La Chicchetta - 135

lunedì 11 maggio 2009

Referendum elettorali cosa dicono i tre quesiti


PREMIO DI MAGGIORANZA - I primi due quesiti puntano a cancellare il meccanismo che prevede l'attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione che ottiene più voti, per assegnarlo invece alla singola lista più votata. Sono contrassegnati da moduli di colore verde e di colore bianco, il primo relativo all'elezione della Camera, il secondo a quella del Senato. L'obiettivo dei promotori è evitare la formazione di coalizioni a scopo elettorale, per poi dividersi in singoli gruppi autonomi, pochi giorni dopo la proclamazione dei risultati, con l'insediamento del Parlamento. Un processo, questo, che favorisce la frammentazione,visto che le liste più piccole (che non raggiungerebbero da sole il quorum minimo del 4% alla Camera e dell'8% al Senato) possono avere interesse a mantenere la propria identità e con essa la libertà di movimento una volta insediatesi le Camere, poichè possono contare sull'attribuzione di seggi grazie alla ripartizione per coalizione.
CANDIDATURE MULTIPLE - Il terzo quesito punta a cancellare le candidature multiple. Oggi, con l'attuale legge, un candidato deputato o senatore (spesso un big di partito) può essere presentato in diverse circoscrizioni elettorali e risultare eletto in più di una. A elezioni avvenute deve scegliere a quale circoscrizione legare il proprio seggio, lasciando liberi gli altri per i primi dei non eletti. Tutto questo fa si che nelle mani del candidato plurieletto ci sia il destino di quanti sono rimasti fuori, visto che optando infatti per il seggio dell'una o dell'altra circoscrizione, si può decidere chi tra gli altri candidati della propria lista rimasti esclusi entra in Parlamento. Questo introduce una sorta di dipendenza di quanti si ritrovano parlamentari «per grazia ricevuta». Nell’attuale legislatura pare che questo fenomeno, sia di dimensioni patologiche, coinvolgendo circa 1/3 dei parlamentari, ovvero che sono scelti dopo le elezioni da chi già è stato eletto. Un esempio considerato di cooptazione macroscopica.
CONSIDERAZIONI

Nella legge Mattarellum (precedente a quella attuale, definita Porcellum) il 25% dei seggi era eletto con il sistema proporzionale con lista bloccata e senza preferenza, come prevede la legge attuale. Mentre il restante 75% dei seggi eletto con il sistema maggioritario uninominale consentiva di scegliere, un solo candidato per tutta la coalizione. Qui spesso le segreterie dei partiti candidavano come deputati o senatori diverse personalità della società "pezzi grossi" per portarli a Roma senza rischio. Nella sostanza il Mattarellum sotto il profilo della preferenza non era molto diverso dal Porcellum. Insomma, non si sceglieva ne il candidato ne il partito. Il principale effetto dei quesiti posti in essere dal referendum sarebbe quello di dare una formidabile spinta verso il bipartitismo. Quando le richieste di referendum furono depositate nel 2007 durante il governo Prodi, il centro-destra era composto da 14 partiti e il centro-sinistra da 15. Nelle politiche del 2008 la situazione è cambiata radicalmente: i due partiti per Veltroni (Pd e Idv) contro i tre partiti pro-Berlusconi (Pdl, Lega e Mpa) , più l'Udc di Casini. In un certo senso il principale obiettivo del quesito referendario, quello di sfoltire il numero dei partiti, pare sia stato raggiunto, e che a questo punto assegnare i seggi-premio a un solo partito anziché a due o tre non cambierebbe granché. La vittoria del Sì, però, rappresenterebbe il passo decisivo verso una democrazia bipartitica. Se si fosse votato con il meccanismo referendario, nel 2008, Veltroni e Di Pietro presentando una lista unica, avrebbero conquistato loro quei 340 seggi, necessari per vincere, seppur con un vantaggio modesto sul Pdl (37,6 per cento contro 37,4). Probabilmente però di fronte a questa prospettiva anche Lombardo e Bossi, coloro che guidano e determinano le scelte politiche dei partiti MPA e Lega, avrebbero accettato una confluenza in una lista unica del centro-destra, senza di fatto modificare nulla rispetto alla composizione del Parlamento odierna. Tranne un dettaglio, non marginale: oggi in parlamento ci sarebbero tre soli partiti (centro-destra, centro-sinistra e centristi).Nulla, tuttavia, impedirebbe la formazione di liste destinate a sciogliersi subito dopo il voto, come avvenne nel 1994 con la lista del "Polo del buongoverno" e del "Polo della libertà" a destra e con quelle dei "Progressisti" a sinistra. Ma i referendari spiegano che si trasformano inesorabilmente in un unico partito, tutti quei partiti che si sono presentati agli elettori come un soggetto unico. Come dimostrano l'esperienza ultima di Forza Italia e di An confluiti nel PDL da una parte, e quella precedente di Ds e Margherita confluiti nel PD dall'altra.Un effetto secondario dei primi due quesiti sarebbe poi di rendere impossibile l'aggiramento della soglia di sbarramento prevista al 4% alla Camera e all'8% al Senato, aggiramento oggi consentito ai piccoli partiti (come l'Mpa) che entrano nelle coalizioni maggiori. Il terzo sarebbe di incidere sulla selezione della classe politica.
Nelle elezioni politiche del 2008 leader politici come Berlusconi e Fini si candidarono in tutte le 27 circoscrizioni, così Veltroni, Casini, Bossi e Di Pietro che aprirono le liste dei rispettivi partiti in molte regioni svolgendo la funzione di nomi-richiamo per poi essere rimpiazzati, in Parlamento, dai "primi dei non eletti", candidati spesso semi-sconosciuti.



By Angelo Stelitano


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