La Chicchetta - 122

martedì 21 aprile 2009


Referendum. Dalla padella nella brace

“Quando due partiti sono d’accordo su qualcosa, in genere è sbagliato” (G. K. Chesterton).
Pare proprio che più un’idea è sensata e più viene respinta a furor di “intera classe politica” . Questa categoria professionale si ritiene il vero e unico soggetto depositario, collegialmente, della sapienza da infondere a noi poveri cittadini ignoranti, impauriti se non terrorizzati, in adorante contemplazione dei nostri cari leaders da cui ci arriverà la Cosa Giusta, La Soluzione. Qui si scava fra le macerie, là si chiudono le fabbriche o gli uffici, i precari sono promossi disoccupati mentre i disoccupati chissà dove scivoleranno. Le piccole imprese non incassano e non trovano sostegno dalle banche. Molti cercano soluzioni, pensano cose utili perché sperano di trovare una strada che ci porti fuori dalle disgrazie o almeno di tirare un pò il fiato. Nel frattempo, su un altro pianeta, alcuni usano l’idea di abrogare un paio di articoli della porcata di Calderoli, come arma di distrazione di massa.
Chi dice di votare ci vuole illudere che si potranno di nuovo scegliere i candidati ed essere davvero in grado di influenzare le decisioni che ci riguardano. Non è vero, perché gli articoli contestati parlano d’altro, e perché chi ricorda sa bene che nemmeno prima i candidati li sceglievi davvero. Semplicemente l’imbroglio era meno smaccato.
Chi dice di votare No o di disertare le urne preferisce che le cose stiano come sono purché gli venga comunque sempre garantita la possibilità di fare lobby.
Intanto Berlusconi se la ride e nessuno si rende conto del rischio che il partitone di Berlusconi la prossima volta, anche senza la Lega, faccia cappotto, visto che il premio di maggioranza andrebbe al primo partito e non più alla prima coalizione.
Oppure ho capito male?

Tutto il decisionismo di cui periremo non è che il segno dell’imbarbarimento della politica, la pietra tombale su una reale elaborazione collettiva delle decisioni da imporre a tutti.
Le questioni importanti ormai vengono svolte in nove minuti o meno, quando non addirittura si trasformano i talk show televisivi in vere e proprie commissioni parlamentari. Sono contrarissimo alla politica come professione ma devo purtroppo ammettere che una volta gli onorevoli cercavano almeno di sembrare tali. Oggi, che si nominano a vicenda, non c’è più alcun motivo di mostrare contegno: si organizzano festini, si sistemano veline e segretarie, si fanno affari e vita mondana.
Invece la capacità di svolgere il lavoro di legislatori è davvero ai minimi storici.
Ogni giorno si assiste, ad esempio, allo stravolgimento del diritto in campo fiscale, alla faccia delle infinite modifiche legislative. Ogni modifica sembra creata per creare altri dubbi, altra confusione, altra sudditanza di aziende e cittadini allo stato canaglia: forte con i deboli e debole con i forti, ingeneroso nelle leggi sull’immigrazione, incapace di una relazione tra istituzioni e collettività basata sul fondamento della sovranità del popolo. Il potere dilaga senza che si metta mano al freno con i famosi pesi e contrappesi che invidiamo agli altri Paesi ma non sappiamo – o meglio non vogliamo – introdurre nel nostro ordinamento. Salvaguardare l’anello più debole rende la catena più forte. Ma gli anelli devono anche voler stare insieme e non strapparsi a vicenda. Se la collettività volesse decidere di cambiare modo di convivere, se si fosse più radicali e al posto di un referendum gattopardesco si operasse una vera piccola rivoluzione capace di rendere le persone più libere e anche più unite e consapevoli di esserlo. Ricchi del bene che sappiamo creare per tutti. Il bene pubblico non viene vissuto come tale perché gli individui sono malati della diffidenza tipica della guerra tra poveri. Poveri, più plebe che proletariato, (tanto per tornare là dove si sono innescate le derive totalitarie con relative ideologie contrapposte), che potrebbero riacquistare dignità e potere sulla propria vita magari povera ma senza il peso supplementare dello stato totalitario modernizzato organizzato come un clan mafioso a beneficio di un’oligarchia ben poco meritevole o raccomandabile.
Se ci toccano i professionisti della politica che almeno siano all’altezza!.
Ci vorrebbe come minimo una completa riforma delle regole della democrazia dentro i partiti, dovremmo votare solo quelli che davvero rendono contendibile la leadership con primarie o altri sistemi di confronto.

Perciò credo che bisognerebbe rinviare il referendum per non regalare ad un solo partito quello che neppure i pochi partiti esistenti si meritano, e pretendere una vera organizzazione democratica delle istituzioni politiche tale da restituire a tutti la possibilità di partecipare alle decisioni o almeno di essere protetti dagli abusi di un potere corrotto e incivile, indegno di stima e quindi incapace di guidare il popolo e imporre leggi o decreti a chicchessia.




By Angelo Stelitano


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