamo vedere nero su bianco i soldi per la ricostruzione e non solo quelli per le casette transitorie. L'Aquila va costruita dov'era e com'era. Così non sarà: a leggere il decreto i tempi sono dilatati fino al 2033, una data ridicola", ha dichiarato la presidente della Provincia Stefania Pezzopane.

Ai dubbi che già gonfiano i primi timori si aggiunge poi l'offesa istituzionale subita dagli enti locali. Il governo, promotore della prima legge costituzionale a vocazione federalista, ha accentrato ogni potere di spesa negando finanche al sindaco dell'Aquila, città epicentro del terremoto e capoluogo di regione, le funzioni commissariali esecutive.


Penserà a tutto, come al solito, Guido Bertolaso...


Fonte: la Repubblica.



By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 131

martedì 5 maggio 2009


Addio medico di famiglia


La "bozza di accordo per la Medicina Generale" prevede l'obbligatorietà di adesione alle "Unità complesse delle cure primarie" che comporterà l'aggregazione forzata dei singoli medici in equipé a livello distrettuale in sedi uniche messe a disposizione dalle Aziende Sanitarie.
È evidente che i medici dovranno abbandonare i propri studi, presenti diffusamente sul territorio a volte anche nelle frazioni, ed accentrarsi in queste strutture che saranno a tutti gli effetti dei poliambulatori pubblici come dei piccoli "discount sanitari" con prodotti contingentati. In queste strutture sarà forse garantita un'assistenza più estesa con riguardo agli aspetti sociali e specialistici e verosimilmente più prolungata nell'arco della giornata (per la turnazione dei diversi medici), ma ciò sarà possibile solo nei centri più grossi lasciando sguarnito una gran parte del territorio.
È infatti impensabile che il medico obbligato ad operare nelle sedi delle "Unità complesse" possa poi contemporaneamente mantenere, in forma singola, l'attività nel suo studio privato come avviene attualmente.
Nel testo della bozza d’accordo sono state sommate le negatività del vecchio accordo del 2005 con quelle della preintesa del 2008 con il risultato di aumentare le criticità per gli operatori, ma soprattutto per gli assistiti e di assestare un colpo mortale all'organizzazione della Medicina Generale (Mg), apprezzata a livello internazionale e dai cittadini italiani.
È infatti il danno arrecato ai cittadini e al Ssn che crea la maggior preoccupazione oltre alle implicazioni sui medici che si troveranno a lavorare in condizioni peggiori e quindi sempre più impossibilitati ad erogare una buona assistenza personalizzata alle esigenze del singolo malato.


1. Viene inferto un duro colpo al principio della libera scelta del medico di Mg ed al rapporto individuale di fiducia, ora personale e familiare, tra medico ed assistito/cittadino.
2. Viene pregiudicata la capillare presenza del medico di Mg sul territorio anche nei piccoli comuni che ha dato in questi anni concretezza ad una Sanità (almeno per le cure primarie) vicina ai malati e alla loro residenza.


Voglio stigmatizzare l'ulteriore problema delle strutture che diventeranno pubbliche e pertanto rischiano di essere, nella maggioranza dei casi come avviene già per le sedi di "guardia medica", delle "topaie" senza il rispetto delle norme di sicurezza e d'igiene anche in considerazione che saranno frequentate da migliaia di assistiti.


Mi chiedo: un accordo di categoria può regolare aspetti di un servizio pubblico che coinvolge così pesantemente tutti i cittadini?


La nuova organizzazione prevista nell'accordo dei medici di famiglia è, a mio avviso, contro legge e risponde solo ad esigenze economiche ed organizzative dell'apparato amministrativo e politico delle Regioni.


By Angelo Stelitano

La Chicchetta - 130

lunedì 4 maggio 2009


Legge anti-kebab



Anche per gelati e panini vietate le consumazioni sui marciapiedi dei locali


Un gelato con gli amici sul muretto fronte lago? Una piadina sulla panchina di fronte al locale? Oggi è reato.
Il Consiglio regionale della Lombardia ha infatti approvato una nuova legge che istituisce norme più rigide per i fast food. Obiettivo principale della Destra e della Lega sono i famigerati “kebab”, ma la normativa interessa anche take-away, gelaterie, rosticcerie, pizzerie, piadinerie e fast food in genere. Oltre seimila artigiani alimentari in tutta la Lombardia.
A far discutere soprattutto due punti: il divieto di consumare i prodotti negli spazi esterni al locale e la chiusura obbligatoria entro l’una di notte. Una legge che penalizza i negozianti e che investe direttamente le abitudini dei più giovani, principali avventori dei fast food. E’ lì infatti che anche in tempo di crisi si può mangiare qualcosa di buono spendendo poco. E’ lì che si trova uno spuntino tra una lezione e l’altra, prima di rientrare in ufficio o la sera dopo il cinema o l’allenamento. Lì nei paraggi che il cibo si trasforma in un modo per godersi la città con gli amici anche la sera. Città, quelle Lombarde, sempre più intolleranti. Dopo le multe ai mimi in Piazza Duomo a Milano, questa legge contribuisce a svuotare di vita le aree urbane, rendendo semplici scheletri immobili proprio città storicamente celebri in Europa per la cultura del mercato e della piazza. In attesa che si valuti la costituzionalità della Legge, promossa dalla Lega per colpire in modo discriminatorio una specifica categoria di esercenti in ragione della loro matrice etnica e culturale, riappropriamoci della città! Cosa di meglio di questo sole di Primavera per mangiarsi qualcosa all’aperto? Stasera per cena, scendiamo in piazza!

Pizza, yogurt, involtini primavera, sushi, insalata, piadina romagnola o un bel kebab? La cultura è da sempre meticcia, quella italiana ed europea compresa. Quella italiana ed europea soprattutto.

By Angelo Stelitano


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