La Chicchetta - 171

venerdì 17 luglio 2009


Paesi poveri: 20 miliardi di dubbi


"Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni.". È una parola. Se il precetto del "Gotha" marxiano fosse realmente perseguibile, saremmo nel paradiso terrestre e non in una valle di lacrime. Purtroppo la mitizzata redistribuzione delle risorse è concetto che attinge più alla sfera del whisful thinking - confondere desideri con possibilità - che alla vita pratica. Non c’è G8, G14 o G all’ennesima potenza che tenga quando turbe di satrapi africani ancora oggi sgomitano per accreditare l’antico adagio di Reston, secondo cui il governo è l’unico vascello che fa acqua dalla cima. In tal senso, il continente nero è una gigantesca flotta, dove però annegano solo mozzi e sguatteri. Del resto "conviene sempre rubare ai poveri: hanno poco, ma sono così tanti".... Chi manovra il timone, invece, al riparo dai marosi come da carestie e conflitti tribali - ed anzi abbarbicato con tutti gli artigli ai damaschi presidenziali proprio grazie a tali (spesso appositamente provocate) iatture - se la gode. Su tutti "Bob" Mugabe, da quasi trent’anni impresentabile padre-padrone dello Zimbabwe, un tempo granaio d’Africa, dove invece oggi, grazie alla 'cura' dell’ex guerrigliero xenofobo e razzista antibianco, la produzione di frumento è crollata del 90 per cento ed una pagnotta costa 200 trilioni di dollari locali! Perfetto paradigma di molte establishment africane la cui gestione personalistica del potere tratteggia uno stato patrimoniale in cui i miliardi erogati dal nord del mondo per lenire le tribolazioni del popolo finiscono nel gorgo di corruzione e lotte tribali, per poi rimpinguare i conti svizzeri del dittatorello di turno e cricca assimilata. O ben che vada, secondo l’analisi del Keniota James Shikwati, columnist del Wall Street Journal, Time e Washington Post, "portano ad una sindrome di dipendenza passiva che inasprirà ogni crisi in una terra dove serve meno carità e più responsabilità". Senza ignorare la lettura che individua nel trasporto di molti paesi donatori l'interesse a promuovere più la propria volontà e convenienza, che il rispetto dei bisogni di chi riceve.

Perchè è vero, sì, che i ricchi fanno beneficenza, ma anche la beneficenza fa ricchi.


By Angelo Stelitano


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