La Chicchetta - 206

martedì 3 novembre 2009

Condannati a guardare la morte snaturata


Il video dell’esecuzione nel quartiere Sanità di Napoli e le foto post mortem di Stefano Cucchi confermano che viviamo nella “civiltà delle immagini”. Ciò si porta subito dietro la domanda del perchè e del modo in cui questa polluzione totale delle immagini e, in particolare, di quelle della morte faccia parte intrinseca di questa nostra cosiddetta “civiltà”. Sembra fuor di dubbio che il tempo della modernità sia caratterizzato da un’ossessionante pulsione a vedere, a oltrepassare l’iconostasi che tradizionalmente ha posto un confine tra il profano e il sacro, tra il visibile e ciò che deve restare invisibile, non solo perchè c’è un potere che lo impone, ma perchè quella barriera fonda un sistema di valori e una visione dell’uomo. Non tutto deve essere visto e non solo per una rimozione, ma perchè è a partire da quel discrimine che si costituiscono il pudore di sè e il rispetto dell’altro. Vale a dire che l’esteriorità assoluta porta con sè una violazione reificante della dignità e dell’essere persona. Detto altrimenti: la morte può diventare la replica di qualcosa che s’iscrive nell’ordine dell’orrore e del mistero della vita fino alla banalità seriale che assimila un omicidio efferato all’azione moviolizzata di una partita di calcio o di una coppia in calore in una casa-reality? In questi anni abbiamo visto sempre di più e, ogni volta, la soglia ha continuato a spostarsi: i cadaveri dei Ceaucescu, le decollazioni degli ostaggi in Iraq, i resti vilipesi dei soldati catturati, i cadaveri smembrati dai kamikaze.. e, in parallelo, le immagini di una quotidianità risucchiata da un’occhio ubiquo, in cui entra sempre più spesso l’effrazione della normalità con le rapine al supermarket, un ponte che crolla, uno tsunami che arriva.. Vedere, vedere, vedere sempre più. Che non sia una pulsione obbligata per una condizione antropologica che ha smarrito il senso dell’invisibile e, inconsciamente o meno, s’illude di saturare quell’assenza con questa bulimia dell’immagine, dislocandone via via il bordo, alla ricerca di quella assoluta e ultima? Che in quanto tale non può essere mai raggiunta. Impressionati dalle immagini di questi giorni, alcuni si levano a ricordare che la visibilità della morte può essere giustificata solo dal diritto/dovere dell’informazione.
Giusto, ma siamo noi che, nell’appiattimento della vita sull’immagine, siamo condannati a guardare.


By Angelo Stelitano


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